venerdì 15 marzo 2013

Primo Francesco, primo latinoamericano, primo gesuita: segni dei tempi anche per la Chiesa cattolica


Lima, 14 marzo 2013 - di Mario Mancini, ProgettoMondo Mlal. Primo Francesco, primo latinoamericano, primo gesuita. E per di più con un solo polmone, l’altro asportato in gioventù per un problema respiratorio, figlio di genitori italiani astigiani EMIGRANTI (immaginate un giorno un Papa Perez italiano figlio di ecuadoregni, ma anche se fosse solo un Rodriguez sindaco di Busto Arsizio) in Argentina, e tifoso della squadra del San Lorenzo de Almagro, i “cuervos” , tra i 5 club “grandi” dell’Argentina, e quindi considerato “santo” dalla culla.
In questi primi giorni di elezione, pullulano sul web biografie e tutte coincidono su molti aspetti: grande austerità, semplicità e rifiuto di qualsiasi forma di lusso, vicinanza con gli ultimi, profonda esperienza pastorale; ma anche conservatore con i progressisti – freddezza per la Teologia della liberazione, radicale opposizione alle coppie gay-, e progressista con i conservatori – ultima omelia contro l’ipocrisia dei sacerdoti che non battezzano i figli avuto fuori dal matrimonio, come “gli ipocriti di oggi, quelli che clericalizzano la Chiesa, quelli che allontanano il popolo di Dio dalla salvezza”.  
E un grande punto interrogativo mai pienamente risolto: il suo comportamento durante la dittatura militare (1976-1983), quando era provinciale della Compagnia di Gesú (1973-1979).
Sul quotidiano argentino, progressista “Pagina 12” ci sono alcuni articoli interessanti, soprattutto uno di Horacio Verbitsky che lo definisce un “ersatz”, che in tedesco vuol dire qualcosa di qualità inferiore, un succedaneo. Questo giornalista di investigazione ha scritto vari libri sui rapporti tra Chiesa Cattolica e dittatura militare, tra cui L' isola del silenzio. Il ruolo della Chiesa nella dittatura argentina, in cui cita il caso di due gesuiti rapiti e torturati dai militari e poi rilasciati che, secondo le accuse, furono “consegnati” da Bergoglio: un’accusa da lui sempre respinta avendo sostenuto, al contrario, di essersi impegnato addirittura con Videla e Massera per la loro liberazione.
Un altro articolo, sempre apparso su Pagina12, riporta i commenti dei principali esponenti di organismi di diritti umani e dell’associazione “Hijos” (Hijos por la Identidad y la Justicia contra el Olvido y el Silencio), costituita dai cosiddetti “appropriati” durante la dittatura, cioè dai bambini figli di detenute torturate e scomparse che venivano assegnati a famiglie di militari - crudele e criminale adozione (consiglio a questo proposito l’ottimo film “La historia oficial” del 1985), che ritengono Bergoglio, se non propriamente un collaboratore, uno che non ha mai sufficientemente condannato i “genocidi”. Certo, si tratta di un punto forte, ma nemmeno Verbitzky considera Bergoglio un collaborazionista.
Bergoglio in questi anni è stato pure un forte fustigatore del kirchnerismo - soprattutto per l’idea antagonista della politica che ha caratterizzato i governi di Nestor e Cristina, seppure convidesse l’anima sociale delle loro politiche, ma ha sempre avuto una grande autorità morale data dalla sua sincera e quotidiana vicinanza con i più poveri.
Ciò nonostante Francesco è un segnale davvero forte in questo momento. In un’Italia sconvolta dallo Tsunami del M5s - che non è che una rivolta morale contro la cattiva politica e gli abusi dei potenti ai danni dei semplici cittadini- dove, nella più acuta crisi economica dell’ultimo secolo, i pregiudicati sono stati i precari della storia, l’elezione di un Papa austero (la sobrietà è di moda) rappresenta una rivoluzione.
Una rivoluzione nella forma e nel contenuto. Sicuramente sincero, perché cosí è sempre stato il suo comportamento nei panni di un “normale” arcivescovo di Buenos Aires (tra le diocesi più popolose del mondo), vive in un piccolo appartamento, non ha autisti né segretarie, usa bus o metropolitana, predica nelle “villas” di Buenos Aires, restio a usare paramenti cardinalizi o manifestazioni esteriori di potere, non frequenta ristoranti, si cucina da solo.
Una persona “normale”, come è del resto composta la stragrande maggioranza dell’umanità.
E in questa Chiesa, un Conclave cardinalizio che nomina un argentino, gesuita, umile e anticuriale, che accettando la sfida decide di chiamarsi FRANCESCO -gigante della Chiesa- dovrà attendersi riforme o passi radicali verso una Chiesa “povera di spirito”, che apre le porte della “Salvezza” come ha detto l’Arc. Bergoglio, che proprio come Francesco ha dato un’indulgenza generale alla prima apparizione, per dire “vi, e ci, sono rimessi tutti i peccati”.
Ricordiamo poi che il Cardinale Bergoglio era stato il secondo più votato nel Conclave del 2005, rappresentando, e facendo convergere quei voti di un altro gigante –Martini- che nelle prime votazioni aveva rappresentato il gruppo “non conservatore”. Quindi, un voto ritardato, una vittoria della minoranza del 2005, un’elezione rotativa tra i due gruppi...non si sa: sicuramente un voto distante dalla Curia di Roma, di profonda rottura con i segretismi, gli scandali, le contraddizioni di un potere secolare che rappresenta forse l’ombra più cupa della Chiesa attuale.
Molti pontefici dal momento dell’assunzione al trono di Pietro ricevono un sussulto, una liberazione dai fardelli della vita precedente, ricevono un coraggio inusitato a loro stessi per farsi artefici di profondi cambiamenti. Questo ci si attende da un pre-destinato (anche se tutti i “papi” lo sono ecclesiologicamente), da un Francesco.
Un Papa pastore come tanti, pellegrino come tutti i cattolici, vuole essere il simbolo di questa rivoluzione, sperando che non sia solo nella forma, sebbene importantissima (croce di ferro invece che d’oro, auto normale), ma anche nel contenuto. E chissà se un giorno ce lo ritroveremo, sui passi del cardinale Melville, nel geniale Habemus Papam di Moretti, in metropolitana sulla Linea A, o addirittura in curva Sud di un’improbabile Roma-San Lorenzo.
Bergoglio ha accettato la sfida e l’ha aperta senza lasciare nessun dubbio su come vuole la sua Chiesa: povera, quaresimale, pasquale e missionaria.

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