giovedì 31 marzo 2011

La rivoluzione dei pantaloncini kaki

da Bobodioulasso - Sono da poco arrivata in Burkina Faso e, subito, mi sono imbattuta in una situazione politica molto particolare.
Sfogliando le pagine dei maggiori giornali locali, come quelle de “L'Observateur”, ci si imbatte pressoché ogni giorno nei cosiddetti ‘fatti di Koudougou’, e nella cronaca degli eventi che ne sono derivati, su quella che é stata già ribattezzata la “Revolution en culottes kaki”, per via del colore delle divise scolastiche. Si tratta della rivolta degli studenti che da più di un mese manifestano in diverse città del Burkina Faso a seguito della morte di un ragazzo, Justin Zongo, avvenuta la notte tra il 19 e il 20 febbraio 2011, a Koudougou.
Secondo gli studenti, Justin sarebbe morto a causa delle percosse ricevute dai poliziotti, i quali, diversamente, sostengono di aver convocato il ragazzo per tre volte a partire dal 17 dicembre, dopo aver ricevuto una denuncia a suo carico da parte di una compagna di classe, ma di aver appreso del suo decesso il 22 febbraio e appurato che esso sarebbe dovuto a meningite.
Sulla questione non è ancora stata fatta chiarezza, ma a partire dal 22 febbraio giovani e studenti sono scesi in strada per manifestare e chiedere giustizia e verità riguardo la morte del loro compagno. Le manifestazioni sono state violente e lo scontro con le forze dell’ordine ha portato a un bilancio finale di 6 morti - quattro studenti, un poliziotto e un meccanico coinvolto casualmente- e numerosi feriti. La rivolta si è estesa dapprima nelle altre località della provincia e successivamente nelle città dell’intero Paese, caratterizzata da scontri piuttosto violenti in cui sono stati incendiati o danneggiati numerosi edifici tra cui i commissariati di polizia, la residenza del Governatore della Regione del Nord, la sede del Consiglio Regionale, etc.
Già nelle manifestazioni del 22 febbraio si erano ascoltati slogan come ‘la Tunisia è a Koudougou’ e ‘Il Burkina avrà il suo Egitto’. Di sicuro i giovani hanno manifestato anche forti delle esperienze vissute dai loro coetanei in Tunisia, Egitto e Libia.
Per quanto riguarda la situazione a Bobo-Dioulasso, dove si trova l’ufficio di ProgettoMondo Mlal, è tutto abbastanza tranquillo, ci sono state delle manifestazioni a fine febbraio ma senza risvolti violenti. Gli interrogativi sull’intera questione sono però tanti, soprattutto ciò che manca è una reazione da parte del governo, il quale si è limitato a fare la conta dei danni provocati dai manifestanti e a condannare le derive violente.
Diversi cittadini hanno sottolineato la scarsa attenzione rivolta alle problematiche del proprio Paese in favore della questione della Costa d’Avorio –la quale attraversa da 10 anni un’impasse politica molto pesante e che attualmente è nuovamente ripiombata in una situazione di guerra civile (i dati ONU rivelano che circa 460 persone sono morte dalla fine del 2010 ad oggi), dal momento che a seguito delle elezioni tenutesi il 28 novembre 2010, il Presidente in carica Gbabo, non ha voluto riconoscere la vittoria del suo rivale Ouattara-. In un articolo dell’Observateur del 15 marzo, un insegnante accusa la mancata attenzione rivolta ai fatti di Koudougou e afferma che ‘sarà meglio riflettere sul fatto che in Tunisia è stato un venditore ambulante a determinare la dipartita di Ben Ali’.
L’UNEF - l’Union des Etudiants du Faso-, diverse sigle sindacali come ad esempio la CGT-B -Confédération Générale du Travail du Burkina-, i partiti dell’opposizione e gruppi società civile, hanno emesso delle dichiarazioni e avanzato richieste ben precise : la creazione di una commissione d’inchiesta indipendente sul caso Zongo, la riforma del corpo di polizia, la presa in carico dei feriti durante le manifestazioni del 22-24 febbraio e le dimissioni dei Ministri della Sanità e della Sicurezza per non aver ancora fatto chiarezza sugli avvenimenti di Koudougou.
Le scuole sono rimaste tutte chiuse fino al 28 marzo per far calmare le acque e cercare di ridurre le possibilità di manifestazioni studentesche. Alla ripresa, non sappiamo di nuove manifestazioni anche perché, in queste ore, tutta la stampa e il Paese sono concentrati su nuovi avvenimenti violenti causati stavolta dalle forze militari.

Luisa Gelain
Casco Bianco in Burkina Faso

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