lunedì 2 settembre 2013

Dall'Italia alle Ande, e ritorno

Dal profondo dell’Amazzonia alle vette innevate delle Ande, dalle bellezze incontaminate del Parco nazionale di Amborò al traffico caotico di mezzi, persone e merci di La Paz, dai riti tradizionali animisti delle comunità Alcaya alla pubblicità dell’Inkacola, dalle artigiane del telaio ai giovani detenuti di Qalauma, dai rituali propiziatori alle barricate di protesta, dalle piantagioni di coca alle miniere d’argento, dalle baracche della favelas ai centri commerciali della globalizzazione: 17 giorni di viaggio attraverso la Bolivia alla scoperta dell’altrove. Questa, infatti, secondo l’insegnante di storia e filosofia, il professor Romeo Ferrari del Liceo Maffei di Verona, la lezione ideale per dare concretezza al tema della mondialità e la migliore occasione per avvicinare i ragazzi a un tipo di relazione culturale, sociale economica che non sia già mediata da mass media o snaturata dal sistema capitalistico. Non è il primo viaggio di questo tipo né sarà l’ultimo. Ma senz’altro, il 10 agosto scorso, il gruppo di studenti veronesi, piacentini e milanesi, accompagnato dal prof Ferrari e dalla storica volontaria di ProgettoMondo Mlal, Danila Pancotti, è rientrato in Italia con un bagaglio ricco e con almeno una spanna di maturità in più.
Guidato dalla Pancotti, il gruppo di studenti ha avuto la fortuna di calarsi nella realtà sociale e culturale più autentica del Paese, dove la nostra organizzazione ha diversi progetti di sviluppo in corso.
E se tra loro c’è anche chi, da questa esperienza, pensa ora di costruirci la propria tesi di laurea, come il veronese Federico Oricchio, la maggior parte ha fatto semplicemente manbassa di ogni piccola occasione per “testare” le nozioni apprese fin qui sui libri (come ad esempio Francesco Molinarolo) o semplicemente per provarsi nell’affascinante veste di “neocittadino del mondo” (come Francesco Manfrin).
“E’ stato molto interessante osservare come la popolazione cooperi nell’ospitalità e nel lavoro agricolo. Anche gente diversissima tra loro (la Bolivia conta 22 etnie diverse!) convive apparentemente pacifica tra tradizione e modernità”, spiega Molinarolo che non nasconde il piacere dell’avere assistito alla riproposizione dei riti propiziatori mescolati con i più banali simboli del capitalismo (come i modellini di automobili o case gettati nel falò animista). “Una sincretismo – dice ancora lo studente- che ritrovi anche nella gestione politica, tra l’insofferenza anti Usa e la riproposizione invece di un certo mito globalizzato”.
Francesco Manfrin si è invece interessato molto al tema della giustizia “restaurativa” che, grazie a un Progetto attivo di ProgettoMondo Mlal a La Paz, ha toccato con mano durante la visita al Centro minorile di Qalauma, dove – come ha riassunto lui stesso- per la prima volta nella storia del Paese i detenuti minorenni possono vivere un periodo di formazione accanto a quello della rieducazione. Li abbiamo conosciuti uno a uno e non ho pensato per un attimo che fossero dei criminali o a quale sia stata la loro colpa… Erano solo dei nostri coetanei con grande voglia di fare, imparare e conoscere! Ed è stato bello sapere che a differenza di quanto accade in altri Paesi, non sono lì a marcire. Anzi. Quando usciranno avranno davvero uno strumento in più per reinserirsi nella società”.
Il viaggio in Bolivia è stato poi occasione per sfatare vecchi miti e pregiudizi: “Oggi ho una nuova visione del concetto di “povertà” – spiega ad esempio Federico Oricchio-. Conoscendo i dati e le statistiche dello sviluppo della Bolivia, ti aspetteresti di incontrare ovunque gente morta di fame. Ma ho scoperto che la povertà non è semplicemente non avere denaro in più. I parametri e i bisogni sono altri e di diversa natura. Avere un campo da coltivare ti rende infatti più ricco di un salario in denaro con cui non puoi comunque sfamare 8 figli! Ho visto famiglie che anche noi definiremmo “povere”, vivere felici e in salute”.
Commenta la veronese Marta Ruffo: “L’esperienza in Bolivia durata tre settimane che ProgettoMondo Mlal ha reso per noi possibile, ha fatto emergere da un lato la lontananza culturale tra noi, gruppo di giovani viaggiatori italiani e gli abitanti del territorio visitato, dall’altro la vicinanza umana tra persone culturalmente così distanti. Aspetto peculiare del turismo comunitario che manca totalmente nel turismo di massa è il rapporto vivo e diretto tra chi ospita e chi è ospitato. Questo rapporto che abbiamo vissuto in prima persona in tutte le comunità visitate è fondamentale per toccare realmente una certa cultura che si conosce davvero soprattutto attraverso il contatto tra persone, le quali ne rappresentano le portatrici viventi”.
Complessivamente il viaggio e la vita di gruppo ha funzionato bene. La fatica, la semplicità delle sistemazioni, i tempi lunghi e i mezzi scomodi degli spostamenti sono stati in fondo – come si dice- buona palestra di vita. Per alcuni di loro si trattava del primo viaggio extra famiglia, la prima esperienza un po’ ruvida, il primo esperimento con qualche privazione (acqua a parsimonia, bagagli e oggetti personali ridotti al minimo, promiscuità e casualità nella gestione del quotidiano).
Per altri, come la piacentina Elena Zagononi, si tratta invece di una seconda esperienza con ProgettoMondo Mlal, dopo un viaggio nel 2009 in Brasile. “Da un punto di vista prettamente turistico, la Bolivia possiede spettacoli della natura unici”, dice. “La peculiarità del nostro viaggio è rappresentata dal soggiorno presso le varie comunità contadine e indigene che hanno partecipato al progetto “Bienvenidos!”, mirato a favorire lo sviluppo del tessuto sociale ed economico del luogo attraverso proposte di turismo solidale comunitario. Abbiamo tutti potuto apprezzare l’ottimo lavoro effettuato da ProgettoMondo Mlal, in collaborazione con il partner nazionale Red Tusoco: la calorosa accoglienza che queste comunità ci hanno riservato, nell’area subtropicale come lungo la cordillera andina, ci ha completamente conquistati. Grazie ad un confronto reciproco tra culture differenti, abbiamo cercato di essere davvero turisti “responsabili”, arricchendoci dell’esperienza del popolo boliviano, abitante un territorio aspro e difficile, ma generoso e coinvolgente come l’allegria dei suoi i colori”.
Insomma, decisamente tutti i giovani viaggiatori sono rientrati più grandi e forti. Hanno riempito quaderni di appunti, registrato testimonianze, fotografato, filmato, e riportato a casa piccoli pezzetti di Bolivia. Su tutti, la mitica foglia di coca, naturalmente, l'âge oblige!

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