mercoledì 28 agosto 2013

Un giorno nero per la Bolivia

A differenza degli altri 33 corpi carbonizzati, quello di Leonardito era l’unico riconoscibile. Leonardito,  tra le vittime dell’inferno scoppiato nel carcere di Palmasola nella città boliviana di Santa Cruz, è un bambino di appena un anno e mezzo.
Venerdì 23 agosto, alcuni prigionieri della sezione riservata ai condannati considerati ad alta pericolosità (responsabili cioè di omicidi efferati e violenze sessuali) hanno tagliato la rete di ferro che li separava dai detenuti in attesa di giudizio e scatenato un regolamento di conti terminato con 34 vittime e numerosi feriti. La versione ufficiale sostiene che all’origine del massacro ci sia la brutale rivendicazione di molteplici interessi imperanti all’interno del carcere, quali il controllo del traffico di droga e alcool, del pagamento dell’assicurazione sulla vita prevista per i detenuti, la compravendita degli appartamenti, la riscossione del pagamento degli affitti, la guida delle reti di criminalitá esterne. Detto questo, nessuno saprà mai le vere ragioni che hanno scatenato l’inferno.
Il Centro penitenziario Palmasola ospita piú di 5.000 persone fra detenuti, familiari in visita e bambini, e costituisce il vero centro operativo della criminalitá della regione. Se ti rubano l’auto, è probabile che, il giorno dopo, la chiamata per la riscossione di una somma pattuita ti arrivi direttamente dal carcere.
Leonardito era uno dei numerosi bambini che in Bolivia vivono in carcere insieme ai genitori: stava con il papà, morto con lui nel terribile inferno. Si stima che il 10% della popolazione carceraria sia costituito infatti da bambini. E ogni mattina, lunghe file di bambini lasciano le carceri boliviane per andare all’asilo o alle scuole elementari.
Nelle carceri boliviane, bambini, adolescenti e giovani convivono con gli adulti e, anche per questo, sono vittime predestinate di maltrattamenti, violenze psicologiche, fisiche e sessuali, nonché delle condizioni subumane che caratterizzano ancora oggi il sistema carcerario boliviano.
In occasione dell’ultimo Seminario internazionale sulla giustizia penale giovanile secondo un approccio “riparativo”, organizzato dall’Ong ProgettoMondo Mlal, i relatori brasiliani, chiamati a illustrare il metodo APAC (ovvero delle carceri senza polizia), avevano definito il sistema carcerario tradizionale “un sistema carisimo para convertir gente mala en gente peor”!
Il sistema della giustizia boliviano è una bomba a orologeria. Il sovraffollamento, la corruzione, il ritardo della giustizia, la mancanza assoluta di programmi di riabilitazione, la mancata applicazione di misure alternative alla privazione di libertà e l’assenza di un sistema normativo specializzato per adolescenti costituiscono le caratteristiche fondamentali del sistema attualmente in vigore.
Ne è vittima lo stesso Centro Qalauma, realizzato due anni fa nella città di El Alto-La Paz da ProgettoMondo Mlal dopo più di una decina di anni di impegno tra mille difficoltà e grazie a diversi finanziamenti, tra cui quelli fondamentali del governo italiano e della Conferenza episcopale italiana. Anche qui, nel primo Centro nella storia del Paese specificatamente dedicato ai detenuti minori, il 95% degli adolescenti ospitati (160) è in attesa di giudizio; il 70% dei giovani si trova in carcere perché accusato di reati minori. I coetanei di altri Paesi, dove vigono sistemi di giustizia più rispettosi dei diritti umani e dell’interesse superiore dei giovani, stanno scontando misure cautelari alternative alla detenzione in carcere.
Anche in Italia, per i minorenni, la Giustizia prevede processi rapidi (6 mesi), responsabilità penale minore e si ricorre alla detenzione in carcere come ultimo rimedio. Dei 20.500 adolescenti italiani in conflitto con la legge, solo 500 sono in carcere mentre, ad altri 20mila vengono applicate misure alternative.
In questi ultimi due anni, l’esperienza di Qalauma ha notevolmente contribuito a sollecitare l’interesse dell’opinione pubblica sul tema della Giustizia Penale Minorile. Proprio nella città di Santa Cruz ProgettoMondo Mlal sta collaborando per l’apertura di un nuovo Centro per adolescenti e giovani (CenviCruz).
Il governo autonomo di Santa Cruz ha inoltre chiesto a ProgettoMondo Mlal di collaborare per l’organizzazione di un nuovo seminario internazionale sulla tematica per sensibilizzare l’opinione pubblica e le autorità competenti.
L’organismo di cooperazione allo sviluppo ProgettoMondo Mlal, che in Bolivia è impegnato sul tema della giustizia e della giustizia minorile fin dal 2002, è riuscito nell’impresa di costruire e aprire il primo istituto nella storia del Paese andino specializzato nella riabilitazione degli adolescenti e di giovani privati della libertà. Con risoluzione n.032/2012-13, l’Assemblea Legislativa Plurinazionale riunita per l’occasione proprio all’interno dell’istituto Qalauma, ha riconosciuto il Centro realizzato dalla cooperazione italiana “una pietra miliare del reinserimento e del ripristino dei diritti degli adolescenti e dei giovani in conflitto con la legge”.
Come coordinatore dei Progetti “Qalauma” e “Liber’Arte” posso confermare che lavoriamo giorno e notte per cambiare l’attitudine dei giovani e adolescenti privati di libertà, ma è necessario che siano innanzitutto la società e l’opinione pubblica a contribuire al cambiamento di paradigma, affinché non si ripetano simili tragedie!
E per ProgettoMondo Mlal i risultati di questo impegno non mancano. In soli due anni dall’apertura del Centro Qaluama sono stati registrati un abbassamento dall’80% (media nazionale) al 4% del tasso di recidiva e l’elaborazione, con conseguente applicazione, di un nuovo modello socio-educativo riconosciuto formalmente dalla Direzione Nazionale di Regime Penitenziario.
Oggi i 160 adolescenti e giovani, attualmente ospiti del Centro, sono infatti coinvolti in un percorso educativo di valorizzazione dell’essere umano che promuove il rafforzamento dei processi di responsabilizzazione e protagonismo di adolescenti e giovani, attraverso la partecipazione a diverse attività di formazione professionale e di terapia occupazionale (falegnameria, serigrafía, industria alimentare, sartoria, agronomia, artigianato). A fianco di questo ambito, è stato comunque sviluppato anche il settore di formazione umanistica e scolastica. In questo caso, sì è ottenuto il via libera da parte del governo alla creazione di un Istituto Superiore Umanistico e Tecnico a (CEA “Ana Maria Romero de Campero”) proprio all’interno del Centro Qaluama che oggi si avvale di un corpo di 12 docenti. Grazie a uno specifico nuovo progetto cofinanziato dall’Unione europea (Liber’Arte), è stato inoltre avviato uno specifico programma di cultura e arte-terapia per il quale, nell’ultimo anno, sono stati realizzati 20 laboratori artistici (teatro, fotografia e disegno grafico) e diversi eventi aperti al pubblico esterno.
Viene infine considerato forse il risultato più importante, per determinare un reale cambiamento nel sistema di Giustizia boliviano, l’avvenuto coinvolgimento delle istituzioni pubbliche, della societá civile e della comunitá in programmi di riabilitazione. In questi anni è nata infatti una piattaforma di sostegno costituita da enti locali, nazionali e internazionali (come Comune di Viacha, CDC, Croce Rossa Internazionale, ISEAT, Pastoral Penitenziaria, UNICEF, ONDUC, SENADEP, Associazione di Arte COMPA, Istituto Berlino, RC, la Associazione Tedesca per l’educazione di adulti, Fautapo, Gregoria Apaza, CECASEM, Fondazione Solon, Fondazione Simon Patiño, BID, Università Salesiana, Ministero di Educazione; Defensoria del Peublo, Ministero di Giustizia boliviano, Soboche, F. Arco Iris, e diversi mezzi di informazione).

Roberto Simoncelli,
coordinatore ProgettoMondo Mlal Centro Qalauma, El Alto, Bolivia
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