venerdì 6 settembre 2013

Attenzione a non pensarli soltanto "poveri"

Scendendo verso sud, lungo la spina dorsale del continente americano, si incontra un Paese considerato come uno dei più poveri al mondo. Eppure la parola povertà è una parola duttile, piena di sfumature, controversa. Spesso le enormi difficoltà economiche con cui le persone convivono quotidianamente non corrispondono necessariamente a una povertà culturale e spirituale. A differenza dei Pasei cosiddetti sviluppati, dove la globalizzazione ha appiattito la cultura e reso sterili le radici delle popolazioni, omologando di fatto le società e le persone a un unico modello, il Guatemala possiede una ricchezza immensa che difficilmente si può cogliere leggendo solamente dati e statistiche.
Ed è forse ugualmente difficile coglierla in sole due settimane di soggiorno, ma ciò che mi è stato trasmesso in questi pochi giorni di lavoro e di gioco è stato immenso. Stare insieme ai ragazzi, condividerne le emozioni più semplici, come la timidezza o l’euforia, comunicare con qualche parola di spagnolo e più spesso a gesti, aiutare in cucina o lavorare in falegnameria, dare da mangiare agli animali della Granja, e vedere come la povertà, quella semplicità che non ha a che vedere con la miseria, possa corrispondere a un’umiltà, a una ricchezza e gentilezza d’animo, che non sono affatto comuni. Tanto meno dalle nostre parti.
Certo non succede ovunque e non a tutti, e sarei un irrimediabile romantico se affermassi il contrario.
Però no. Il Guatemala non è un paese povero e basta. Non è spiritualmente più povero del nostro, dove il materialismo ha preso il sopravvento e l’uomo è diventato un mero “consumatore”, un ingranaggio del sistema economico, il meno importante. Privo di valori, apatico, spesso aggressivo, egocentrico, e al tempo stesso continuamente insoddisfatto della propria vita.
Il Guatemala non è culturalmente più povero di noi, noi che abbiamo perso le nostre radici e con esse il nostro senso dello stare nel mondo, noi che abbiamo lasciato che la società di massa ci fagocitasse distruggendo le piccole comunità di persone per far posto all’individualismo, lasciandoci senza identità, soli nella città, persi nelle masse alla vana ricerca di uno status symbol che ci distingua.
La realtà possiede mille facce, dipende da quale si sceglie di guardare. Io ho deciso di cercare la realtà nelle persone: in Guatemala come qui in Italia.

Ludovico Dallavecchia

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