giovedì 5 giugno 2014

Grandi ingiustizie, piccole soluzioni

Una parte della mia esperienza mozambicana va crescendo anche attraverso l’ascolto delle storie che le persone più vulnerabili, afflitte quindi da problemi di diversa natura, vengono a raccontare nell’ufficio dell’IPAJ (Istituto di Assistenza e Patrocinio Giuridico) dove, come operatrice di ProgettoMondo Mlal in servizio civile, lavoro ogni mattina.
La maggior parte di loro è in cerca di assistenza o di consulenza giuridica e portano dei vissuti che hanno a che fare con casi di violazione dei diritti umani, sia lievi che gravi. Gli operatori che ci lavorano hanno appunto il compito di trovare possibili soluzioni.
Soluzioni? Forse è dire troppo, visto che nella maggioranza dei casi ormai il danno e la violazione sono stati perpetrati e ciò che rimane loro è la possibilità di essere ascoltati e, da parte nostra, il desiderio di provare a fare capire che loro sono cittadini, con il diritto di avere un’assistenza giuridica.
Uno dei primi ostacoli che riscontriamo come operatori del Centro è riuscire a individuare l’oggettività dei fatti. Ognuno viene infatti con una sua versione, e quindi la difficoltà diventa ricostruire cosa c’è a monte per capire chi effettivamente ha subito il danno e chi necessita di giustizia.
Ogni giorno ascolto storie di ingiustizie di diversa matrice: sociale, familiare, lavorativa o civile, che la società cerca di occultare. I casi di queste persone che arrivano negli uffici di assistenza giuridica della città, come anche dei comuni della Provincia di Nampula, vanno dalla violenza domestica subita principalmente dai bambini e dalle donne, alle separazioni matrimoniali; dai licenziamenti senza ragioni fondate, alla divisione dei beni post separazione; dall’alimentazione mensile per i figli, alle cause per la difesa dei carcerati; dai casi di diffamazione e discriminazione verso chi è affetto da HIV, ai litigi con i vicini di casa...
Ascoltandoli, è anche facile imbattersi in una serie di problemi correlati: contraddizioni, mancanza di comunicazione, incoerenza tra teoria e pratica, burocrazia, “pregiudizi”, “semplificazioni”, e mi fanno pensare a quanto sono al contrario fredde le leggi e quanto bisogno ci sarebbe di una maggiore formazione interdisciplinare (psicologia, giurisprudenza, linguistica)!
L’evitare di sentire emozioni, il ricorso a tattiche obiettive e veloci sembrerebbe la via più facile per riuscire a lavorare senza farsi coinvolgere “emotivamente” nel caso, ma così si rischia di allontanarsi da chi ci chiede aiuto, il quale sente di non essere seriamente preso in considerazione. Dunque, la complessità è come sempre trovare una via di mezzo soddisfacente.
In Mozambico ci sono vari livelli di accesso alla giustizia: le autorità del quartiere (segretario o líder comunitario) con il loro Tribunale Comunitario costituiscono il primo livello. Nel caso questi non riescano a risolvere il conflitto, lo trasmettono ai centri di assistenza giuridica. In Mozambico –come anche in Italia– si cerca di risolvere la situazione attraverso un accordo “amichevole” con la parte interessata. In caso non si raggiunga, si arriva in Tribunale. Gli operatori in quest’ultimo caso accompagnano la persona implicata nel percorso del processo giudiziale: dalle udienze fino al giorno in cui verrà emessa la sentenza.
Grazie alla mia esperienza di servizio civile, in queste settimane ho assistito ad alcune udienze e sentenze, e da principiante non posso non notare che i tempi di un processo sono complicati e richiedono tempi terribilmente lunghi.
Tanti casi iniziano da un piccolo diverbio tra persone, ma poi per l’incapacità di parlarsi e di risolverlo tra loro, arrivano al nostro ufficio quando l’incomprensione ha già assunto dimensioni difficili da affrontare.
Tutto ciò mi fa venire in mente una vecchia storia. Un uomo racconta a una donna che anche l’albero più grande e forte può cadere. “L’albero cade e come?” Chiede la donna sbalordita. L’uomo dice che l’albero cade a causa delle formiche perché, sebbene esseri insignificanti, riescono comunque a corrodere poco a poco, da dentro, anche l’imponenza, la maestosità e la grandiosità di un albero.
La donna continua a non capire, allora l’uomo le spiega: “Bisogna stare attenti alle piccole cose, perché se non si dà loro la giusta importanza, col passare del tempo sono capaci di distruggere le relazioni, i matrimoni, le imprese, i business e anche le famiglie più grandi che apparentemente sono sicure, forti e potenti”.

Cristina Danna
Casco Bianco Nampula
ProgettoMondo Mlal Mozambico

Nessun commento:

Posta un commento