venerdì 6 settembre 2013

Il Guatemala sconosciuto ai turisti

Ciò che mi ha stupito di più in questo viaggio in Guatemala è la capacità, di chi è più ricco, di nascondere ai visitatori 'inconsapevoli' la propria povertà, di celare il contrasto tra due facce della stessa medaglia. Visitando solo le località turistiche si conosce infatti, un Guatemala molto diverso da quello prevalente: basta però fare 100 metri per vedere attorno a sé bambini denutriti che rincorrono qualcuno che possa donargli tre quezales in cambio di qualche cianfrusaglia; ragazzine che a 14 anni lavorano nei campi per mantenere marito e figli; genitori che insegnano ai figli a non avere sogni, perché tanto il futuro non prevede margini di miglioramento; contadini che, inginocchiati per terra, quasi imboccano d'erba i cavalli in fin di vita, allevati nella speranza che potessero contribuire all'economia famigliare ma che, denutriti come ogni altro membro della famiglia, risultano un ulteriore peso.
Per un turista che visita paradisi terrestri come il lago di Atitlan o il sito Maya di Tikal, è facilissimo ignorare le donne che ancora credono che lo strabismo sia segno di bellezza e quindi mettono due pallini colorati sul naso delle neonate affinché esse diventino strabiche e belle e così possano un domani trovare un marito, e poi le lasciano dormire tra quattro pareti di lamiera con le galline che mangeranno a cena in un giorno di festa.
È facile non entrare mai in contatto con bimbi che a 12 anni hanno ucciso un uomo per conto di qualcuno che ha regalato loro una pistola, come fosse un giocattolo. Bambini che fin da piccoli devono fare i conti con i gringos (stranieri dalla pelle bianca) cattivi, persone che li rapiscono e li portano via, persone da temere e odiare.
Ma queste persone si perderanno così anche l’incontro con i bambini che ti saltano in braccio, ti regalano fiori e frutti, ti assalgono gioiosi per farsi fare una foto o farsi regalare una caramella. Questi si perderanno le madri che per fare una semplice foto di famiglia con degli sconosciuti, fanno vestire a festa tutti gli undici figli.
Sebbene sia vero che in Guatemala ci sono appena 12 famiglie che hanno in mano quasi la totalità della ricchezza del Paese, e che al potere ci sia un dittatore che fa i comodi degli Usa tramite i soprusi dell'esercito, il Guatemala appartiene a queste persone, ancora giustamente legate alle proprie tradizioni, ma sempre più volte al futuro, al progresso, all'autonomia da chi li sfrutta nelle fincas; alle persone che accolgono a braccia aperte chi è disposto ad aiutare chi ha bisogno e a migliorare ciò che necessita di un cambiamento, senza giudicare, senza pretendere alcunché, soprattutto senza avviare progetti faraonici che, una volta terminati, fanno ritornare la comunità al punto di partenza.
Con i suoi generosi abitanti e i suoi magici paesaggi il Guatemala mi ha stregata.

Paola D’Ursi

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