venerdì 17 maggio 2013

2013, Anno Internazionale della Quinoa

La quinoa sta conquistando negli ultimi anni un posto d’onore sulle tavole nel mondo, da marginale e dimenticato cibo di “indios” a raffinato ingrediente di ricette e menù di ristoranti gourmet, fino alle cucine di esigenti consumatori “responsabili” eticamente e biologicamente. Eppure, è un prodotto che riflette anche le gravi contraddizioni della nostra civiltà: comunità e paesi di origine e produzione in generale poveri e con indici di denutrizione elevati; consumatori di “elite”, economica o culturale, che determinano mode più o meno passeggere. Ma qualcosa sta cambiando, quantomeno la percezione che la vera rivoluzione passi dalla sua rivalorizzazione, come prodotto di alta qualità nutritiva e di grande valore culinario.

La quinoa, insieme alle altre due sottospecie (kiwicha o amaranto e kañihua o cañahua), è un prodotto coltivato da circa 5mila anni sulle Ande, ed era alla base della dieta alimentare nel mondo incaico e delle diverse culture regionali andine (insieme alla patata e al mais), utilizzata anche in forma rituale e medicinale.
Perù e Bolivia sono i primi due produttori al mondo; l’altopiano andino tra i due paesi è il principale centro d’origine di questo grano classificato come pseudo-cereale, e dove attualmente sono stati registrati circa 3mila ecotipi (specie e varietà). La produzione di quinoa è legata principalmente all’agricoltura famigliare (specie in Perù e meno in Bolivia, dove la coltivazione per esportazione è più marcata), in piccoli appezzamenti, con piccole produzioni in maggioranza biologica, ad altissimo grado di biodiversità. Ci sono casi di famiglie che da sole producono fino a 50 specie di quinoa, in piccole quantità; questi produttori indigeni, usando tecnologie e sistemi produttivi ancestrali, riescono a conservare, con enormi difficoltà, il grandissimo patrimonio genetico di questo grano.
E questo costituisce il suo principale problema dell’intera catena produttiva e alimentare. Difatti, l’addomesticamento della quinoa è avvenuto nel corso di millenni mediante l’adattamento a condizioni geografiche, climatiche e di produzione in base a un delicato equilibrio. La rotazione delle aree coltivate, famigliari o comunitarie, la gestione dei suoli, l’uso sapiente dell’acqua, il controllo biofitosanitario e la differenziazione genetica rendono i produttori denominati “conservazionisti” l’asse centrale del successo nei secoli della quinoa.
Tuttavia, la diffusione di questo prodotto, e la conseguente commercializzazione su ampia scala, comporta una serie di sfide di diverso tipo. Il primo pericolo è reso dall’uniformità del prodotto richiesto dalle grandi catene commerciali che stanno puntando sulla quinoa, che minaccia la straordinaria diversità genetica, a cui è legata una gamma di propietà nutritive e organolettiche a seconda della specie, uniformandole su prodotti standard (per esempio quinoa bianca). Il secondo pericolo è quella della produzione a grande scala, come avviene in parte della produzione boliviana, sul modello monocolturale, con relativa minaccia all’equlibrio ecologico e una crescente vulnerabilità delle piccole economie agricole famigliari. Un ultimo pericolo è quello che l’elevato costo, senza una politica di differenziazione di prezzi, porterebbe moltissime comunità tradizionali a commercializzare la propria produzione a scapito dell’autoalimentazione.
La situazione è in realtà molto complessa, e sicuramente l’attuale successo e “moda” della quinoa sta avendo l’innegabile merito della sua rivalorizzazione, anche da parte di comunità locali originariamente produttrici e consumatrici, che influenzati da un’egemonia culturale e da modelli di consumo dominanti, avevano condotto un progressivo e inesorabile abbandono del suo consumo, tacciato come cibo di “indios”, insieme alle altre forme di vita e cultura comnsiderate arcaiche a antimoderne.
Questa rivalorizzazione della quinoa in Perù si realizza nell’ambito de più ampio movimento di diffusione della gastronomia nazionale, che negli ultimi anni ha promosso una serie di iniziative culturali e lo sviluppo di un settore imprenditoriale legato al turismo e ai servizi di ristorazione. Questo boom della cucina peruviana, che ha interessato anche alcuni opinion leaders del settore a livello internazionale, come Ferran Adriá e Carlo Petrini, si riassume nello slogan lanciato dal grande chef promoter peruviano Gaston Acurio: “Cucina come arma sociale”. Cioé, la cucina, la gastronomia peruviana in questo caso, come un settore che produce impatti positivi a vari livelli: riscatto culturale, promozione della corretta nutrizione, innovazione, auto-imprenditorialità, conservazione della diversità biologica. L’aspetto interessante di questo fenomeno è il grande coinvolgimento anche da parte di vasti settori popolari, sia nelle zone urbani che rurali, che lo rendono appunto trasversale. Il boom gastronomico è infatti riscontrabile nei ristoranti chic e gourmet di Lima o Cusco, ma anche nelle osterie tipiche della capitale o di qualsiasi città di provincia. Infine, molta importanza, nel discorso ufficiale e nelle iniziative connesse alla promozione della gastronomia, viene attribuita alla lotta contro la malnutrizione, che sebbene a livello nazionale sia scesa al 5,9%, nelle aree rurali più povere, soprattutto andine, zone di oririgine di prodotti come la quinoa, raggiunge ancora indici del 50% di bambini con deficit calorico.
Il riscatto di questo grano andino ha prodotto l’interesse della FAO che ha dichiarato il 2013 come Anno Internazionale della Quinoa; nella pagina web ufficiale la quinoa viene segnalata con questi slogan: “Un futuro seminato migliaia di anni fa”, “Da un alimento di base alla cucina gourmet”, “Dall’America per il mondo”, “Un contributo alla sicurezza alimentare mondiale”.
Ma, aldilà della retorica ufficiale e dalle buone intenzioni, ancora un volta il pericolo resta quello di trasformare un prodotto che racchiude un enorme patrimonio culturale e biologico, in una semplice merce, e che quindi dovrà sottostare alle leggi del mercato e ai suoi cicli. La promozione della quinoa si spera dovrà essere accompagnata dal riconoscimento del valore incommensurabile di questo patrimonio, un riconoscimento che deve partire e radicarsi soprrattutto nei paesi produttori e nelle comunità di origine, recuperando la dignità di quello che fu l’autentico Oro degli Incas.

Mario Mancini
ProgettoMondo Mlal

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