martedì 15 febbraio 2011

La città di Rosario dice no alla segregazione urbana

L’Argentina, così come molti paesi dell’America Latina, è caratterizzata dalla presenza di moltissimi quartieri privati, veri e proprio ghetti per ricchi, circondati da filo spinato, con guardie alle entrare. Luoghi nei quali le persone che se lo possono permettere si autosegregano per proteggere le loro case e per sfuggire all’insicurezza che, a loro modo di vedere, regna all’esterno.
I Country, come vengono chiamati, assomigliano più a caserme o a villaggi vacanze che a centri abitati tanto che, per uno come me che arriva da Vicenza, città in cui capita spesso di passare a fianco della Caserma Ederle, sede dei militari americani, viene spontaneo confondersi.
Le prime volte, appena arrivato spesso, chiedevo ad amici o colleghi di lavoro cosa fossero questi immensi terreni, pieni di casermoni e case, circondati da filo spinato, e molti di loro mi rispondevano stupefatti: “Esto es un country!!”, finché mi sono reso conto di quanto in Argentina sia diffuso questo tipo di “segregazione urbana”.
Il quartiere privato o sorvegliato, di cui abbiamo esempi anche in Italia, è davvero molto comune in questo Paese. Se ne possono trovare di ogni genere, estensione e posizione. La città di Buenos Aires, ad esempio, conta ben 565 Country.
Anche Cordoba è caratterizzata da questi quartieri, tanto che molti esperti e studiosi del tema habitat cominciano a considerare la situazione preoccupante.
Prodotto di una cultura dell’insicurezza, all’interno di un Paese instabile da un punto di vista economico come l’Argentina, questi luoghi di segregazione sono in continuo aumento e segnano violentemente la differenza sociale presente tra popolazione. Inoltre sono un enorme ostacolo all’integrazione e alla possibilità di avere città costruite e vivibili in modo collettivo, e non suddivise in quartieri dei ricchi e in quartieri dei poveri.
Le famiglie che si chiudono nei “country” o “barrios cerrados”, come se entrassero in un altro mondo, in una sfera protettiva, rispetto a tutto ciò che ogni giorno incontrano fuori, è senz’altro il sintomo di un forte disagio sociale e dell’incapacità di un popolo a sentirsi uniti al di fuori delle più banali tradizioni come rimangono quelle del gioco del calcio e delle festività nazionali.
Persone che si autosegregano e che, allo stesso tempo, segregano il resto della popolazione che rimane fuori dai cancelli e dalle reti metalliche. Popolazione che costituisce poi la parte più povera della societá, quella che vive nelle villas in condizioni di vita lontanissime dallo standard minimo di dignità, con molti meno servizi e dunque opportunità concrete di vedere compiuti i propri diritti.
Un fenomeno sociale che ultimamente sta facendo discutere molto in Argentina, con pareri discordanti a favore o contro.
Una novità in questo senso ci arriva però dalla città di Rosario, provincia di Santa Fe, dove, grazie ad un’ordinanza votata dal Concejo Deliberante e promossa da Giros, una ONG integrata nel Movimiento Nacional Campesino, lo scorso 16 dicembre è stata vietata la costruzione di Country nel territorio della città di Rosario. Un risultato importante ottenuto con 2 mesi di lotta e mobilitazione.
María Eugenia Bielsa, legislatrice della città ed esponente della lista Encuentro por Rosario, afferma con orgoglio come questo rappresenti “un passo importante verso un nuovo modo di pensare la città, un esempio per tutto il Paese del fatto che lo spazio pubblico non debba essere privato per nessuno”.
Recentemente le nazioni Unite avevano ammonito l’Argentina, e soprattutto le città di Cordoba, Mendoza, Buenos Aires e Rosario, su come la segregazione residenziale sia un elemento pericoloso che acuisce il disagio sociale delle classi più povere, in quanto rivela e identifica nello spazio urbano le evidenti disuguaglianze sociali presenti nel Paese che poi costringono i gruppi più poveri a vedersi relegati in territori con meno servizio e beni a disposizione.
Speriamo che l’esempio di Rosario sia l’inizio di un processo di cambiamento.

Nicola Bellin
Progetto Habitando
ProgettoMondo Mlal Argentina

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