martedì 24 febbraio 2015

Il film Ghorba porta il Marocco a Torino

La parola araba “Ghorba” si può tradurre come “il sentimento di estraneità in un contesto in cui si è stranieri e lontani dalla patria”. Il film documentario "Ghorba. In terra straniera" dei Todomodo, Claudio Di Mambro, Luca Mandrile e Umberto Migliaccio, è stato prodotto da ProgettoMondo Mlal e Suttvuess nel 2009, e verrà proiettato a ingresso libero mercoledì 25 febbraio alle 21 al Cecchi Point – Hub Multiculturale in Via Antonio Cecchi, 17 a Torino.
Il film documentario (di cui qui sotto è proposta un'esaustiva intervista extra), attraverso le storie di vita di alcuni migranti marocchini, che oggi vivono in Italia, cerca di dare forma al termine arabo, raccontando le difficoltà quotidiane che deve affrontare chi decide di lasciare il proprio paese: la lontananza dagli affetti, la mancanza di una rete sociale, i problemi con i documenti, il lavoro spesso irregolare, situazioni abitative precarie e infine la formulazione di prospettive per il futuro. Il film sarà introdotto da Luca Mandrile, dai rappresentanti dell'ong Progettomondo Mlal che ha sostenuto il progetto e da Stefano Grossi di Videocommunity; sono stati invitati a partecipare alcuni protagonisti del film che ora vivono a Torino.
Dopo il successo dell'appuntamento organizzato lo scorso 11 dicembre, la rete delle realtà culturali composta dall'Associazione Museo Nazionale del Cinema, Associazione Riccardo Braghin, Videocommunity, Artemuda, Il Piccolo Cinema, INARA e Amnesty International organizza così un secondo appuntamento cinematografico dedicato alla cultura e alla comunità marocchina di Torino.



La proiezone seguirà all'apericena marocchina organizzata alle 19.30 al CecchiMangia. Il ricavato dell'appuntamento culinario (a offerta libera a partire da 10 euro) andrà a sostenere il progetto Io e mio fratello di Abdelmjid El Farji, che per l'occasione lancerà la campagna di crowdfunding internazionale del film che parte da esperienze direttamente vissute dall'autore; un lungometraggio autobiografico che racconta e denuncia un atto di razzismo subito da uno studente immigrato insieme a suo fratello e la sua decisione di protestare usando l'arte come arma. Per sostenere il progetto, potete donare a Banca Intesa San Paolo, Iban: IT81Q0306967684510323343247 intestato a Abdelmjid El Farji. Casuale: Io e mio fratello. Tel: 3272325175, mail: abdelfargi@yahoo.fr.
A fine serata, la produzione del film di Io e mio fratello omaggerà con una sorpresa il pubblico presente in sala. Nel corso della serata sarà presente Amnesty International con la raccolta firme “SOS Europe. Le persone, poi le frontiere’’ in difesa dei diritti umani di profughi e migranti.

Per maggiori informazioni: Associazione del Museo del Cinema 3475646645, cinema@cecchipoint.it; Il Piccolo cinema 3493191552, info.ilpiccolocinema@gmail.com; ArTeMuda 3357669611, artemuda@yahoo.it; Amnesty 3343335134, c.gottardi@amnesty.it

giovedì 12 febbraio 2015

Il cerchio delle donne tra cibo e riflessioni

Preparando insieme il salame di cioccolato si è concluso, per noi del Servizio Civile, il ciclo di incontri mensili con le mamme dei ragazzi della scuola media Monte Cristo di Chimaltenango. Dalle chiacchierate individuali con alcune mamme, era emerso fin dall’inizio un generale bisogno di condividere con altre signore la propria esperienza. Da quest’osservazione era nato lo scorso maggio il “cerchio delle donne”: un incontro al mese rivolto soltanto alle madri dei ragazzi, in cui potersi conoscere e confrontare sulle proprie difficoltà e sulle proprie gioie, come madri e come donne.
La struttura degli incontri è nata insieme alle signore stesse: nel primo avevamo chiesto a loro aspettative, necessità e desideri riguardo al tempo che avremmo passato insieme, e da loro è nata l’idea di utilizzare la cucina come mezzo di espressione e di condivisione.
Abbiamo iniziato noi con la pizza, e poi a turno le signore hanno portato nuove ricette: si è cucinato sempre insieme e, dopo aver preparato la ricetta, il tempo di cottura è stato dedicato a una riflessione di gruppo. Poi si mangiava tutte insieme, con un buon caffè. L’incaricata della riflessione era la stessa signora che avrebbe portato la ricetta.
Da quella prima riunione di maggio il gruppo è cambiato molto: all’inizio tutte molto timide e silenziose, si sono pian piano aperte, fino a instaurare amicizie che coltivano anche al di fuori del centro educativo. L’obiettivo che ci eravamo prefissate è quindi stato raggiunto: le donne si incontrano per confrontarsi, in uno spazio totalmente loro in cui portare se stesse.
Cucinando, sporcandosi le mani, “facendo” è molto più facile conoscersi: si ride, si impara l’una dall’altra, e imparando si cresce, senza nemmeno rendersene conto. Questo è quello che è successo a me durante gli incontri: stare con queste mamme, avviare con loro il “cerchio delle donne” è stata una delle esperienze più belle di questo Servizio Civile.
Noi ora torniamo in Italia, ma il gruppo continuerà a incontrarsi. Non abbiamo fatto nulla se non dare uno spazio ed esplicitare un bisogno (condividere, non rimanere più sole), ma poi tutto è stato creato dalle signore. Questo mi ha insegnato tanto, come educatrice e come donna: le persone hanno risorse incredibili, se si danno loro ascolto e spazio per esprimerle.

Elisabetta Caglioni
Servizio civile Guatemala
Progetto Edad de Oro Monte Cristo

martedì 10 febbraio 2015

NEW WAVES. Il Festival del Cinema Africano tutto l'anno

Secondo appuntamento del Festival Tutto l’Anno. Anche per febbraio, la terza domenica del mese, al Cinema Teatro Santa Teresa, le luci di sala si spengono su un corto e un lungometraggio della 34esima edizione del Festival di Cinema Africano di Verona, ancora inediti per il pubblico veronese. Domenica 15 febbraio alle 21 al Cinema Teatro Santa Teresa sarà la volta di NI SISI (prima visione nazionale) e ZAKARIA.

Ni Sisi
, nato come progetto teatrale della compagnia S.A.F.E. GHETTO, in risposta alle violenze post elezioni del 2008, è stato replicato per due anni nelle baraccopoli di Nairobi, sugli altopiani del Kenya e in tutta la provincia. In seguito, in concomitanza con le elezioni del 2013, è diventato, grazie al regista Nick Reding, un lungometraggio.
Il film racconta il passaggio da una società multietnica e integrata a una realtà pre-elezioni, caratterizzata da un'atmosfera di tensioni razziali fomentate dalle campagne elettorali dei politici, che hanno fatto della diffidenza e della paura il loro manifesto elettorale.
A precedere Ni Sisi, sarà il cortometraggio Zakaria di Leyla Bouzid. Il corto, che ha ricevuto la menzione speciale da parte della Giuria ufficiale per la sezione SHORT AFRICA, racconta la storia di un uomo di origini algerine, Zakaria appunto, che conduce un'esistenza tranquilla, con la moglie e i suoi due figli, in un paesino nel Sud della Francia.
Alla notizia della morte del padre Zakaria decide di tornare in visita in Algeria portando con sé tutta la famiglia. Questa scelta però provocherà uno scontro con la figlia Sarah. Il cortometraggio di Bouzid mette a confronto due generazioni su un tema quanto mai attuale: le questioni dell'identità e della migrazione.

I REGISTI:

Nick Reding è un attore e regista inglese con una lunga esperienza di televisione, cinema e teatro. Nel 2002 fonda la compagnia teatrale S.A.F.E. GHETTO (Sponsored Arts For Education) in Kenya, progetto che utilizza il teatro di strada per educare, ispirare e far nascere un cambiamento sociale nelle comunità su temi di vitale importanza come, ad esempio, l'Hiv e il razzismo. Oltre ai corti Kandanda e Huruma ha diretto il pluripremiato lungometraggio Ndoto Za Elibidi. Nonostante la Compagnia teatrale assorba la maggior parte del suo tempo, Nick ha recitato in diversi film, tra i quali: The Constant Gardener, Soul Boy, Silent Witness, Blood Diamond, The First Grader e Strike Back. Attualmente vive e lavora in Kenya.

Leyla Bouzid nasce a Tunisi nel 1984, dove diventa attivista dell’Associazione dei giovani registi tunisini. A 18 anni, dopo il diploma, si trasferisce a Parigi per studiare letteratura francese presso l’università Paris-Sorbonne. Dopo aver frequentato il corso di regia alla Fémis, inizia la sua carriera nel cinema come assistente alla regia per diversi film e nel 2006 co-dirige il suo primo cortometraggio, Sbeh el Khir. Il suo vero esordio dietro la macchina da presa risale al 2010 con il cortometraggio Un ange passe. Nel 2012 con il film Soubresauts vince il Gran Premio della Giuria al Festival Premiers Plans. Zakaria è il primo cortometraggio che realizza anche come produttrice.

A questo appuntamento del FESTIVAL TUTTO L’ANNO seguiranno altre tre date, il:

15 MARZO con Keys, Money, Phone e Dakar trottoirs
19 APRILE con Shadow Tree e Rock the Casbah
17 MAGGIO con Mboté! e Printemps tunisien

venerdì 6 febbraio 2015

I nomi della giustizia per don Giulio Giradello

“Scartabellando fra le carte che ci ha lasciato in eredità don Giulio, ho trovato un poco la sua anima e il suo cuore, e mi sono lasciata investire dal suo messaggio. Naturalmente un messaggio che viene dal Brasile, dall’America Latina, rivolto in primis ai volontari, ma anche a tutti noi che siamo qui in Italia”.
Emilia Ceolan, ex dirigente e volontaria storica di ProgettoMondo Mlal, in occasione del
Trigesimo di don Giulio Girardello
che si è svolto il 30 gennaio nella parrocchia di San Nicolò a Verona, pensa a quali siano stati i nomi della giustizia per il sacerdote che ha profondamente segnato una stagione nella missionarietà della chiesa di Verona.
Scrive Emilia: “Ho pensato ai nomi della giustizia per Don Giulio. Si possono suddividere in cinque punti per fare chiarezza, ma in fondo si tratta di un unico concetto.
Il primo nome è quello di Dio. La giustizia per don Giulio va oltre il concetto giuridico di giustizia, è la giustizia che viene dalla sua fede. Vuol dire verità e amore misericordioso, significa rettitudine morale, conformità alla volontà di Dio, ricerca dell’amicizia di Dio, ricerca del Volto. Ma passa attraverso gli incontri, le relazioni, la consapevolezza della realtà delle disuguaglianze, della violenza delle strutture. Pensiamo alla grande amicizia di don Giulio con Enzo Melegari, uomo di fede e obiettore di coscienza, il cui messaggio cristiano della giustizia s’incarna come messaggio di non violenza e amore, che impegna anche nei confronti dei nemici.
Altro nome della giustizia sono i poveri. Voglio dirlo con le parole di Papa Francesco, ma che sono sempre state parole di Don Giulio: “l’imperativo morale di assicurare la giustizia e il rispetto della dignità umana”, “il dovere di ascoltare la voce dei poveri e di spezzare le catene dell’ingiustizia e dell’oppressione”, ma tutto questo richiede “una conversione della mente e del cuore”. Don Giulio ci ha sempre sostenuti, noi volontari, nelle nostre scelte, anche quando erano arrischiate, esageratamente radicali forse, magari però ci mandava una lettera personale richiamandoci sul cammino dei “giusti” (in senso biblico) o, se era presente, lanciava qualche urlo e guadagnavamo nomi di sua fantasia.
Ma la giustizia di don Giulio si chiamava anche riconciliazione, sempre a favore della persona umana, dei più deboli, anche di quelli che sbagliavano, c’era sempre uno spazio per la misericordia, per l’accoglienza e questo spazio arrivava prima del giudizio. Magari ci scherzava su con una battuta, con una osservazione spiritosa. Lui vulnerabile riconosceva la vulnerabilità degli altri, la sua tanto intensa e piena di senso anche in quest’ultimo anno.
Le sue carte mi hanno rimandato anche un’altra sfaccettatura della giustizia, che è il servizio. La sua preoccupazione era sempre il bene del “Movimento”, come lui lo chiamava, ma anche delle singole persone, di ciascuno di noi. È venuta a galla una vita spesa sempre al servizio.
Infine non dobbiamo dimenticare l’ottimismo e la speranza, la certezza di un “altro mondo possibile” e lo dico con un verso di una sua poesia: “perché venti di riscatto spirano sempre e gonfiano vele di coscienze giovani e di popoli nuovi, svegli, per esodi di liberà e giustizia”.

mercoledì 4 febbraio 2015

Metti che ti saltino luce, rete e acqua...

Dall’11 gennaio siamo senza luce, acqua, e internet ovviamente. La batteria del cellulare è morta 2 giorni dopo e anche la rete va e viene. Per ora, sono riuscita a controllare la posta solo una volta (questa in cui scrivo è la seconda) perché ho un'amica nell'ufficio di Unhcr e lì hanno il generatore.
Inondazioni al centro del Paese hanno infatti colpito 4 province del Nord, tra cui quella di Nampula, e da allora siamo "isolati". Alcune voci dicono che la luce tornerà la prossima settimana. Vedremo, dai!
Forse mi chiederete come un mese senza tecnologie né servizi possa influire sulla vita quotidiana. In realtà, per gli abitanti della città di Nampula, continua tutto come se niente fosse, perché la maggior parte non ha comunque mai avuto luce e acqua corrente in casa e fuori città, in campagna, men che meno… quindi non è un problema!
Siamo solo noi bianchi (operatori della cooperazione internazionale), indiani e arabi (che hanno imprese e negozi) che abbiamo bisogno di luce per fare funzionare aziende, negozi, utilizzare internet e lavorare al computer.
E se nei 2 supermercati della città i prodotti scarseggiano da giorni, per la maggior parte delle persone nemmeno questo rappresenta un problema, semplicemente perché non acquistano mai al supermercato. L'unica cosa che incide su tutti sono i prezzi al mercato che, con la scusa che non arrivano nuove scorte dal sud, sono tutti aumentati.
Ma per me, personalmente, la situazione non è affatto pesante, anzi! Mi rendo conto che in questo modo dormo di più, perché vado a letto prima, chiacchiero più a lungo con i miei coinquilini, perché altrimenti nessuno saprebbe cosa fare al buio nella propria stanza. Per giorni e giorni non uso il cellulare né posso ricevere o spedire email.
In sintesi: dormo di più, curo le relazioni umane, sono meno reperibile ma più calma... direi che sono anche contenta!!!

Cristina Danna
Casco Bianco a Nampula
ProgettoMondo Mlal