venerdì 27 novembre 2015

Burkina Faso, la voglia di cambiare

Ultimo fine settimana prima del giorno della verità in Burkina Faso. Il 29 novembre si elegge il nuovo Presidente della Repubblica e il fallito colpo di stato dello scorso 17 settembre sembra avere motivato ancora di più i cittadini nella costruzione del destino del loro Paese.
Girando in queste ore per le strade della cittadina di Dano, mi impressiona la quantità infinita di manifesti elettorali appesi negli uffici, nei bar e persino agli alberi di mango. Anche le più semplici e piccole abitazioni con il tetto in paglia hanno appesi almeno una foto dei candidati o un manifesto elettorale. Curiosa di sapere se si tratti di senso civico vero o presunto, mi dirigo verso il grand marché, alla ricerca di testimonianze da raccogliere.
Entrando nel mercato, il mio sguardo viene subito catturato da una vecchia macchina da cucire all'interno di una bottega su cui è incollata una foto sbiadita di Thomas Sankara, il rivoluzionario che tutti definiscono il “Che Guevara burkinabè”, ucciso da odiosi complotti orditi dall'ex dittatore Blaise Compaoré.
Così mi siedo a bere un tè con il proprietario della sartoria che, senza perdere di vista la precisione del suo cucito, mi ammonisce: “Dopo il colpo di stato del 17 settembre abbiamo capito tutto. E oggi non ci bastono più le parole, vogliamo fatti concreti”.
Ciò nonostante il sarto non sa dirmi chi secondo lui vincerà la sfida. Ma suo figlio è invece molto preparato: Nasef ha appena 12 anni ma mi illustra tutte le posizioni dei vari candidati. Mi dice che sebbene non possa votare, ha una sua idea ben precisa e che non è per niente d'accordo sul candidato che voterà suo padre!
Nasef frequenta il colège e gli piace molto studiare. A bassa voce, senza farsi sentire da suo papà, mi dice che il suo dovere è essere un bravo studente perché, in Burkina Faso, gli studenti bravi vengono mandati a studiare all'estero, e quando tornano sono capitale umano per il Paese. Il sogno di Nasef sono gli Stati Uniti, “il paese migliore al mondo”, dice.
Tornando verso casa noto che la mia giovane vicina ha indosso la maglietta del Balai Citoyen, un movimento politico fondato dal musicista reggae Sams’K Le Jah e dal rapper-attore Serge Bambara nel 2013. Si tratta di un movimento di ispirazione sankarista, e deve il suo nome alla volontà dei suoi fondatori di spazzare via dal Paese la corruzione politica (ispirandosi anche al monito di Sankara di munirsi delle proprie scope come metafora della presa a carico del destino del bene pubblico).
Parlando con la ragazza scopro che in realtà sa poco della storia del Balai Citoyen ma ugualmente nella sua cucina giganteggia un manifesto elettorale di questo movimento. Le chiedo quindi cosa pensa delle elezioni delle prossima domenica e, senza lasciarsi ingannare dalla mia curiosità, mi dice che ciò che si aspetta la popolazione è “un presidente per vivere in pace. Una persona seria –mi spiega- che prenda il potere e che sappia dirigere al meglio il Paese”.
Si fa sera, e davanti a una brakina, la birra burkinabè, un collega mi confessa che non ha più tanta voglia di parlare di politica perché ha sentito troppe promesse e troppe parole gridate al vento. Mi dice però che è sicuro che questa volta qualcosa cambierà veramente perché, “se non cambierà”, “saranno gli stessi cittadini a cacciare ancora una volta il presidente!”. Mi racconta che il Burkina non farà mail la guerra perché sul Paese regna l'anima di Sankara che si è fatto uccidere per il suo popolo e che sempre veglierà sulla sua terra, cacciando i potenti e i malvagi corrotti.
Nei pressi del municipio di Dano stasera c'è un concerto gratuito di supporto a uno dei candidati. Rimango stupita dalla moltitudine di persone che è accorsa per manifestare il sostegno al proprio candidato. Ci sono bambini scalzi, donne incinte, padri di famiglia. I musicisti, prima di esibirsi, spendono qualche parola sull’appuntamento elettorale e la popolazione sembra davvero interessata a capire, informarsi, rendersi partecipe di un cambiamento. Tutti sono qui a reclamare una dignità che troppe volte è mancata al popolo del Burkina.
L'aria profuma davvero di cambiamento vero, che nasce dal basso, dalla polvere.

Elisa Chiara
Casco Bianco Burkina Faso
ProgettoMondo Mlal

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