giovedì 22 marzo 2012

Nuovo sbarco ad Haiti. Nel caos tra suv e muli

Appena arrivati, quindici giorni fa, ad Haiti, ci si è materializzato davanti agli occhi tutto il disagio che la popolazione si trova ancora a vivere due anni dopo il terremoto: la difficoltà dello sgombero delle macerie e poi, di conseguenza, quello della ricostruzione.
La capitale Port-au-Prince è molto caotica. Città studiata per 250 mila persone, è abitata da circa 1 milione persone, con tutto ciò che questo comporta. Come in tutte le grandi città, ci sono dei quartieri meno raccomandabili di altri, per attraversare i quali è bene prendere determinate precauzioni, indubbiamente si nota un evidente ampio divario tra la classe più povera e quella più benestante: per rendere l’idea dirò solo che in una stessa strada è facile vedere contemporaneamente avanzare appaiati un mulo e una Cayenne.
Come lo si può vedere anche entrando in un supermercato, dove tutto è carissimo: un litro di olio di oliva costa 12€, una latta di piselli 2,20€, 450g di pasta 2,30€. Per una notte in hotel si spendono almeno 80€, per l’affitto di una casa la spesa è di almeno di 500-600€.
Poi, d’altro lato, c’è la gente che non possiede nulla. Che non ha casa, che mangia tutti i giorni riso, fagioli e banane. Questo è il loro cibo quotidiano, difficilmente riescono a variare.
Un altro problema macroscopico, presente in tutto il Paese, è quello dello smaltimento dei rifiuti.
Qualsiasi scarto finisce per terra, sia che sia biodegradabile sia che sia plastica pura. Perciò ci sono ovunque montagne di immondizia ai bordi delle strade, nei letti dei fiumi, ovunque. E per fare pulizia ogni tanto viene dato fuoco al tutto... facile immaginare l’odore nauseabondo di plastica bruciata..., e cosa significhi per la salute umana il vagare delle diossine...
Dopo 10 giorni di vita in capitale, ci siamo spostati verso l’interno, a Papaye.
È un paesino di campagna, poco distante dalla città di Hinche.
(se lo cercate su google maps scrivete Haiti, Hinche e poi fate un super zoom appena sopra la città (nord est), vi appare la chiesa battista, noi siamo a 10 minuti a piedi da lì).
Ci siamo sistemati in una casetta carina con un po’ di giardino, nel quale ogni giorno passano un sacco di animali: caprette, galli e galline, faraone, cani, gatti, lucertoline verdi...
Abbiamo un pannello solare che ci fornice corrente per illuminare la casa di notte, e in caso di necessità abbiamo anche una lampada solare che può fare luce per un paio di ore!
In casa ci sarebbe anche un frigorifero, ma nella costruzione della casa hanno sottodimensionato l’impianto, così quando proviamo ad attaccarlo salta tutto.
Non abbiamo accesso continuo all’acqua, ma solo in determinati momenti. Di conseguenza, disperse tra il bagno e la cucina, abbiamo sistemato bacinelle per raccoglierla... Anche perché dobbiamo ancora capire quali sono le fasce orarie esatte in cui viene aperta l’acqua, e l’abbiamo invocata in così tanti momenti che viene facile comprendere quanto sia fondamentale per tutti noi l’accesso all’acqua. Per fare la doccia scaldiamo un pentolone di acqua, e con un secchio ci si lava... provare per credere! Per bere, invece, dobbiamo acquistare bottiglioni di acqua purificata che purtroppo però non contengono sali minerali... In sintesi è come se bevessimo acqua distillata e i nostri muscoli ne risentono già... Dunque ci organizzeremo per comprare dei sali da sciogliere dentro.
Da queste parti ci si sposta in moto, a cavallo, con l’asino o a piedi. Per cucinare tagliano la legna e ne fanno carbonella. E questo è un altro problema grossissimo: hanno stimato infatti che nel Paese solamente l’1,5 % di suolo è ancora ricoperto da alberi. Praticamente il Paese è stato quasi completamente deforestato.
In questi giorni abbiamo iniziato a conoscere i nostri colleghi haitiani. Abbiamo la difficoltà della lingua ma anche la fortuna che molti di loro hanno studiato in Repubblica Dominicana o a Cuba, perciò ci si arrangia anche con lo spagnolo.

Luisa Zamperini
equipe Nuove Energie
ProgettoMondo Mlal Haiti

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