lunedì 19 agosto 2013

Buonismo, scoppia la moda 2013


Tra i fenomeni dell’estate, pare essere esplosa la moda della vacanza “buona”, ovvero quella formula di soggiorno all’estero che, tra un bagno al mare e un’escursione in montagna, è in grado di offrirti anche una mezza giornata in un orfanatrofio o la visita alla cooperativa contadina a 4.000 metri… Quel che basta a “nobilitare” il senso delle nostre ferie e a regalare facile gratificazione da portare come souvenir in Italia.
A confermare il trend “buonista”, è spuntato anche l’annunciatissimo reality di Rai 2 ambientato in un campo profughi del Congo, in cui vip di terza fila saranno chiamati a “sopravvivere” nella povertà e nel disagio allo scopo di sensibilizzare il telespettatore medio circa l’infelicità altrui, e magari provarsi a vincere la nomea del vip più “buono” dell’anno! Le polemiche non mancano ma provengono quasi esclusivamente dall’ambito della cooperazione, degli addetti ai lavori insomma, mentre il pubblico televisivo pare attendere fiducioso…
Approfittando della giovane veronese Martina Adami, rientrata da pochi giorni dal Mozambico, dove per un anno ha lavorato in un progetto di cooperazione nelle carceri di Nampula per conto di ProgettoMondo Mlal, proviamo a capire che impatto e riscontro possano avere, in contesti così complessi, queste nuove tendenze buoniste:
“Due amiche che ho conosciuto in Mozambico lavorano per l’ Unhcr e in un campo a Maratane, a 8 km da Nampula, e si occupano di nutrizione di donne e bambini. Conosco quindi abbastanza la situazione. Pur non volendo entrare nella sfera morale che appartiene a ciascuno di noi, trovo comunque di cattivo gusto irrompere artificiosamente in una situazione di sofferenza! Al di là che sia un campo profughi, una casa per donne che hanno subìto violenza o il reparto di un nostro ospedale, il rispetto per la dignità umana dovrebbe essere assoluto! Tanto più che non ci sarà contraccambio che tenga: sappiamo tutti che un reality in una situazione così “diversa” non potrà essere “realtà”, che nessuna delle parti in gioco avrà alcun desiderio di mostrarsi per quello che è. Quindi necessariamente verranno falsate dinamiche, rapporti, circostanze e iniziative. E il telespettatore stesso cosa ne ricava? La sua eventuale pietà non sarà sinonimo di “giustizia sociale”, come la natura specificatamente “politica della condizione di rifugiato non potrà essere certamente spiegata o approfondita da Albano o la Barale in diretta tv… E allora qual è il senso di tutto ciò?”.
Magari incentivare le donazioni.
“Anche in questo caso bisognerebbe pensarci bene. La carità in sé per sé non cambia il mondo. Lo so, è venuta spesso anche a me la tentazione di tirare fuori la monetina per l’uomo di strada. In Mozambico te la chiedono di continuo. Te la cavi con poco ma al ricevente non risolvi la vita, il giorno dopo starà come prima. E a quei bambini a cui distribuiamo caramelle a piene mani con così evidente soddisfazione, chi pagherà poi il dentista? Tutt’altro è invece contribuire operando alla pari con la popolazione locale, in uno scambio equilibrato, in cui si dà e si riceve. Soltanto questo ci darà, oltre che alla mera gratificazione personale, la garanzia che quello scambio frutterà anche quando avremo girato l’angolo…”.
Facile a dirsi ma cosa consiglieresti di fare ai tanti che vorrebbero rendersi utili in qualche modo?
L’ottimale sarebbe potere fare un’esperienza all’interno di un progetto strutturato in cui tu porti a casa molto e dai il tuo contributo personale a livello di impegno e competenza. Quindi privilegerei organizzazioni di media grandezza che ti garantiscono capacità qualificata nell’intervento ma anche non eccessivi sprechi di fondi per il mantenimento di megastrutture e del personale. Infine investirei soprattutto nel campo dell’istruzione! Su un’istruzione di qualità che nella maggioranza di questi posti manca del tutto e finisce con condizionare pesantemente la crescita e sviluppo del Paese. Penso al Mozambico dove fanno addirittura 9 turni di 3 ore di lezione al giorno, 40 o 50 bambini per classe… A cosa possono servire? Come arriveranno a insegnare a loro volta? Con ProgettoMondo Mlal abbiamo lavorato in 5 diverse carceri del Paese. E abbiamo puntato molto su alfabetizzazione e formazione. Perché, potere crescere in consapevolezza, esperienza e capacità personale rappresenta in definitiva la vera ricchezza di ciascun essere umano”.

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