mercoledì 31 luglio 2013

Focsiv con il ministro Kyenge, per il piano nazionale antirazzismo

FOCSIV ha partecipato al primo meeting per il Piano antirazzismo assieme ad altre 100 associazioni della società civile e con esse ha chiesto un impegno contro il razzismo istituzionale: modificare le norme discriminatorie come la Legge Bossi-Fini, applicare la cittadinanza secondo il principio dello ius solis temperato, lottare contro le vessazioni burocratiche a tutti i livelli.
Il Piano deve avere una forte trasversalità perché si occuperà di discriminazione in diversi ambiti: lavoro, scuola, casa, mass media, sport. Deve quindi essere un impegno forte di tutto il governo e di tutte le istituzioni.
“FOCSIV e i suoi organismi contribuiscono quotidianamente alla lotta contro il razzismo nei territori italiani, nelle scuole e nelle città – è quanto afferma Andrea STOCCHIERO, Policy officer FOCSIV - portano il valore aggiunto della cooperazione internazionale che è determinante per la formazione di una mentalità aperta alle culture, alle diversità, al futuro; dove il volontariato giovanile, il servizio civile nazionale, europeo e internazionale sono i protagonisti di una nuova società vitale e trasformativa, per un'inclusione sociale inter-culturale.”
La formazione di mentalità xenofobe e intolleranti viene da una lettura sbagliata delle cause dei conflitti e delle disuguaglianze, considera alcune culture e popoli non portatori di valori o degni di rispetto, e porta a rifiutare e rigettare l’intreccio-interdipendenza tra il locale e il globale, tra paesi, popoli e territori. Il diverso diventa capro espiatorio di problemi che invece derivano da ingiustizie di carattere sociale ed economico che attraversano trasversalmente tutti i paesi, come la crisi europea ed italiana sta dimostrando, al pari di quella esistente da decenni nei paesi impoveriti ed emergenti. A queste discriminazioni, occorre rispondere con una cooperazione volta a sostenere una cittadinanza piena e aperta, che sia allo stesso tempo nazionale, europea e cosmopolita, fondata sul rispetto dei diritti umani e sulla dignità dell’uomo.
“Infine – aggiunge STOCCHIERO - è ora di condannare, anche penalmente, le dichiarazioni e i comportamenti razzistici, soprattutto di chi li usa strumentalmente per un povero consenso politico.”

In allegato il Contributo FOCSIV al Piano Nazionale Antirazzismo

martedì 30 luglio 2013

La Kyenge al talgio del nastro della Summer School in Geostrategia africana

Domenica 4 agosto 2013 Verona ospiterà la Ministra per l’Integrazione Cécile Kyenge, che sarà presente in città al taglio del nastro della prima Summer School in Geostrategia africana a Villa Buri, attività di cui ProgettoMondo Mlal è partner. L’evento inugurale si svolgerà su invito alle 17.30 e sarà trasmesso in diretta streaming su www.afriradio.it.
Il master avrà luogo dal 4 al 10 agosto, con la presenza del massimo esperto in materia di geo politica e sviluppo d’impresa, prof. Jean-Paul Pougala, docente all’Istituto Superiore di Management di Douala in Camerun.
L’iniziativa, patrocinata dal Comune di Verona (Assessorato alle Pari Opportunità), dall’Università degli studi di Verona (Dip. TESIS e Dip. Scienze della vita e della riproduzione) con il contributo del medesimo Assessorato, della UIL di Verona e dell’ITAL Nazionale, è promossa dall’associazione veronese AFRICASFRIENDS insieme a una decina di partners locali e nazionali.
African Summer school intende contribuire a una nuova concezione del continente africano, promuovendo una reale consapevolezza delle opportunità presenti in Africa.
Al percorso formativo sono iscritti cinquanta giovani italiani e africani - selezionati tra gli 80 che hanno fatto domanda - e sono studenti, laureati, laureandi e cooperanti.
Le donne sono 26 e gli uomini 24 con un'età media di 29 anni. I paesi di residenza dei partecipanti sono 8, e quelli di origine 11 (in particolare sono 27 gli studenti di origine africana, e 23 gli europei), mentre gli studenti residenti in Italia sono 43, e quelli internazionali 7.
L’iniziativa intende alllo stesso tempo valorizzare le eccellenze italiane di piccola e media impresa apportando innovazione nei mercati africani.
A partire dal 10 agosto, si prevede un periodo di tre mesi al termine del quale gli studenti dovranno presentare un project work che verrà esaminato dal Comitato di Valutazione. Nel mese di Novembre si terrà la cerimonia di consegna degli attestati di partecipazione, nella quale sarà premiato il miglior progetto di microimpresa sostenibile: un ponte tra le realtà economiche italiane e africane.
   

Brasile, ci possiamo credere?

Rio de Janeiro - La manifestazione convocata dai sindacati l’11 luglio scorso può essere considerata un fiasco. Non è riuscita cioè a mobilitare la popolazione come era riuscito invece agli studenti qualche settimane fa, e addirittura, in alcuni stati, i sindacati sono stati accusati di avere sovvenzionato la partecipazione pagando le persone.
Ciò che accade ora è che tutte le categorie fino a oggi volontariamente escluse dai manifestanti, e cioè politici, sindacati, partiti e associazioni similari, stanno tentando inutilmente di replicare l’effetto delle prime manifestazioni che hanno avuto tanto successo di pubblico e con le quali la popolazione brasiliana si è pienamente identificata. E in effetti, non aderire alla convocazione dei sindacati è un segnale indiscutibile, che equivale a una ripulsa dello status quo politico e sociale costituito, in cui il sistema di corruzione prospera e invece di tentare di comprendere la voce legittima che viene dalle piazze, e di rispondere in maniera adeguata, si limita al goffo tentativo di cooptare i movimenti in favore di se stessi per conservare, comunque, potere e privilegio.
Inoltre, la grande vittoria, ottenuta con la conservazione delle tariffe dei trasporti originali, ha di fatto rafforzato nei manifestanti la consapevolezza del potere naturale del popolo e l’idea che i politici e i governanti si sentano pressati nel dare delle risposte alla società.
I media informano infatti che la pressione popolare ha influito anche sul lavoro del Congresso Nazionale, facendo sì che venissero votate, molto più rapidamente che in passato, decine di proposte. Un dato che potrebbe essere definito un'ulteriore vittoria della Primavera brasiliana se non fosse che, tali proposte, hanno però anche un sapore preoccupante perché rischiano di alimentare il problema dei conti pubblici. In questo caso, infatti, il Congresso sta dimostrando come i parlamentari brasiliani non siano preparati al ruolo per il quale sono stati eletti e parallelamente rafforza la sfiducia del popolo.
Un altro dato interessante è che il Tribunale dei Conti del Comune di Rio de Janeiro, 22 giorni dopo aver chiuso un’indagine sulle aziende di autobus in città, ha cambiato idea e ha deciso di estendere l’inchiesta alle 43 aziende che fanno parte dei gruppi che di fatto controllano i trasporti in generale.
Mentre accade tutto ciò, e in assenza di risposte che soddisfino le richieste popolari, la popolarità della presidente Dilma Roussef è scesa vertiginosamente dal 57% a 30%, e João Santana, responsabile per la sua immagine, avrebbe commentato solo che "il calo di gradimento rimane comunque maggiore del punto più basso di Lula (28%) e di FHC (13%)". Gli si può credere?
Dopo la recente manifestazione contro il governatore di Rio de Janeiro, occasione in cui, in contrasto con il movimento popolare pacifico, si sono verificati diversi atti di vandalismo senza che la polizia reagisse adeguatamente per contenere la violenza e per garantire la sicurezza della popolazione, si impongono alcune riflessioni.
La principale riflessione è che potere pubblico, opinion leader, partiti politici, istituti di ricerca ed esperti vari, non abbiano fornito delle risposte utili a spiegare il fenomeno sociale che, dal giugno scorso, caratterizza il nostro Paese. E questo, anche a noi semplici cittadini, provoca molta perplessità!
Basterebbe che leggessero i contenuti dei cartelloni di cartone improvvisati in cui la gente chiede o denuncia qualcosa, stabilire le priorità, ordinare i ricorsi finanziari, moralizzare ciò che ha bisogno di essere moralizzato nella scena politica nazionale. In altre parole: riorganizzare la Casa comune, fare pulizia, buttare fuori quello che non serve più, mettere in prigione chi ruba il danaro pubblico e chi ogni giorno depreda i negozi durante le manifestazioni.
In una nota della sua rubrica su “O Globo” (21/07/13), il giornalista Ilmar Franco informa che "gli strateghi politici del Planalto, cioè, del governo, e del PT (Partito dei Lavoratori) sono alle prese con un bilancio dettagliato sulle manifestazioni di queste settimane. E che, la principale conclusione a cui sarebbero arrivati, è che non c'è nessun leader, di opposizione o partito, capace di catalizzare e personificare la rivolta popolare. E che, proprio sulla base di questa considerazione, ritengono tutto sommato semplice, da parte della presidente Dilma, una ricomposizione sociale". Ma – ci chiediamo ancora- ci possiamo credere?
Tutto questo è molto nuovo per noi brasiliani. Speriamo almeno che serva a cambiare il Paese dalla testa ai piedi, e che queste manifestazioni possano costituire la pietra angolare per l’inizio di una nuova fase nella storia della Repubblica brasiliana.

Marisa Oliveira, giornalista freelance
ProgettoMondo Mlal Brasile

lunedì 29 luglio 2013

Brasile: "Il papa è tenero"

"Tenero". Con questo aggettivo che -per noi brasiliani- ha un'accezione molto affettuosa, una bambina ha descritto papa Francesco. E in effetti a tutti noi brasiliani il papa è apparso, soffice, simpatico, allegro, carismatico e, sopratutto, coerente con ciò che predica. Per due volte ha condiviso una scodella di mate (chimarrão) che qualcuno gli aveva offerto durante il passaggio per le vie. Questo ha causato non poco stupore. Ma condividire il mate è una prova indiscutibile di solidarietà e di fraternità. I contandini del Sud del Brazil (gaúchos) e della Argentina condividono il mate. È un gesto tipico di solidarietà e di compresione tra loro.
Così, baciando i piccoli bambini, sorridendo, essendo veramente vero, e dimostrando una preoccupazione sincera per "gli esclusi", papa Francesco ha trascinato 3 milioni di persone a Copacabana.
Tre milioni di persone (bambini, giovani, anziani, uomini e donne di età diverse) per le strade -e faceva freddo e pioveva- che hanno gridato forte il suo nome e che hanno fatto silenzio quando è stato necessario. Riconoscendo a più riprese che "questa è la gioventù del papa".
Qui in Brasile siamo tutti innamorati di Francesco. Siamo tutti innamorati di ciò che lui rappresenta, delle sue parole perfettamente in linea con i giorni attuali.
Come papa, Francesco, è stato acclamato da tutti, tutti i giorni, in tutti i momenti. Come diplomatico della Chiesa, si è presentato elegante ma, nello stesso tempo, forte e incisivo: ha invitato i politici a cambiare, a governare in favore del Bene comune. Così grande era la sua presenza che, nel mare di persone accorse a Copacabana, sembrava ci fosse soltanto lui.
Francesco ha invitato i giovani a participare attivamente alla politica, li ha spronati a non avere paura di caminare contro corrente, a non permettere di rimanere vittime delle droghe. Ha chiesto loro di essere autentici in tutti sensi!
Frei Betto, teologo e scrittore di chiara fama, ha commentato sul jornal O Globo (27/07/13): "È ora di aggiungere un po' d'acqua alla zuppa di fagioli" e dunque impegnarsi per le alternative possibili, nel solco di un'economia solidale e del "ben vivere" degli indigeni delle Ande, che poi equivale a seguire gli insegnamenti del Vangelo. Francesco non è un pastore che ordina e impone, ma colui che apre gli orizzonti e rende vivo l'entusiasmo. C'è qualcosa di nuovo – ha quindi concluso Betto- sulla nave di Pietro!"
Marisa Oliveira, giornalista freelance
ProgettoMondo Mlal Brasile


I comandamenti di Francesco
  • I governi dovrebbero preoccuparsi dei giovani e degli anziani. Non lasciarli al margine della società.
  • Il denaro non è la cosa più importante. Importante è come le società ne fanno uso. Solamente quando siamo capaci di condividere ci arricchiamo veramente, senza egoismo e individualismo.
  • Il futuro richiede una visione umanista dell'economia e della politica... evitando perciò che venga privilegiata solamente l'élite, sia sradicata la povertà e tutti abbiano sempre garantite dignità, fraternità, solidarietà.
  • Voi giovani, alla faccia della corruzione che cerca il proprio vantaggio invece del bene comune, non scoraggiatevi mai, non perdete la fiducia!
  • Il valore etico deve fare parte integrante della nostra società. Si tratta di una sfida storica.
  • Il campo della fede siamo noi stessi. Siamo cristiani autentici!
  • I cristiani devono giocare nella squadra di Gesù, in prima linea, con amore, solidarietà e fraternità.
  • La vita come un piatto di cibo, la fede è il sale o l'olio di oliva: metti fede, metti speranza, metti amore.
  • Siamo generosi: "Si può sempre mettere più acqua nella minestra.
  • Sulle manifestazionidi protesta: "È fondamentale il dialogo costruttivo. Tra la differenza egoista e la protesta violenta cerchiamo il dialogo. Il futuro richiede una riabilitazione della politica, che è un dei modi più nobili di carità."
  • Nessuno sforzo di pacificazione sarà duraturo se la società lascia ai suoi margini parte di se stessa.
  • Non è lasciando libero lo uso delle droghe che ne ridurremo la diffusione nè l'influenza della dipendenza chimica.
  • No alla violenza, si all'amore! Ma più Candelária. (ndr, massacro di 1993)
  • Lo stato laico favorisce la pacifica convivenza tra le diverse religioni, nel rispetto e nell'apprezzamento reciproco.
raccolte da Marisa Oliveira, giornalista freelance
ProgettoMondo Mlal Brasile

venerdì 26 luglio 2013

Il Paese in salita - Un videodocumentario sul progetto "Viva Haiti"

Tra gennaio e febbraio l’equipe di operatori della Kenzi Productions guidati dalla regista Annamaria Gallone e accompagnati dalla responsabile della Comunicazione di ProgettoMondo Mlal, Lucia Filippi, hanno documentato la realtà del territorio di Fonds-Verrettes, le problematiche naturali geomorfologiche, sociali ed economiche che impediscono ancora oggi lo sviluppo di questo martoriato territorio a sudovest di Haiti. “Il Paese in salita” è infatti il titolo del videodocumentario di 20 minuti che racconta attraverso i suoi stessi protagonisti la fatica di combattere quotidianamente contro un Destino che pare oggettivamente avverso, e ciò nonostante il quadro che ne esce (come sempre quando Madre Natura non aiuta), è lo straordinario coraggio, l’imperturbabile forza con cui amministratori, studenti, operatori sociali, contadini e contadine, hanno saputo e voluto raccogliere questa opportunità che il Progetto Viva Haiti, in fondo, non donava al singolo haitiano ma alla stessa comunità. Ciò che ne esce è un racconto assolutamente corale e un risultato, che è sotto gli occhi di tutti, e che potrebbe insegnare a tutti noi qualcosa di veramente importante.
Avviato con enorme amore dal nostro collega Nicolas Derenne, il Progetto Viva Haiti è stato realizzato pienamente e quindi portato a termine da Petra Bonometti. A lei, insostituibile capoprogetto, donna, operatrice e collega, va tutta l’ammirazione e la gratitudine di ProgettoMondo Mlal. Che Haiti le riservi ancora tante soddisfazioni come questa!

Per ricevere il dvd “Il Paese in salita” (versione sottotitolata in italiano e versione originale in creolo e francese), ci si può rivolgere a ProgettoMondo Mlal (045.8102105 – sostegno@mlal.org)

Qui sotto il promo del video:



giovedì 25 luglio 2013

JUSTIÇA NOS TRILHOS Un workshop di fotografia sociale in Brasile

(Di Chaim Waibel) - Il nostro compito era documentare la vita, le persone e i contesti coinvolti nelle azioni del Movimento Sem Terra (MST), da anni impegnato in tutto il Brasile nella lotta per la giustizia sociale e per una vita dignitosa attraverso la redistribuzione della proprietà della terra (riforma agraria), l'esproprio dei latifondi improduttivi e l'occupazione delle terre incolte.
Riportare poi questa esperienza nei nostri contesti locali e nazionali, così come promuovere mostre o vendita di foto, attraverso cui raccogliere fondi da inviare al Movimento, oltre che occuparsi di diffondere informazioni e attività di sensibilizzazione, erano considerati a tutti gli effetti parte del compito.
Il mio percorso di avvicinamento alla fotografia sociale è pertanto iniziato con un forte senso di responsabilità rispetto a ciò che saremmo andati a fare.
Fresco di laurea triennale, il mio desiderio di nuove esperienze e conoscenze si è incrociato con la proposta di un viaggio nel Nordest del Brasile, negli stati di Pará e Maranhão, sotto la guida del fotografo Giulio di Meo. L’idea era potere approcciare insieme la fotografia e la cooperazione internazionale.
Justiça nos Trilhos è un progetto che da anni segue le comunità che vivono lungo i binari del treno della Vale, appartenenti anche al MST, che nel tempo hanno dato il via alla crescita e alla diffusione di una serie di attività industriali associate a questa multinazionale.
E questo era anche il titolo del workshop organizzato dall’ARCS (Arci Cultura e Sviluppo) e delle successive esposizioni fotografiche presentate in Italia. Il motivo del treno – e della Vale – e degli abitanti MST sono le direttrici lungo cui si è basato il nostro approccio alla fotografia sociale.
Quando si partecipa a un workshop l’intento è migliorare le proprie abilità e competenze. Ma nel caso della fotografia sociale la partecipazione a un workshop porta con sé un significato che va al di là dell’insegnamento, teorico e tecnico, di un normale corso di fotografia.
La fotografia sociale, in altre parole, non si limita alle metodologie dello scatto, a regole e pratiche inerenti all’occhio e alla macchina, ma costituisce un approccio alla fotografia più libero, diverso e unico rispetto ad altri generi, con un contatto tra chi scatta la foto e il soggetto, e che non si limita dunque alla fotografia in sé.
L'avventura era già cominciata alcune settimane prima della partenza, con un seminario a Roma durante il quale abbiamo avuto modo di conoscerci e di conoscere i partecipanti al nostro workshop.
Fin da principio era stato messo in chiaro che la partecipazione era intesa come una esperienza attiva di volontariato, ovvero un’esperienza meno consueta di un viaggio convenzionale ma importante per la crescita personale e culturale: un'esperienza da vivere come un vero e proprio lavoro.
Nel corso di questo viaggio abbiamo potuto conoscere la situazione del MST, ma ci siamo anche avvicinati alla problematica della Vale, entrando in contatto diretto con gli effetti devastanti della presenza indiscussa delle multinazionali, il cui potere sulla vita delle persone e dell'ambiente si intreccia, qui come altrove, con gli interessi locali e nazionali dei poteri forti.
Si è trattato di un viaggio intenso e a tratti faticoso, non tanto per gli spostamenti quanto per il continuo cambiamento di contesti, di persone e di esperienze. Un viaggio sicuramente da rifare per approfondire e meglio comprendere una situazione di per sé complessa e contradditoria, che questo primo viaggio ha già in qualche modo contribuito a farci conoscere.
Quella del “potere” è una chiave di lettura utile a comprendere il duplice percorso che questo workshop ha voluto offrire ai partecipanti. Il “potere” dei fazenderos deriva dalla mancanza in Brasile di una riforma agraria che tuteli i lavoratori agricoli e provveda a un'equa distribuzione della terra.
È stato calcolato che in Brasile ci sono circa 800 milioni di ettari di terra (600 milioni sono le terre coltivabili) e di queste solo 200 milioni sono pubblici
, il resto è in mano ai privati, ovvero circa l’1% dei proprietari terrieri possiede 1/3 del territorio disponibile nel Paese. Privati che mantengono queste terre a fini speculativi e congelano i fondi mantenendoli improduttivi, privati che abitano in Florida o California, multinazionali che con l’agricoltura hanno poco a che fare. Ciò significa che, a discapito dei quasi 4 milioni di persone, oggi prive di terra e di forme di sussistenza, il Brasile, pur di non perdere l’aureola di potenza economica emergente, non è disposto a concedere una riforma agraria che metta al primo posto le necessità vitali delle persone e non il potere e il denaro.
Il MST si pone nel solco della denuncia di Paulo Freire sulla “cultura del silenzio” che condiziona gli oppressi rendendoli involontariamente complici dei loro oppressori, ed evidenzia l’importanza di una loro coscientizzazione attraverso l'educazione popolare e l'impegno politico. Insieme ai Missionari Comboniani, gli attivisti dell’MST si spostano tra i villaggi per informare, coinvolgere e rendere coscienti dei loro diritti popolazioni che per anni hanno dovuto subire il potere dei fazenderos con l'accondiscendente complicità delle forze dell'ordine e delle istanze politico-istituzionali del Paese.
Il compito del Movimento Sem Terra è appunto rivendicare i diritti di queste persone, lavorando all’interno stesso della comunità, per arrivare alle mobilitazioni e ai tentativi di dialogo con i poteri istituzionali.
Un dialogo spesso reso macchinoso proprio da quelle istanze pubbliche che più dovrebbero difendere gli interessi dei più deboli.
Se la mancanza di una riforma agraria ha dato il via al movimento sociale dell’MST, e su questo aspetto si è focalizzato il workshop, il nostro itinerario seguiva però anche un’altra direzione, ovvero quella legata al fenomeno dell’inurbamento per conto della multinazionale la Vale (Companhia Vale do Rio Doce) di aree un tempo ricoperte dalla foresta Amazzonica.
Negli Stati che abbiamo visitato, nel 1985 questa compagnia ha dato inizio ai suoi interventi con l’esplorazione delle miniere del Carajás nello Stato del Pará. La necessità di esportare il ferro via mare nel resto del mondo ha fatto sì che venisse costruita una ferrovia, che da quello che era il cuore della foresta Amazzonica arrivasse a São Luís, capitale del Maranhão: 892 chilometri, 3.2 chilometri di vagoni per un totale di 340 vagoni, fanno di questo treno una minaccia costante alla vita di tutte quelle migliaia di persone che si sono trasferite negli anni per cercare lavoro nella miniera.
Si è verificato perciò uno spostamento di popolazioni dalla capitale São Luís verso l’interno del Brasile con la prospettiva di lavoro e speranza per decine di migliaia di persone. Utilizzando lo stesso "treno del ferro", queste persone hanno iniziato a spostarsi in massa, superando l’offerta di lavoro della miniera che nel frattempo aveva già accolto circa 8.000 persone. È successo quindi che persone che avevano impegnato gli ultimi risparmi per prendere quel treno si siano ritrovate senza alcuna risorsa e nella necessità di ricominciare una vita dal nulla.
Lungo i binari del treno sono così sorte piccole comunità di famiglie che hanno iniziato a coltivare la terra, la stessa terra di proprietà di quell'1% sopra menzionato.
Quello che è cambiato nel tempo è stato l’ambiente naturale. Con l’espansione della multinazionale Vale e della relativa produzione di ferro e di altri minerali, sono sorte in Pará come in Maranhão moltissime carbonerie, segherie e altre industrie ai margini degli stessi binari lungo i quali si sono sviluppati gli acampamenti. Per non parlare delle nuove piantagioni di eucalipto, che hanno sostituito le primordiali foreste allo scopo di velocizzare la produzione di carbone. Le popolazioni senza terra si trovano così a vivere in agglomerati industriali pur trovandosi “nel cuore della foresta Amazzonica”.
Violenza e sangue hanno accompagnato la nascita e la vita di questi accampamenti, minacciati costantemente dai fazenderos e dalla loro milizia armata. Il massacro di Eldorado dos Carajás del 1996 in cui la polizia ha risposto alla richiesta di un fazendero di intervenire contro i Sem Terra, è ricordato ancora oggi come una delle più gravi violazioni dei diritti umani in America Latina negli ultimi anni: 19 lavoratori senza terra morirono e altri 69 rimasero feriti.
Ferrovia e MST, miniera e accampamenti, sono stati quindi i due fili conduttori del nostro viaggio.
Abbiamo così appurato che sussiste una profonda diversità nel funzionamento e nell’operatività del Movimento, a seconda che si consideri il Nordest o il Sud del Paese. Il fattore economico sembra aver assunto particolare rilievo, tanto che è stato spiegato come le mobilitazioni, i programmi e l’organizzazione stessa del Movimento dipendano molto dalle risorse finanziarie, e in Maranhão, per esempio, a quanto sembra queste risorse mancano. Ed è triste pensare come un movimento sociale, che negli anni ha conosciuto moltissimi successi, aiutando decine di migliaia di famiglie, si sia poi dovuto confrontare con un declino così veloce. Qui l’MST sembra aver perso infatti il carattere originario di attivismo condiviso tra i membri dei villaggi.
A São Luís abbiamo parlato con Zaira Sabry, responsabile del Movimento per il Maranhão. Quello che ci ha rivelato è che qui il MST ha raggiunto una fase in cui ha più urgenza di gestire con le risorse residue quanto già fatto che non sostenere l’attivismo e l’appoggio agli ideali del movimento stesso. In mancanza di fondi il Movimento è costretto a tagliare tanto sui progetti quanto sul personale. E se anche le mobilitazioni nei luoghi pubblici, rappresentano sicuramente uno dei maggiori fattori di visibilità per un movimento per definizione sociale, la loro organizzazione richiede risorse finanziarie non facili da reperire.
La gestione di realtà urbane disperse in territori vastissimi e differenti dal punto di vista geografico, ambientale e sociale, rende necessaria un’amministrazione molto complessa, ma dal momento che a questa si rendono di fatto disponibili poche persone, una effettiva e capillare rete organizzativa risulta difficile se non impossibile.
Nel centro MST di São Luís abbiamo conosciuto il vertice organizzativo del Movimento per il Maranhão, 6 persone in tutto, ciascuna responsabile di territori immensi da amministrare, al cui interno si contano moltissimi acampamenti o assentamenti. Seguire gli sviluppi dei singoli contesti urbani è pertanto affidato a singole assemblee che amministrano in maniera il più possibile autosufficiente le diverse realtà, rinunciando sempre di più alle risorse economiche centrali del Movimento.
I Padri Comboniani continuano a sostenere la vita degli accampamenti con la loro spola quotidiana tra i villaggi. Questo il compito per esempio di Padre Dario, Padre Comboniano di Varese, la cui missione – ci ha spiegato- è ascoltare i bisogni delle persone e rispondere alle esigenze organizzative di ciascun accampamento e assentamento, con riunioni che si svolgono nelle chiese de villaggi.
La povertà incontrastata unita alla rassegnazione è elemento che caratterizza la situazione degli abitanti di un accampamento, per anni e anni costretti a vivere in condizioni precarie dal punto di vista sanitario, alimentare e lavorativo. Lentamente si sono raggiunti degli obiettivi, ma la possibilità di andare oltre si scontra, oltre che con la carenza di risorse finanziarie, anche con la difficoltà di coinvolgimento delle persone, necessaria per la compattezza di un movimento sociale. E' importante che i membri di un movimento vi si riconoscano, anche attraverso i simboli e le iniziative che lo connotano, un inno, una bandiera o le forme di educazione proposte. Ma in Maranhão come in Pará le cose stanno cambiando.
Nel primo caso la ricerca per un lavoro, infatti, ruota intorno a due grandi centri abitati, quali la capitale São Luís e Parauapebas, quest’ultima nata per i primi minatori del progetto “Projeto Ferro Carajás” e che oggi conta più di ventimila persone. La povertà inizialmente ha spinto la gente a lasciare la capitale in cerca di lavoro presso questa miniera, oggi la seconda al mondo per produzione.
Il progetto Justiça nos Trilhos va a proteggere proprio questa situazione, in cui i Sem Terra sono costretti a vivere tra il treno e la carboneria, tra il treno e la piantagione di eucalipto, e come non bastasse a unire il tutto ci può anche essere un laghetto tossico. Li dove fino a dieci anni fa si estendeva incontaminata la foresta Amazzonica, oggi lo sguardo si perde tra le praterie fino all’orizzonte, in un paesaggio surreale che ricorda più la pianura Padana che il Brasile, non fosse che per le sporadiche palme. Tra i momenti di contatto con le persone, uno su tutti mi ha colpito particolarmente: la situazione di un assentamento nei pressi di Açailandia. Il contesto geografico è esattamente quello del laghetto, il treno che passa alto sopra le teste degli abitanti diciotto volte al giorno, il fragore della carboneria che non deve aspettare la notte per essere spento.
La gente ha occupato parte del terreno di un fazendero ancora più di trent’anni fa, quando tutt’intorno era ancora foresta Amazzonica, e prima che la Vale iniziasse a sconvolgere le loro vite, partendo dalla salute. Nel momento in cui tutto quello che possiedi è la stessa baracca, che dà rifugio nella foresta è diventata un cumulo polveroso al ciglio della strada, capisci che l’unica salvezza sarebbe spostarsi, ma, non avendo altro, ciò non è possibile. Un’immagine che non ho dovuto scattare per imprimerla nella mia mente, è l’interno di una baracca, il cui cortiletto, spoglio e nero, confina con il muro attraverso il quale è possibile scorgere la carboneria.
Inquinamento e morte a parte, immaginare queste persone vivere nello stesso posto da così tanti anni è davvero inquietante. Quelli che se ne sono andati hanno venduto la loro casa e la loro rosa, il loro campo, per una cifra che può sembrare allettante per un lavoratore abituato a 12 euro di compenso giornaliero ma che la vita in città velocemente cancella.
Si verificano infatti due situazioni che vanno ad influenzare il senso stesso del Movimento negli assentamenti, e a caricare di ulteriore lavoro i membri dell’MST a São Luís.
Se da una parte coloro che hanno scelto la città si sono ritrovati senza più né un soldo, né una casa dopo poco tempo, la loro situazione di Sem Tetto viene comunque supervisionata dall’MST che si reca nei villaggi sorti nella prossimità della capitale e sui cui sono nati ulteriori contesti di povertà e inquinamento.
All’inizio di questo viaggio la prima tappa è stata osservare proprio come queste persone abbiano trovato riparo nella zona di São Luís, su cui oggi si estende la proprietà della Vale, e a cui arriva e riparte tutto il materiale estratto e lavorato per il resto del Mondo. Qui abitano persone che hanno perso tutto, trasferendosi qui perché precedentemente arrivate per cercare senza successo un lavoro, perché in confronto una realtà migliore di quella in cui vivevano, e perché espropriati delle loro terre dalla Vale non hanno più potuto vivere nel territorio a loro destinato.
È il caso di un villaggio pressoché fantasma nella periferia di São Luís in cui lentamente si stanno ritrasferendo le persone che, ancora dieci anni fa, erano state costrette a spostarsi in una sorta di conca dove, alla prima alluvione, hanno perso tutto e sono tornate nelle case che avevano lasciato, ma che oggi si trovano in terreno proprietà della Vale. Questo per quel che riguarda il Maranhão.
In Pará la situazione è diversa, e sembra che la fertilità del terreno sia uno degli elementi che permette alla gente dei villaggi di godere di un tenore di vita migliore rispetto ai vicini del Maranhão. Di conseguenza, un contadino il cui terreno dà più frutti, permette a quest’ultimo di dedicarsi anche ad altre attività come l’educazione e il piccolo artigianato, come ad esempio produzione di stoffe e altre mansioni secondarie che vanno ad arricchire le entrate della rosa. Nel caso di contadini giunti successivamente al momento dell’occupazione, la fertilità di questi terreni concede lavoro anche a loro, che andranno a lavorare nelle rosa dei Sem Terra già presenti da più tempo.
Di conseguenza il movimento stesso può esercitare la sua funzione di collante sociale con maggiore libertà attraverso iniziative di coinvolgimento della popolazione, come ad esempio l’educazione. Questo è emerso particolarmente da una visita in un acampamento (Helenira Rezende) di recente origine in cui l’aria di movimento sociale è ancora presente e condivisa. Non si tratta solo dell’esposizione di bandiere del movimento, oppure del momento rituale dell’inno, quanto piuttosto del ruolo che l’assemblea degli abitanti ricopre effettivamente nella gestione quotidiana del villaggio stesso. All’interno del villaggio l’appartenenza a un movimento sociale era tangibile in ogni situazione con cui ci siamo confrontati.
Ed è stato quasi un conforto scoprire questo attaccamento al MST dopo le diverse esperienze vissute in Maranhão.
L’aver visitato diversi accampamenti e assentamenti sia in Maranhão che in Pará ci ha permesso di capire come varia il tenore di vita delle persone e gli ideali del Movimento Sem Terra siano ancora appoggiati e condivisi con gradi di partecipazione differente.
Com’è emerso dal viaggio, sussistono grandi divergenze anche tra stati geograficamente vicini, che per motivi economici e produttivi legati alla rendita dei terreni presentano stili di vita diversi che influiscono sullo sviluppo degli accampamenti, ovvero dei primi insediamenti di quelle famiglie che fanno comunità sotto l’MST nelle terre occupate, e degli assentamenti, ovvero quegli accampamenti riconosciuti dallo stato dai quali poi si sviluppano vere e proprie città.
Se a livello fotografico rimanere più a lungo in un villaggio permette di scattare più foto e quindi di avere una scelta maggiore per la selezione, dal punto di vista umano il fattore tempo fa sì che non si possa instaurare un vero rapporto con le persone, che non si limiti a una generica informazione sulle loro vite. Il fatto di doversi spostare lungo distanze impegnative fa sì che il tempo per visitare le comunità rurali debba essere utilizzato al meglio.
L’utilizzo della fotografia per documentare alcune realtà del Movimento Sem Terra è stato sicuramente utile ed efficace, soprattutto perché è stato possibile utilizzare le foto sia come strumento che come fine. Se lo scopo del viaggio era documentare una realtà di difficile esistenza per moltissime persone costrette a vivere in accampamenti anche per più di cinque anni, in un regime di sopravvivenza sempre in bilico tra l’avere un proprio terreno e la paura di venirne espropriati perché privi di un riconoscimento legale, il contatto con le popolazioni, necessario per poi procedere alla documentazione fotografica, richiedeva comunque un coinvolgimento personale, nella forma della coabitazione e della convivenza quotidiana, che ha consentito di conoscere più in profondità le realtà di vita di queste persone, le loro storie e i loro problemi.

A possible world

I ragazzi di 4 Paesi d’Europa si mettono in gioco per un nuovo Mondo possibile. Si fanno cioè essi stessi protagonisti e provano a rispondere con le proprie testimonianze ed esperienze alla sfida posta dal Settimo Obiettivo del Millennio: la sostenibilità del pianeta è alla nostra portata?
Per avere una risposta –seppure parziale- alla domanda del secolo bisognerà naturalmente attendere la fine del Progetto “A Possible world”, promosso da ProgettoMondo Mlal (Italia) insieme alle Ong Kate (Germania), Czart (Polonia), Breza (Croazia), in partenariato con l’associazione africana AN KA HERE SO (Burkina Faso), e grazie all’appoggio e finanziamento dell’Unione Europea. Ma nel frattempo c’è moltissimo da lavorare.
La prima condizione sine qua non per la riuscita del progetto è infatti che alla sfida aderiscano e scelgano di partecipare molti altri ragazzi (dai 15 ai 24 anni). Le modalità sono tante e a misura di ciascuno: si può semplicemente partecipare al dibattito su Facebook (A possible world – Italy) con idee, consigli e materiali di approfondimento e postandoli a propria volta ad amici e conoscenti; ma si può anche diventare protagonisti del progetto e, in prima persona, contribuire alla denuncia, discussione e anche alla progettazione di nuove proposte; si può intervenire nei tanti eventi pubblici in programma in altrettante piazze d’Europa misurandosi con provocazioni e approfondimenti proposti dalla apposite installazioni multimediali ideate dal Progetto e da giovani di Haiti e Burkina Faso; si può e si deve registrare la propria voce perché risuoni alta e chiara in molte altre piazze di ragazzi dichiarando un proprio impegno concreto; si può crescere grazie alle esperienze di volontario cittadino co-progettate da ragazzi ed educatori per una città sostenibile e amica dell’ambiente, e si possono coinvolgere i propri amici nella pianificazione di iniziative civiche (flash mobs, piccoli eventi..) per diventare attivisti per il 7° Obiettivo del Millennio!
Si può infine fare parte del gruppo di 12 ragazzi che andranno a conoscere la realtà del Burkina Faso e saranno ponte ideale tra Europa e continente africano in nome di un Possible World per tutti.
Pionieri del primo evento europeo di A Possible world sono stati, nelle settimane scorse, i ragazzi tedeschi di Stoccarda che partecipando all’annuale Festa della Cultura, hanno testato le proposte multimediali e affidato le loro opinioni ora pubblicate sul web. Il prossimo appuntamento è già per il 2 agosto di nuovo a Stoccarda e successivamente in Croazia e in Polonia.
In Italia sono previsti eventi a Verona (in settembre Al Vrban Festival e alla Notte Bianca di Villafranca, in ottobre al Palazzetto dello Sport e in novembre in Fiera alla manifestazione Job&Orienta).
Sfondo e strumento del progetto è l’omonimo video pubblicato su youtube in 5 lingue che con immagini spettacolari, condensate nello spot qui sotto, racconta i tanti habitat del nostro pianeta. Riscoprendo in un’unica veloce carrellata i deserti, le pianure incontaminate, le cime immacolate, le campagne rigogliose, i mari, i laghi e i fiumi, e anche le città, i villaggi, gli animali, le piante e i fiori che ancora rendono unico e sempre diverso il nostro pianeta sarà forse un po’ più difficile, anche per i più giovani, continuare a delegare al mondo degli adulti la custodia del nostro pianeta e, forse, verrà spontaneamente più facile provare a rispondere alla domanda di partenza con un primo concreto contributo: “Questo è il mio mondo possibile, My Possible world!”.

mercoledì 24 luglio 2013

HAITI: A Fonds-Verrettes una comunità più forte e motivata.

Risultati molto gratificanti per un progetto di sviluppo, "Viva Haiti", che chiude e che apre molte nuove sfide...

In questi ultimi sette mesi, le costruzioni previste sono state ultimate: il Centro comunitario socio-professionale, le tre cisterne pubbliche riabilitate, le due scuole pubbliche migliorate. Gli ultimissimi cantieri sono aperti e si concluderanno a tempi di record nel corso di giugno. Infatti, la necessità di abbellire e rendere più sicuro il Centro comunitario e di migliorare la fruibilità della radio comunitaria, e soprattutto il desiderio di puntare ancora sulle risorse dei giovani professionisti di Fonds-Verrettes, hanno dato origine all’ultimo stage professionale.
Cancelli e porte in ferro battuto e protezioni metalliche per il Centro saranno il campo di prova dei giovani borsisti, accompagnati da un responsabile formatore, che stanno concludendo il loro anno di studi a Port-au-Prince.
I giovani posatori di piastrelle, anch’essi specializzatisi nella capitale nel corso di quest’anno, realizzeranno il pavimento della radio comunitaria della Municipalità.
Inoltre, in seguito ai danni causati dall’uragano Sandy, si è dato il via all’utilizzo di un fondo-imprevisti del Progetto che servirà alla riabilitazione della cisterna del liceo pubblico e alla ricostruzione della cucina della scuola elementare di Foret-des-Pins.
La preoccupazione del Progetto, dopo la costruzione, è ora la loro sostenibilità, in termini di gestione e inclusione sociale. In maggio, dopo la fine dei lavori alle cisterne pubbliche, un lungo processo di elezione e formazione dei comitati di gestione, ha impegnato il progetto, in sinergia con la Dinepa, (autorità di gestione dell’acqua) e ha permesso di creare e preparare nuclei di cittadini a mettere disposizione della popolazione l’acqua raccolta, sensibilizzandola sulle modalità di potabilizzazione e di prevenzione delle malattie legate alla contaminazione idrica.
Il Centro comunitario è stato inaugurato in marzo ed è entrato in funzione immediatamente, ospitando così formazioni, riunioni ed eventi comunitari.
Il processo di creazione del Comitato di gestione, di cui il Comune sarà l’ente responsabile, si concretizzerà anch’esso in giugno. Un piccolo fondo garantirà i primi passi della struttura: la possibilità di stipendiare un direttore esecutivo per i primi mesi, il cui obiettivo è quello di garantire il funzionamento del Centro, conformemente ai suoi fini istituzionali (a fruizione del pubblico e la formazione dei giovani), e inoltre di creare fonti di reddito che assicurino l’autonomia finanziaria della struttura nel futuro.
Varie iniziative economiche proposte dai beneficiari delle formazioni professionali più intraprendenti, che il Progetto ha sostenuto fornendo parte dei materiali necessari per l’avvio delle attività, sono state avviate con successo. I professionisti più in gamba sono stata equipaggiati degli strumenti necessari per svolgere il loro lavoro da professionisti.
Nuovi giovani avidi di apprendere, in maggioranza donne, sono stati i protagonisti delle ultime formazioni professionali del progetto. I temi selezionati sono stati l’artigianato, l’agro-foresteria, l’agro trasformazione di prodotti locali.
Rispetto all’artigianato locale, la possibilità di sfruttare tradizioni locali esistenti e giovani del luogo già esperti capaci di dirigere i corsi, ha fatto scegliere la creazione di sandali con lavorazioni all’uncinetto. Rispetto all’agroforesteria, è stata privilegiata la creazione di vivai, capaci di promuovere la produzione di specie locali di alberi da frutta e da bosco, e di conseguenza la riforestazione della disboscata terra di Fonds-Verrettes: un lavoro in collaborazione con il Comune e le associazioni di agricoltori di tutte le località sta creando micro-vivai nelle diverse località della Municipalità che gli stessi beneficiari gestiranno.
Infine, grazie al partenariato con il Centro di formazione e produzione Cefecacc, già partner di ProgettoMondo Mlal e Cresfed, delle formazioni in trasformazione artigianale di prodotti locali hanno permesso a 25 giovani di conoscere nuove tecniche di utilizzo di prodotti locali e di prodotti come: creme, marmellate, patatine..., tutto assolutamente Made in Fonds-Verrettes, dalla materia prima alle cuoche!
Il Progetto Viva Haiti volge al termine, e per i prossimi due mesi, restano le ultime attività da compiere, in particolare l’inizio dell’operatività delle strutture realizzate e la loro fruizione da parte del pubblico. Ma questa è solo una tappa del lungo processo dello sviluppo locale: certo presto verranno nuove proposte, nuove sfide...

Petra Bonometti
capoprogetto Viva Haiti

Haiti: rabbia e disperazione alimentano la tensione

Nel consueto rapporto annuale pubblicato in giugno sul consolidamento dello stato di diritto nei vari Paesi del mondo, la rivista americana Foreign Policy pone Haiti all’ottavo posto tra le nazioni più deboli e meno consolidate del pianeta (178 Paesi in tutto).
Tra gli elementi che influiscono in questo giudizio radicale e in questa triste valutazione, vi sono i problemi economici contingenti e strutturali, l’assenza di servizi pubblici, l’insicurezza costante, la corruzione, e la necessità di un intervento straniero -la missione delle Nazioni Unite Minustah- per favorire la stabilità del Paese, e non lasciarlo scivolare nell’ingovernabilità.
Il risultato di questa situazione di crisi, che non può più essere considerata emergenziale ma è ormai sistemica, è da un lato il forte flusso migratorio dei cittadini haitiani verso l’estero, e dall’altro una crescente insoddisfazione della popolazione di fronte all’incapacità dello Stato di rispondere in modo soddisfacente ai bisogni primari, alla corruzione endemica e allo strano ruolo di protezione/dipendenza provocato dalla presenza ormai quasi decennale della Minustah, e dal suo apparato militare e burocratico farraginoso e alieno alle istanze della gente comune.
In sostanza, la rabbia e la tensione covano sotto la cenere, e s’alimentano della disperazione e della mancanza d’opportunità sociali ed economiche. Dieci milioni di persone, in prevalenza bambini e giovani, si raccolgono in poco meno della metà dell’isola d’Hispaniola - prima occhiata sul “nuovo mondo” del conquistatore Colombo - e provano a sopravvivere.
Gli effetti del terremoto del gennaio 2010 sfumano, quindi, di fronte alle emergenze della quotidianità, a una vulnerabilità ambientale sempre più forte, e al fallimento dello Stato come espressione di rappresentanza e come custode dei processi democratici.
S’avvicina una nuova stagione di uragani tropicali, e nella terra dei giacobini neri, nel primo Stato nero indipendente nella storia moderna dell’uomo, le nuvole s’addensano come sempre, reclamando una pioggia violenta e impedendo ipotesi alternative di sviluppo.
Sta a noi società civile nazionale e internazionale provare a invertire la tendenza, cercare margini e spazi per contro-arrestare la vulnerabilità della terra e i bisogni violentati dall’uomo, riscoprire il senso comune di una terra caraibica che guarda, cura e coltiva orgogliosamente, la propria identità senza smettere mai, nonostante le tremende difficoltà, di sorridere e danzare.

Alessandro Gambarini
ProgettoMondo Mlal Haiti 

Festival del Cinema Africano... Ma che estate!

Anche quest’anno il Festival del Cinema Africano di Verona parteciperà alla consueta festa delle comunità africane MA CHE ESTATE, che si svolgerà al parco dei Missionari Comboniani, in vicolo Pozzo 1 a Verona dal 26 al 28 luglio.

Due le novità di questa partecipazione: coloro che si recheranno allo stand del Festival presente alla festa potranno ritirare il coupon PORTA UN AMICO AL FESTIVAL ED ENTRI GRATIS.
Il tagliando dato in omaggio offrirà l’opportunità di partecipare gratuitamente al XXXIII Festival del Cinema Africano, che si terrà dal 15 al 24 novembre: chi porterà in sala un’altra persona grazie al coupon potrà entrare pagando solo un ingresso.
È un’iniziativa valida solo dal 16 al 23 novembre 2013. L’omaggio esclude la giornata inaugurale e quella conclusiva della premiazione.
La seconda novità è che gli amici del Festival del Cinema africano di Verona potranno contribuire alla realizzazione di un progetto nato in seno al Festival versando, attraverso il sito Rete del dono (www.retedeldono.it), un’offerta in denaro. Coloro che decideranno di partecipare a questa raccolta fondi, diventeranno primi promotori di un progetto importante, quello rivolto alle scuole.
Coinvolgere il mondo scolastico nell’universo del cinema africano ha l’obiettivo non solo di favorire la partecipazione degli studenti in un'iniziativa di respiro internazionale, ma soprattutto di proporre cinema di qualità e, contemporaneamente, promuovere la scoperta dell’altro in un contesto di dialogo interculturale.
Lo scorso anno 2.700 studenti e 110 insegnanti hanno potuto fruire di questo servizio e i riscontri che abbiamo avuto sono stati di grande partecipazione e interesse.
Per questo il Festival vuole continuare a investire sulle scuole! La raccolta fondi partirà con MA CHE ESTATE… Per maggiori informazioni recarsi allo stand o consultare il link http://www.retedeldono.it/progetti/spazioscuole2013.

Ricordiamo che l’ingresso alla Festa sarà gratuito e ci sarà la possibilità di parcheggio interno.

giovedì 18 luglio 2013

Servizio volontario europeo in Polonia con ProgettoMondo Mlal

ProgettoMondo Mlal lancia una nuova proposta, da cogliere al volo!, per i giovani che desiderano mettersi al servizio degli altri, in un'esperienza di crescita personale e formativa.
Da oggi, infatti, oltre al già consolidato Servizio civile nazionale e internazionale, la nostra organizzazione propone anche la candidatura al Servizio volontario europeo, fatta su misura per chi intende condividere protagonismo e creatività.
I partecipanti devono avere un'età compresa tra i 18 e i 30 anni, e tanta voglia di mettersi in gioco per offrire il proprio contributo nei vari paesi dell'Unione Europea e del mondo.
La prima proposta SVE di ProgettoMondo Mlal è in Polonia, e si svolgerà nell'arco di 9 mesi (da settembre 2013 al giugno 2014) a Czestochowa. Il profilo selezionato presterà servizio in un asilo municipale con attività quindi educative e di pianificazione.

Modalità di iscrizioni (entro il 30 luglio!!!!) e dettagli della specifica offerta, sono sul sito di ProgettoMondo Mlal al seguente link:  http://www.progettomondomlal.org/info/servizio-volontario-europeo

martedì 9 luglio 2013

Si amplia la rete di chi non mangia più da solo!


Martedì 2 luglio “Buono come il pane” è approdato alla libreria IBS di Ferrara con un piccolo evento di presentazione e di degustazione di alcune invitanti ricette tratte dal libro. Nella suggestiva cornice di Palazzo S. Crispino, nel centro della città estense, Marina Lovato e Rossella Lomuscio hanno illustrato al pubblico presente il volume realizzato grazie alle ricette di quasi cento food blogger che hanno partecipato al contest promosso durante la campagna di ProgettoMondo Mlal per il diritto al cibo.
Il pubblico ha seguito con interesse l’iniziativa, promossa attraverso il libro, a sostegno dei programmi di sviluppo e sicurezza alimentare promossi dalla nostra organizzazione in America Latina e Africa, chiacchierando al termine della presentazione sul cibo, sulla nostra tavola, e sull’importanza della sua salvaguardia e difesa per tutti. Un altro piccolo seme che ha ampliato la rete di coloro che “non mangiano più da soli”!

Un grazie alla libreria IBS di Ferrara che ci ha ospitato e ha prontamente messo in rete i momenti più interessanti della presentazione!