venerdì 30 luglio 2010

Tra dediche e dolci, è il giorno dell'amicizia anche in carcere

Torte di carote, bucce d'arancia, armonia e sorrisi. I giovani ragazzi del carcere di San Pedro festeggiano il giorno dell'amicizia (anche in Bolivia fissato al 23 luglio) insieme all'equipe del programma Qalauma, nato con ProgettoMondo Mlal per reintegrare nella società adolescenti emarginati.
E mentre i dolcetti si cuociono in un piccolo forno artigianale arrangiato in un buco nel muro con resistente elettriche, i pensieri prendono il via.
Armato di penne, fogli e colori, il gruppo – 15 persone in tutto – si dispone in cerchio. Ognuno scrive il suo nome e lo decora a piacere. Dopodiché passa il foglio al compagno alla destra, che a sua volta scrive un pensiero per passarlo al compagno accanto. E così via.
Il risultato sono una serie di frasi e pensieri commuoventi, non solo per gli educatori, ma soprattutto per gli stessi ragazzi che, per qualche istante, smettono di sentirsi giudicati e maltrattati, per essere semplicemente apprezzati per quello che sono: persone in carne e ossa e non le “bravate” che fanno. Sono ragazzi con cuore e voglia di vivere, sono sensibili e hanno bisogno di sentirsi “umani” in un ambiente tanto freddo e violento come il carcere.
Personalmente è stato il primo giorno dell’amicizia che ho festeggiato in 28 anni ed è stato ricco di emozioni e indimenticabile. Il foglio con scritto il mio nome e con tutte le dediche dei giovani di San Pedro l’ho attaccato in camera mia e orgogliosamente lo mostro a chi mi viene a trovare.

La festa dell'amicizia si è radicata nella cultura boliviana da non più di 5 anni, importata direttamente dagli USA e da qualcuno ritenuta un ulteriore trovata in chiave consumista.
Si tratta di una data abbastanza singolare, ma non isolata: il 12 aprile è il giorno del bambino, il 6 giugno quello del professore, il 7 agosto della bandiera boliviana e il 16 del cane. La festa della donna ricorre addirittura due volte: l'8 marzo per il giorno internazionale e il 13 ottobre per quello boliviano. Ma nel paese latinoamericano non si fanno mancare nemmeno il giorno del mare (23 marzo), quello della polizia (16 luglio), dell’amore (21 settembre), della fertilità (15 agosto), del detenuto (24 settembre) e, infine, la festa della mamma (27 maggio).

Una serie di feste che, se per qualcuno rappresentano solo un pretesto per spendere e investire in regali e biglietti d’auguri o festeggiando al ristorante, per altri possono significare anche un momento di ulteriore slancio per rafforzare i sentimenti reciproci. Così è stato per l’equipe di Qalauma e i ragazzi di San Pedro. Nel giorno dell'amicizia le relazioni “verticali” tra gli educatori e i giovani reclusi in carcere hanno lasciato il posto all'amicizia e alla fiducia già instaurate in questi mesi, ma con l'occasione consolidate. Quale modo migliore di festeggiare il 23 luglio?

Ester Bianchini.
Casco bianco in Bolivia per ProgettoMondo Mlal

giovedì 29 luglio 2010

La favela incontra i contadini. E i preconcetti cadono

Sono giovani e tutti brasiliani. Vivono non molto distanti gli uni dagli altri, eppure non si conoscono granché: gli uni popolano la periferia di Salvador e stanno nelle favelas, gli altri sono contadini, immersi in una comunità rurale a 100 chilometri da Salvador, che fa parte del Movimento dei Sem Terra (Senza Terra).
Farli incontrare era uno degli obiettivi di Casa Encantada, il programma di interscambio culturale e sociale e di solidarietà internazionale di ProgettoMondo Mlal che, tra le altre, sostiene le attività sia dei Sem Terra che quelle di “Vivendo Apprendendo”: progetto nato nella periferia di Salvador e destinato ai più giovani, per educarli e accompagnarli al futuro attraverso lo sport, la cultura e la musica.
Domenica scorsa , grazie alla determinazione di alcuni dei ragazzi coinvolti, l’obiettivo è stato raggiunto.
Un autobus carico di 45 passeggeri tra bambini, giovani ed educatori, è partito all’alba da Salvador per dirigersi nella comunità agricola dei Sem Terra. Tra loro, anche i giovani piacentini che hanno aderito al progetto Kamlalaf, nato nel loro Comune per promuovere percorsi formativi che li portino a confrontarsi con i coetanei di altri Paesi, e accompagnati da Danila Pancotti di ProgettoMondo Mlal.

I figli e le figlie dei contadini, una ventina in tutto, si presentano con timore all’incontro: timidezza e vergogna in un primo momento non li fanno coinvolgere. C’è bisogno di conoscersi.
Al via le presentazioni, quindi, per dare spazio a domande, riflessioni , curiosità e ottenere un autentico momento di scambio.
Come si vive in favela ? Quali sono le prospettive, invece, dei giovani che vivono nelle campagne?
Uno ad uno cadono i preconcetti: chi sta nella favela non vive solo di droga e violenza e in campagna non si pensa solo a coltivare la terra, ma anche a difenderla.
Realtà che si conoscono e scoprono di combattere per gli stessi obiettivi: la giustizia e i diritti dei cittadini.
E che si conoscono meglio anche tramite la loro voglia di fare e le attività che li impegnano.
Sciolte le incertezze iniziali, sta quindi al gruppo teatrale del Movimento Sem Terra dare il via alle attività organizzate, interpretando scenari ben noti in Brasile: il preconcetto verso il negro, l’abuso di potere della polizia militare e la mancanza di cure da parte del Comune e dello Stato per i figli afro-discendenti, senza terra e di periferia.
Al teatro seguono musica e danza, quelle dei ragazzi di "Vivendo Apprendendo", fatte di percussioni, canto e capoeria.
Non ci si ferma nemmeno per il pranzo. Tra un boccone e l’altro dei piatti genuini preparati con i prodotti della campagna circostante, i ragazzi si sfidano a calcio e a rugby, incuranti delle pozzanghere e del fango che, con le piogge settimanali, hanno trasformato il campo sportivo in una specie di palude.
Musica, festa e allegria. E perché no? Anche qualche laboratorio tra capoeria, danza e percussioni.
L’emozione cresce scrutando un bimbo di 5 anni suonare senza problemi, e mantenendo ritmo, un tamburo molto più grande di lui; o alla vista un gruppo di ragazzine – inizialmente restie a partecipare all’incontro -scatenarsi infine nella danza guidate dall’insegnante.
E poi il colpo di scena. Che arriva quando un ragazzo del progetto Vivendo Apprendendo incontra i tre fratelli da parte di padre mai prima conosciuti, scoprendo così che unaparte della sua famiglia vive proprio in quella comunità agricola.
Non restano che i saluti, ma non prima di aver ricevuto in ricordo la bandiera del Movimento. E si lasciano i giovani contadini con la certezza che il cammino di crescita ora proseguirà nella consapevolezza di non essere soli. Con determinazione, fantasia e poche risorse economiche si può fare molto, la giornata di scambio lo ha dimostrato.

Loris Campana
ProgettoMondo Mlal , Casa Encantada
Brasile

martedì 27 luglio 2010

Sudan e Paraguay. La fotografia che scatta il confronto

Una mostra fotografica che mette a confronto e traccia parallelismi tra le comunità rurali del Sud Sudan e culture e usanze tipiche del Paraguay. Un percorso esposto di recente ad Asuncion e realizzato dal nostro cooperante Marco De Gaetano, attualmente capoprogetto del programma di sicurezza alimentare “Terra e Sviluppo”, promosso da ProgettoMondo Mlal e destinato a 12 mila famiglie di agricoltori nelle zone rurali più depresse del Paraguay.
“L’idea di mostrare foto del Sud Sudan e del Paraguay nasce dal desiderio di raccontare attraverso immagini la mia esperienza di vita personale e professionale come cooperante tra il continente africano e quello sudamericano negli anni compresi tra il 2007 ed il 2010”, spiega De Gaetano.
Paesi lontani, eppure scenari di realtà comuni. Prime fra tutte le guerre estenuanti che hanno arrecato sofferenze ancora vive in entrambi i paesi, se pur in periodi diversi.
Queste foto sono state scattate durante la implementazione di progetti di sicurezza alimentare e sviluppo rurale -prosegue De Gaetano -. Sono immagini che vogliono rendere omaggio alle comunità rurali Murle che vivono nello stato di Jonglei in Sud Sudan e ai contadini del nord est paraguayano che, nella loro grande umanità e ospitalità, hanno condiviso con me giorni indimenticabili”.

Per saperne di più, Parauy.com

lunedì 26 luglio 2010

Betty: venditrice boliviana che ha stravolto la sua vita

Betty è una contadina di Taquina che, fino a circa un mese fa, per due settimane al mese lavorava per AIPAI, l’Asociacion integral de productores Arco Iris che è tra le associazioni di contadini che collaborano con ProgettoMondo Mlal nel programma “Vita Campesina”.
All’interno dell'associazione Betty aveva il ruolo di venditrice, si occupava della commercializzazione dei prodotti. Due i modi in cui lo faceva: o andando di negozio in negozio a promuoverli, oppure montando il suo banchetto alle ferie e ai mercati. In entrambi i casi il problema più grande era quello di riuscire a spostarsi. Non ci sono mezzi pubblici nella zona e l'unico modo è quindi quello di mettersi sulla strada e aspettare che qualcuno ti dia uno strappo fino a Cotagaita, il paesino di riferimento per gli abitanti della zona.
Lavorare come venditrice ha fatto bene a Betty, ora è più sicura di sé e lentamente si sta togliendo di dosso l’errata convinzione di essere una contadina buona solo per il campo. Vedere gente e uscire dalla sua zona le ha fatto superare paure e insicurezze.
Betty è una persona sensibile e silenziosa. Quando sorride abbassa lo sguardo e i primi tempi, a volte, pensando di disturbare, non chiedeva aiuto. Per fortuna, poi, prendendo confidenza, si è lasciata
conoscere.
Ha 38 anni. Non saprei dire se ne dimostra di meno o di più, qui a volte tutto sembra in una bolla temporale che procede secondo tempi e direzioni diverse dalle nostre.
Betty ha un figlio solo, strano per i canoni di qui. Del resto, non si tratta di una scelta, ma il motivo sta nella fine della storia con suo marito: un discreto bevitore che, oltre alle botte, non aveva molti altri canali tramite cui esprimere il suo affetto. Quando la cosa si è fatta, oltre che insopportabile, anche pericolosa, Betty è tornata a casa dei suoi genitori, ottenendo poi la separazione. Oggi il figlio ha sedici anni, il prossimo novembre finisce il liceo e ancora non ha deciso se iscriversi all'università.
Betty circa tre settimane fa si è licenziata, da due settimane è scomparsa. In paese si dice che sia andata a vivere in Beni. Il Beni è la regione amazzonica più a nord della Bolivia, considerando che Cotagaita è in una delle regioni del sud, è come se una siciliana si trasferisse in Val d'Aosta. Il paragone funziona molto bene anche per i tipi di climi e i caratteri delle persone delle due differenti regioni. Non so come si trovi lì, penso bene, il mormorio è che si sia innamorata di uno di là. Per stravolgere così la sua vita deve essere molto innamorata.
Betty per AIPAI lavorava duro. Una volta, due anni fa, nel periodo della trasformazione della marmellata ha perso la parte finale di un dito in una delle macchine per pulire la frutta. Da quando non c'è se ne sente di certo la mancanza. Forse ha fatto la scelta giusta ad andare in Beni. Alla fine, però, penso che tornerà.

Martino Bonato,
casco bianco ProgettoMondo Mlal in Bolivia

venerdì 23 luglio 2010

Sonnambulismo o scarsa memoria. I piccoli di Haiti tra traumi e paure

Jean ha 9 anni e frequenta la quinta di quella che, ad Haiti, viene chiamata scuola fondamentale, e garantisce l'istruzione fino al periodo delle medie. Da dopo il sisma, lui che è sempre stato considerato dai suoi insegnanti uno studente brillante, non riesce più a memorizzare e comprendere le lezioni.
Come lui, anche Bien-Aimé, frequenta la scuola Betsaléel: una delle cinque che ProgettoMondo Mlal si è impegnata a ricostruire dopo il tremendo terremoto che ha devastato l'isola all'inizio dell'anno. E per la piccola Bien-Aimé il terremoto ha significato l'inizio di momenti di incoscienza, insieme a episodi di vero e proprio sonnambulismo.
Poi c'è Louise, quindicenne della scuola del Buon Pastore, per la quale ridere è diventata una reazione al trauma quasi costante. Le sue risposte ai fatti quotidiani, per i docenti, sono sempre contrarie alle aspettative, e del tutto imprevedibili.
Sono troppi gli episodi di preoccupanti reazioni da post trauma che sono affiorati tra i più piccoli dopo quel terribile 12 gennaio, ed è impensabile lasciarli irrisolti.
Casi che richiedono l'assistenza psicologica di persone esperte e che, in questi mesi, hanno portato alla realizzazione di una serie di dossier su cui basarsi per meglio analizzare e comprendere come gestire la situazione.
L'equipe del progetto “Scuole per la rinascita”, dopo un confronto con insegnanti e direttori delle 5 scuole coinvolte, ha avviato un programma di terapia basato su una serie di attività psico ricreative in cui gioco, danza e arte hanno un ruolo centrale.
Giochi che siano competitivi e ricreativi insieme, danze accompagnate da canti popolari o da un utilizzo in chiave umoristica del mezzo radiofonico. E poi pittura e soprattutto teatro, per insegnare ai bambini a superare le peripezie della vita e arrivare, lottando, ai risultati desiderati.
Intanto sono stati installati gli hangar su 3 delle scuole del progetto. Ma le difficoltà restano ancora molte. Solo poche scuole rimarranno aperte fino alla metà di agosto. Professori e direttori lamentano la lentezza dello Stato nella distribuzione dei fondi ormai sbloccati dalla Banca Mondiale e finalizzati a sostenere le scuole private colpite dal sisma. Finora infatti non è ancora stata resa nota la lista di quali di esse potranno effettivamente accedere al fondo e a partire da quando.
Altro aspetto del progetto d'emergenza attivato subito dopo il 12 gennaio, è quello che ha per obiettivo la ripresa agricola di Léogane. Come utilizzare concimi, pesticidi e produrre legumi sono tre dei quattro corsi di formazione destinati a oltre centro agricoltori della zona già portati a termine. E fortunatamente il Cescal – il centro per i servizi agricoli di Léogane costruito per i produttori della zona durante il precedente progetto ad Haiti, Piatto di Sicurezza – ha ancora integri tutti gli utensili necessari alla trasformazione della farina. Mancano però i barattoli necessari alla trasformazione della frutta, e anche il rifrattometro per il controllo dell'acidità dei prodotti, distrutto dal sisma, oltre ai ripiani su cui mettere a essiccare gli alimenti.
Insomma, qualche passo avanti lo si fa, ma la strada – come prevedibile – è ancora lunga. E per essere affrontata continua ad aver bisogno del coinvolgimento e del sostegno di tutti, mentre chi lavora sul campo individua priorità e interventi più urgenti da attuare, e ne organizza l'avvio.

Julien Blachier
capoprogetto Scuole per la Rinascita

mercoledì 21 luglio 2010

Freddo intenso in Bolivia, con la nevada del Carmen

Un freddo intenso ha investito la Bolivia la settimana scorsa. La parte bassa del Paese è stata interessata da un'ondata di aria gelida proveniente dall’Argentina, di un'intensità che non si registrava da dieci anni. È il surazo, corrente d’aria fredda e umida che sopraggiunge puntualmente in inverno, ma la cui portata è variabile di anno in anno. Anche i dipartimenti “in altura” hanno registrato nevicate sulle cime e forti gelate, che hanno causato alcuni danni all’agricoltura. Il Ministro dell’Istruzione ha disposto come contromisura di posticipare di mezz'ora l’inizio delle lezioni, e nelle regioni più fredde sono stati indetti tre giorni di chiusura delle scuole.
A Cochabamba (“la città dell’eterna primavera” dove non arriva mai il freddo vero, nonostante i 2.600 metri d’altura) si sono avuti solo due giorni di pioggia e forte vento, mentre sulla cordigliera circostante è giunta la cosiddetta nevada del Carmen. Si tratta di una nevicata che cade rigorosamente in prossimità della festa della vergine del Carmen, imbiancando le cime di Cochabamba. Secondo la tradizione indica l’arrivo dei giorni più freddi dell’inverno, dopodiché le temperature cominceranno gradualmente a salire.
Sabato e domenica sono stati centinaia i cochabambini che si sono recati alle pendici del Cerro Tunari (simbolo della città e la cima più elevata della zona, 5035 m slm) per toccare, fotografare e godersi la neve, costruendo pupazzi e scivolando coi copertoni sui pendii. È stato un piacere condividere con alcuni amici boliviani questa piccola gioia, che a dire il vero ha contagiato anche me, felice di pestare un po' di neve. Sempre bello d’altronde, siano Alpi o Ande.

Leonardo Buffa
casco bianco ProgettoMondo Mlal in Bolivia

lunedì 19 luglio 2010

Un plastico contro il degrado. Nuovo quartiere a Cajazeiras

Immaginare il futuro del proprio quartiere. Risolverne problemi e conflitti interni. E farlo a partire da un plastico, un semplice modellino che potrebbe rappresentare l'inizio della svolta, per lo meno quella abitativa. Siamo a Cajazeiras, un comune a pochi chilometri da Salvador de Bahia, in Brasile, dove le abitazioni abusive che sono state costruite intorno ai palazzoni nati tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli '80 per essere destinati a funzionari pubblici e classe sociale media-bassa, hanno dato vita nel tempo a una vera e propria favela.
Oggi Cajazeiras conta 600 mila abitanti. In molti sono arrivati dalla città di Salvador e, non riuscendo a ottenere una casa, hanno occupato il suolo intorno al complesso di palazzi, generando conflitti interni tra chi vive nelle strutture cosiddette “formali” e chi in quelle “informali” spesso improvvisate.
Mancano scuole, strutture sanitarie e tutte le infrastrutture necessarie a una comunità di migliaia di abitanti. Servizi carenti già prima del crescere esponenziale delle abitazioni abusive, e che nel tempo lo sono diventati sempre di più.
Alcuni giovani ragazzi del progetto sociale “Casa Do Sol”, nato nella zona nel 1997 per offrire un punto di riferimento e di formazione permanente agli abitanti della favela e sostenuto da ProgettoMondo Mlal, hanno quindi realizzato un plastico di come vorrebbero diventasse il comune in cui vivono. Un modellino presentato di recente alla Facoltà di architettura dell'Università di Firenze, intenzionata a chiedere all'Unione Europea i finanziamenti necessari a intervenire concretamente sull'assetto urbanistico di Cajazeiras.

Altair Honorato Pachelo, detto Tatà, è uno dei 27 educatori di Casa Do Sol. È venuto in Europa per partecipare a un convegno sulle periferie a Zurigo e incontrare poi docenti e studenti dell'Università di Firenze, cui presentare, oltre al plastico, anche le attività e la storia dello spazio in cui lavora.
Fondata dal missionario della diocesi di Bolzano, padre Luis Linter, e dalla volontaria laica Pina Rabbiosi, Casa Do Sol è stata pensata per dialogare con la comunità del luogo, prima di tutto individuando e formando leader all'interno di essa, per poi dare vita a uno spazio centrale per famiglie e bambini.
Lavoriamo con un degrado umano spesso avanzato – spiega Tatà -. Il nostro intento è di aiutare queste persone e riscattarle umanamente, oltre che dal punto di vista economico e sociale. Ma loro devono essere motivate a intraprendere questo percorso”.
Le 600 persone che frequentano la Casa sono quindi selezionate, oltre che per il disagio economico che le affligge, proprio in base alla loro intenzione o meno di intraprendere un iter formativo permanente. Genitori accanto ai figli, bambini o adolescenti che siano.
“La cosa più bella è vedere come adesso i piccoli che sono diventati maggiorenni vogliano diventare loro stesso educatori per contribuire alla formazione dei nuovi arrivi. Lavoriamo attingendo all'energia che ciascuno può mettere in campo per la comunità di cui fa parte, in un processo in divenire, sempre attento a ripensare metodologie e approcci”.
Tatà è venuto in Italia anche per mettere nero su bianco la nuova convenzione stipulata con ProgettoMondo Mlal, che ne promuove e sostiene gli intenti attraverso il progetto “Casa Encantada” e il programma di sostegno a distanza strutturato e sistematico, che nasce dall'incontro e la visita del luogo.
“Casa Encantada, oltre a far visitare la nostra realtà a persone che molto spesso decidono poi di sostenerci, mette a disposizione anche i propri spazi per i nostri incontri di formazione, e acquista il pane sfornato dalle nostre cucine”, conclude Tatà, che in questi giorni proseguirà la sua permanenza in Italia proprio per incontrare chi già sostiene il progetto sociale per il quale lui è sceso in campo ormai da anni.

Chiara Bazzanella
Ufficio Comunicazione
ProgettoMondo Mlal

giovedì 15 luglio 2010

Ex detenuti come cuochi e camerieri. Succede a Prato Feliz

Piatti succulenti a prezzi modici, nell'unico ristorante all'aperto in pieno centro a Nampula. Dove a lavorare sono gli ex detenuti, coinvolti in un progetto di reinserimento sociale che ha preso il via con il programma di ProgettoMondo Mlal “Diritti in carcere”.
Il ristorante O Prato Feliz (Il Piatto Felice) è una creatura del Centro socioculturale Ohakallala, vero e proprio spazio in cui, in collaborazione con l'associazione Ephatto na conga, la nostra organizzazione promuove e accompagna il reinserimento di chi è stato recluso in una della carceri di Nampula. Si tratta di uno spazio polivalente in cui, oltre all’attività di ristorazione, sono state avviate diverse iniziative culturali legate all’arte, un vivaio di piante e di fiori ornamentali.
Dopo ben tre gestioni sperimentali oggi il ristorante ha finalmente trovato un assetto equilibrato e gustoso, e propone piatti tipici della zona nord del Mozambico.
Prato Feliz apre i battenti già alle 8 di mattina con l’arrivo di Fernando, un giovane che si occupa della gestione generale del ristorante, e di Genna donna mozambicana di origini indiane che, aiutata dalla mitica mamà Irene, fin dalle prime ora inizia a cucinare. La preparazione dei piatti ha dei tempi molto più lunghi di quelli a cui si è abituati in Italia. La preparazione di un piatto a base di gallina, ad esempio, inizia con l’acquisto dell’animale vivo al mercato! E perciò il tempo di preparazione consta di tutte le fasi a partire dall’uccisione della gallina, allo spennamento, alla sua preparazione. Questo di regola accade in tutti i piccoli ristoranti del Paese.
Oltre a Fernando, Genna e Irene, a “Piatto Felice” lavorano anche il signor Cachote, un ex detenuto che si occupa di servire ai tavoli, e Taddeo che dà una mano nei piccoli lavori di manutenzione e nelle incombenze quotidiane.
Il menù è costituito principalmente dai piatti del giorno, piatti di cucina locale con un prezzo decisamente abbordabile: il cosiddetto pranzo del lavoratore.
Di sabato è prevista carne di capra alla griglia, martedì pesce con riso al cocco, mercoledì pollo fritto e pomodoro… Ma non c’è mai un prezzo fisso poiché il cliente può scegliere quantità e contorni, e perciò il piatto diventa componibile e il prezzo varia.
E poi il ristorante, come parte integrante del Centro Ohajkallala, è sempre luogo di incontri ed eventi diversi. Spesso compaiono i fiori sui tavoli, poesie appese qui e là e, il sabato sera, ospita ogni volta uno spettacolo diverso. Il cliente del ristorante può insomma gustarsi tranquillamente una birra gelata, mangiare qualcosa e assistere agli spettacoli, sempre gratuiti.
Insomma un po’ quella che era da noi il bocciodromo, struttura polivalente, per il popolo e fatto dal popolo.
Il ristorante Prato Feliz, come il resto del Centro, è stato inaugurato lo scorso 17 aprile con la cerimonia tradizionale celebrata dai regoli, veri e propri detentori di un potere tradizionale che, in Mozambico, hanno ancora una forza equiparabile a quella delle autorità istituzionali.
La cerimonia tradizionale comprende diverse azioni che vanno dalle preghiere alle offerte agli spiriti, dal banchetto gratuito (importante offrire in questo caso) per tutti gli invitati.
In questa occasione io stesso mi sono trovato in ginocchio sotto l’albero più antico ornato di incenso, candele e teli bianchi, a parlare nel mio dialetto (quello di Como!) e ad augurare una prosperità al luogo, invocando gli spiriti dei miei antenati.
Partecipare attivamente, e con coinvolgimento, a un'usanza tradizionale insieme ai locali ha dato un senso alla nostra Ong (e a me come rappresentante di ProgettoMondo nel Paese) che va oltre l’inaugurazione di un ristorante.

Stefano Fontana
capoprogetto Diritti in carcere

martedì 13 luglio 2010

Un appello per la scuola pubblica e il suo futuro

Intercultura, apertura al territorio, integrazione.E uno sguardo più attento al Sud del mondo. Parole che rischiano di trovare sempre meno un riscontro concreto nella scuola pubblica di oggi che, con i devastanti tagli recenti, tende a soffocare la trasversalità culturale, a scapito delle nuove generazioni e della loro apertura al futuro.
Ong come ProgettoMondo Mlal si trovano a doversi reinventare, a proporre i propri moduli e laboratori didattici in forme nuove, cercando di superare i continui ostacoli imposti alle scuole in termini di possibilità economiche, e non solo.
Da qui la scelta della nostra Ong di aderire all'appello per la scuola pubblica promosso da una serie di associazioni che – scrivono - “pienamente consapevoli del disegno che questo Governo sta portando avanti nella direzione dello smantellamento della scuola pubblica statale, si propongono di dare vita alla più ampia opposizione sociale e culturale unitariamente a tutti quei movimenti, organizzazioni sindacali e forze politiche che vorranno sostenere questa battaglia per il futuro del nostro Paese e della nostra democrazia”.
Un appello rivolto a tutti i lavoratori della scuola, a tutti gli studenti e ai genitori “affinché alta si alzi la voce di chi la scuola contribuisce a farla e a costruirla ogni giorno”.

Per aderire all'appello: www.nonunodimeno.net - info@nonunodimeno.net

venerdì 9 luglio 2010

Tutti in rete per il Marocco

Lo dicono con un sorriso sulle labbra o con la paura nella gola. Ma per tutti l’aspettativa è quella di costruire un futuro migliore per sé e la propria famiglia. I giovani marocchini, specie quelli della regione di Tadla Azilal, vogliono partire, raggiungere l’Europa. Si tratta di un’urgenza, di un sogno, di un progetto di vita mitizzato. Che nella maggior parte dei casi mette già in conto il ritorno ai propri villaggi, paesi, città.
Un'andata e ritorno che spesso non è purtroppo consapevole, che viene affrontata clandestinamente o comunque senza una progettualità concreta e che quindi apre le porte a una serie di inevitabili difficoltà e delusioni.
ProgettoMondo Mlal è impegnata in Marocco – nell’area di Tadla Azilal e con sede nella provincia di Béni Mellal – proprio per far fronte a questa situazione. Per costruire un'idea di migrazione nuova, più cosciente e responsabile: un programma che va ben oltre le possibilità di una sola Ong.
Servono accordi tra Paesi, uno studio approfondito dei flussi migratori e di come sono percepiti dai giovani, delle quote di ingresso, e un orientamento mirato per lo studio o l’impiego all’estero. Ma anche un'analisi puntuale degli investimenti di chi torna al proprio Paese d’origine dopo un’esperienza migratoria e di come attuarli. E poi ancora sostegno alle vittime della migrazione clandestina con la scesa in campo di assistenti sociali e psicologi.
Un lavoro complesso, che ha bisogno di input ed energie sempre nuove. E che ProgettoMondo Mlal ha voluto condividere con una serie di realtà italiane con cui ha già concretizzato relazioni di partnership per le quali, dal 30 giugno al 7 luglio, ha organizzato una visita ai progetti che la vedono impegnata sul campo: l’uno di alfabetizzazione, “Scuola e Sviluppo”, l’altro per contrastare la migrazione clandestina e avviare buone pratiche di cooperazione tra società civile e istituzioni locali “Migrazione, tutti in rete”.
Fitta l’agenda di incontri organizzati con le realtà locali, con cui la nostra Ong collabora, ognuna mirata ad approfondire aspetti particolari della complessa realtà migratoria, nell’ottica di avviare nuovi scambi, sostegni e contributi tra i due Paesi.
Come quello, possibile, tra la Facoltà di Scienze e Tecnologie di Beni Mellal e l’Osservatorio sull’immigrazione dell’Istituto di Ricerche Economico Sociali del Piemonte, Ires, che ha avuto come partecipanti del viaggio il responsabile dell’osservatorio Enrico Allasino, e la ricercatrice Daniela Nepote.
Per incentivare e promuovere nuovi investimenti nel proprio Paese, l’Università – oltre a raccogliere, come ha già iniziato a fare lo scorso anno, una serie di dati sui marocchini residenti all’estero – ha infatti in programma un vero e proprio osservatorio sulla migrazione, finalizzato a facilitare chi rientra nel Paese, fornendogli strumenti di diagnosi e di valutazione sulle prospettive di investimento. Da qui l’ipotesi di una collaborazione con Ires che, a fronte della sua esperienza e del suo coinvolgimento nel progetto, verrebbe ulteriormente coinvolto nell'assistenza tecnica all’Università e per nuovi input su come strutturare l’osservatorio.
Sempre piemontese, ma questa volta di Alba, la cooperativa sociale Orso, per la quale erano presenti Emilio Devitto e Simona Sordo, entrambi impegnati in sportelli informativi l’uno per gli immigrati, l’altro più specifico per i rifugiati. Orso collabora con ProgettoMondo Mlal già da diversi anni e, nell'ambito di “Migrazione, tutti in rete” lavora in Piemonte con associazioni di migranti, anche nell’ottica di fornire una formazione specifica di avvio d’impresa ai marocchini che rientrano nel loro Paese e in generale per il consolidamento delle attività con gli immigrati in Piemonte.
Stessa esperienza, ma con diverse finalità, quella vissuta da alcuni operatori di Genova per i quali il viaggio ha rappresentato un momento di scambio e confronto, a seguito dell’attività di formazione di educatori e insegnanti sul tema dei diritti umani già realizzata lo scorso febbraio da ProgettoMondo Mlal, e in previsione di un ulteriore momento di incontro durante la settimana di solidarietà che si svolgerà a ottobre a Genova a partire proprio dall’esperienza vissuta in Marocco.
Tre le realtà coinvolte, tutte partner del nuovo progetto di educazione allo sviluppo “A scuola di solidarietà” approvato dalla regione Liguria, la cooperativa sociale Coopsse, per cui ha partecipato il referente regionale Giuseppe Giardino; l’Arci Liguria, con Paola Girani dell’Arci migranti di Genova e l’ambito territoriale sociale numero 41 del Comune di Genova, che ha portato in Marocco l’assistente sociale Marzia Bianchi.
Questo viaggio ha significato il consolidamento delle relazioni con realtà che in Italia già collaborano con la nostra Ong – dichiara soddisfatto il responsabile ProgettoMondo Mlal Marocco, Giuseppe Cocco -. Oltre a quello, non sempre facile, con le realtà omologhe in Marocco. Con la nascita dell’osservatorio andrà poi a crescere ulteriormente anche il lavoro con i marocchini residenti all’estero nell’ottica di uno sviluppo delle attività economiche nel Paese nordafricano”.

Chiara Bazzanella
Ufficio Comunicazione ProgettoMondo Mlal

Nuovo operatore italiano per l'equipe di Haiti

Arriverò ad Haiti con tanta voglia di collaborare e di offrire le competenze acquisite nelle esperienze precedenti. Cercherò di contribuire ad ottenere i risultati sperati in un clima di serenità e amicizia”. Questa la promessa con cui è in partenza per Haiti Corrado Di Dio, il nuovo operatore che la Fondazione Albero della Vita, partner di ProgettoMondo Mlal nel programma di ricostruzione ad Haiti, mette a disposizione per rafforzare l’equipe già presente nel Paese.
Corrado Di Dio ha 30 anni, ed è originario della provincia di Siracusa, laureato in Scienze Politiche a Bologna con un master in Diritti Umani e Intervento Umanitario, e con altre esperienze in America latina per altre Ong italiane. “Gli studi e le esperienze maturate sul campo – dice Corrado - mi hanno portato a identificare la causa principale degli squilibri che caratterizzano il mondo globalizzato nell’adozione da parte degli Stati e in cooperazione internazionale di politiche di sviluppo basate su modelli escludenti. Al contrario – spiega il giovane cooperante - uno sviluppo desiderabile consiste nell’attiva ricerca di benessere e può essere raggiunto solo attraverso l’adozione di modelli che favoriscono l’inclusione sociale e il decentramento decisionale”.
Da qui l’idea di aderire al Programma promosso da ProgettoMondo Mlal ad Haiti: “Conosco il modo di lavorare di questo gruppo e so che persegue da anni questo fine attraverso il rafforzamento delle istituzioni della società civile in Paesi caratterizzati da povertà, diseguaglianze e violazione dei diritti fondamentali di uomini, donne e bambini. Anch’io voglio far parte di questo progetto”.
Alla domanda di cosa si aspetti da questa nuova opportunità, Corrado Di Dio dice: "Un’esperienza di vita e lavoro ad Haiti sarà sicuramente un periodo di crescita umana e professionale, un’opportunità per apprendere nuove culture e nuovi valori, un’occasione per scambiare e diffondere conoscenze e competenze”.

Un tetto solido per le nuove aule di Léogane

Grazie alla buona collaborazione con Act Alliance e con la Repubblica Dominicana, i 1.000 bambini di Léogane, beneficiari del nostro progetto di emergenza Scuole per la Rinascita, possono contare adesso su una scuola con pareti e tetto, a prova di caldo e pioggia.
Non si tratta ancora dei complessi scolastici in muratura previsti dal progetto di ricostruzione, ma i nuovi prefabbricati, installati nei giorni scorsi sulle aree delle vecchie scuole (la Betaseel di Mathieu, la Scuola Metodista de Mellier e la Scuola Cristiana Bon Berger de la Colline) disintegrate dal terremoto del 12 gennaio scorso, hanno notevolmente migliorato la situazione sotto molto punti di vista.
A cominciare dagli spazi. Rispetto alle tende, infatti, ora ogni edificio ha una superficie di 100m², divisibili in 2 aule da 49m².
Importante anche il vantaggio per quanto riguarda robustezza e durata nel tempo: si tratta di strutture che hanno fino a 5 anni di vita e dunque si prestano a coprire più che dignitosamente il tempo che ci vorrà per ottenere il via libera delle autorità, edificare e riaprire le scuole definitive in muratura.
Inoltre, grazie a queste scuolette, la comunità può contare su una maggiore resistenza ai cambiamenti climatici, assicurando una buona circolazione dell'aria, con conseguente abbassamento della temperatura interna delle aule scolastiche, e un considerevole aumento di spazio per le attività da svolgere in classe. Questi prefabbricati risulteranno infine estremamente preziosi anche per molti altri appuntamenti della comunità residente a Léogane che potranno dunque promuovere incontri e riunioni per alunni, insegnanti, genitori e famiglie.
L’accoglienza da parte della popolazione è stata molto positiva. E, anzi, ha partecipato attivamente fin dall’inizio alla posa di queste nuove strutture, collaborando ai lavori di preparazione del terreno e poi all’installazione vera e propria dei nuovi fabbricati.
Il desiderio di ricominciare è forte, e tutto quanto può, almeno in parte coprire le macerie sparse ovunque, costituisce un segnale di speranza. Un motivo per ricominciare a credere che rinascere si può. Anche ad Haiti.

Julien Blachier
capoprogetto Scuole per la Rinascita

giovedì 8 luglio 2010

10 luglio in ricordo di Enzo Melegari

Favorire il protagonismo degli “esclusi” come unico vero baluardo contro le ingiustizie sociali e tutte le guerre a Sud e a Nord del mondo. È stata questa l’ultima sfida lanciata da Enzo Melegari, presidente di ProgettoMondo Mlal scomparso a Verona la notte del 10 luglio 2002.Per lui e il suo ricordo sarà celebrata una messa che si svolgerà sabato 10 luglio alle 18,30 nella parrocchia di Ognissanti a Marzana (Verona), celebrata da Don Giulio Girardello.

Laureato in sociologia, alla fine degli anni Sessanta Enzo Melegari è tra i primi obiettori di coscienza italiani. Scelta che, nel corso di tre anni, gli costa più periodi di carcere nei diversi penitenziari militari italiani. Un’esperienza che – come raccontò lui stesso – gli aprì automaticamente una finestra sul tema dei “diritti umani” come di un qualcosa che non riguardava necessariamente il Terzo mondo o i regimi totalitari ma anche le più basilari e attuali regole di convivenza, “lì dove sempre più spesso s’incontrano e si confrontano – spiegava tempo fa – popoli e interessi diversi, contraddittori e senza strumenti di mediazione”.
Fu in quegli anni che Melegari incontrò il Movimento Laici America Latina, fondato nel 1966 come emanazione del Ceial (ora Cum, Centro unitario missionario) per offrire una rete d’appoggio per i volontari laici già impegnati autonomamente in America latina. E nel 1974 è già in Venezuela con un progetto Mlal. Ricercatore all’università di Caracas, Melegari rafforza e arricchisce il suo pensiero sui temi della solidarietà e della cooperazione internazionale e al rientro in Italia, a Verona, diviene naturalmente il punto di forza intellettuale dell’Organizzazione.
Come dirigente, ma soprattutto come generoso protagonista del Movimento, Melegari gira tutti i Paesi del Sud sperimentando nuove proposte per processi di sviluppo e partecipazione; progetta e promuove sul territorio veronese e italiano molte delle iniziative legate alla solidarietà internazionale come la campagna per l’Amazzonia e i popoli indigeni, l’opera di sensibilizzazione in favore del Nicaragua (“Mi dai una penna”), la riflessione pubblica sul lavoro minorile e sui "bambini di strada", il progetto dedicato alle due età agli antipodi, infanzia e vecchiaia (“E poi”); anima il Centro Studi del Mlal curando per la “sua” collana “Scambi” pubblicazioni e inchieste sui temi più caldi dell’America Latina (tra i titoli, “La solidarietà al bivio” di Enzo Melegari, Gabrielli editori). Ed è a lui che per il Mlal consegnano nel 1992 il Premio della Pace della Regione Veneto.
Al di fuori del Mlal, apre con il fratello l’Iform, un’agenzia per la formazione e la consulenza sui temi della solidarietà e il mondo del volontariato. Dal 1995 partecipa alla costituzione dello Spices, Scuola di Politica internazionale e Cooperazione allo Sviluppo. Parallelamente è impegnato nella politica attiva italiana con il neonato Ppi a nome del mondo dell’associazionismo. Ma al di là dei meri consensi elettorali, le stanze del Palazzo non fanno per lui. Uomo pacifico per natura, dai toni fermi ma estremamente pacati, sempre pronto alla mediazione più felice, Melegari non era fatto per la competizione e infatti torna presto al mondo del volontariato.
Nell’aprile del 2000 è candidato e presidente eletto del Movimento laici America Latina. L’ultima conferma nell’assemblea annuale del Movimento del 20-21 aprile scorso, quando vede premiata ancora una volta la sua posizione ragionevole e generosa in cui già immaginava di aprire il Mlal a una rete di nuovi protagonisti da chiamare dalle più diverse aree e rendere strategici per le tante iniziative che già andava elencando . Perché – come spiegava proprio nell’ultima intervista apparsa sull’Arena di Verona il 22 aprile – la salvezza, oggi, non può prescindere dagli esclusi, dalla pietra scartata che diventa angolare, e siamo più che mai convinti che il tema della giustizia sociale e della sicurezza non abbia bisogno di task force ma di molti, e sempre nuovi, protagonisti.

Emergenza casa, la carica dei 300

Il progetto Habitando lavora in molti comuni della provincia di Córdoba e di Santa Fe. Territori molto diversi l’uno dall’altro, con bisogni e storie diverse, ma tutti con molte famiglie che vivono condizioni abitative difficili, senza servizi igienici, acqua potabile e corrente elettrica.
Soprattutto nelle periferie delle grandi e piccole città, la situazione è realmente grave. Dove c’è un bisogno c’è anche un diritto, e la gente chiede che venga rispettato. Così, pur di ottenere una casa dignitosa o imporre nel silenzio assoluto la propria voce, se posti di fronte a situazioni di frustrazione e di esasperazione, alcuni ricorrono anche ad iniziative forti!
Un episodio di questo tipo si é verificato nei primi giorni di giugno quando, a Río Cuarto, un Comune di circa 300.000 abitanti in cui ProgettoMondo Mlal è presente con il progetto Habitando, circa 300 famiglie disperate a causa dell’enorme carenza di case, e probabilmente esauste delle troppe promesse del governo non mantenute, hanno deciso di prendere in mano la situazione a modo loro.
A decine, dunque, hanno lasciato la favela (qui detta “villa”) in cui vivevano in baracche provvisorie e hanno occupato 10 ettari di terreno libero, segnandosi ciascuna a modo suo il perimetro su cui un giorno costruire una nuova abitazione, una casa per la propria famiglia.
I terreni occupati, però, sono almeno in parte privati e la denuncia di usurpazione è perciò immediatamente arrivata alle autorità.
Naturalmente la questione è ora molto delicata. Tutte queste persone, le rispettive famiglie, hanno bisogno di avere una risposta seria. Infatti, pur davanti a un massiccio intervento della polizia inviata a garantire l’ordine, nessuno degli occupanti ha desistito e, anzi, ha continuato l’occupazione tutt’ora in atto.
Ciascuna di queste persone avrebbe molto da raccontare, molto da rivendicare e anche da proporre. Ammettono di essersi stancati di aspettare la tanto promessa costruzione di nuove abitazioni.
Nelle ultime ore, attraverso i propri portavoce, Susana Bustos e Gastón Azcurra, gli occupanti hanno tenuto a precisare: ”Non vogliamo rubare niente a nessuno. Pagheremo regolarmente le tasse e non edificheremo l’ennesima favela. Vogliamo un nuovo quartiere che rappresenti una reale possibilità di futuro per i nostri giovani, che in questo modo non si sentirebbero più esclusi dalla società, lasciati ai margini di una favela”.
Il progetto Habitando con la sua equipe, seguono con attenzione e cautela la vicenda per comprendere come stiano esattamente le cose e per cercare, se risultasse possibile, di costruire insieme al Municipio una risposta adatta alla situazione.
L’ennesimo episodio di questo tipo, peraltro diffuso nelle grandi periferie sudamericane, testimonia quanto sia importante che le autorità si facciano interpreti anche di quanti hanno bisogno di una casa e ragionino insieme su quali potrebbero essere i provvedimenti adeguati che consentano di affrontare l’emergenza abitativa con la partecipazione di entrambi. Speriamo insomma che si possa sfruttare questa situazione limite per crescere anche politicamente e non per fare intervenire, ancora una volta, la polizia con l’ordine di sgombero.

Nicola Bellin
ProgettoMondo Mlal Argentina

mercoledì 7 luglio 2010

Giovani alla scoperta dell'altra parte del mondo

Destinazione Brasile per 3 dei venti ragazzi piacentini che hanno aderito al progetto Kamlalaf, patrocinato dal comune di Piacenza in collaborazioni con varie associazioni del territorio - tra cui ProgettoMondo Mlal Piacenza - per promuovere percorsi formativi che portino i giovani a confrontarsi con sé e gli altri. Filippo Ambrosini, Valentina Riscazzi e Federica Lugani, partiranno il 22 luglio da Linate per raggiungere Salvador de Bahia e Rio de Janeiro. Accompagnati da Danila Pancotti di ProgettoMondo Mlal e dall'assessore al Futuro Giovanni Castagnetti, i tre giovani saranno in Brasile fino al 12 agosto per incontrare da vicino la realtà dei ragazzi di strada e il movimento dei Sem terra, due realtà direttamente sostenute dalla nostra Ong, tramite i progetti “La strada delle bambine” e “Casa Encantada”.
Un viaggio in realtà lontane e poco conosciute, per stimolare il confronto e la conoscenza reciproca, cogliere diversità e diseguaglianze, ma anche tratti in comune con chi vive dall'altra parte del mondo.

Focsiv: il 62% degli italiani vuole più aiuti ai Paesi poveri

"Famiglia Cristiana" di metà giugno pubblica la lettera al Presidente del Consiglio Berlusconi scritta da Sergio Marelli, segretario generale FOCSIV (Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario) di cui fa parte ProgettoMondo Mlal. "Alla vigilia dei prossimi vertici dei G8-G20 e di quello sugli Obiettivi di sviluppo del Millennio", scrive Marelli, "le chiediamo di corrispondere concretamente a queste aspettative della maggioranza del Paese reintegrando in Finanziaria i tagli previsti per la cooperazione allo sviluppo".
La lettera si basa anche sui dati rilevati da un'indagine commissionata da FOCSIV alla Doxa: “Il Barometro della solidarietà internazionale degli italiani”. L'indagine arrivata alla sua quarta edizione è finalizzata alla conoscenza delle tendenze della società italiana nel campo della cooperazione e della solidarietà internazionale, al fine di reindirizzare e potenziare le politiche degli Stati verso il mantenimento degli impegni per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio. L'indagine sarà presentata nella sua interezza in autunno.

Di seguito il testo completo della lettera con il pdf della pagina.

Presidente, aiutiamo i poveri!

Egregio onorevole Silvio Berlusconi
presidente del Consiglio dei ministri,
 
È trascorso un anno da quando, alla vigilia del vertice dei G8 a L’Aquila, abbiamo avuto l’occasione di incontrarla insieme alla delegazione di cardinali, vescovi e dirigenti delle associazioni cattoliche del Nord e del Sud del mondo. In quella circostanza, abbiamo avuto modo di manifestarle le grandi preoccupazioni per gli effetti sulle condizioni di vita di miliardi di persone del disimpegno dei Paesi donatori nei confronti di quelli più poveri. Come può immaginare, le nostre preoccupazioni crescono notevolmente alla lettura della manovra finanziaria predisposta dal suo Governo. In essa, infatti, le già ridottissime dotazioni del 2009 – che portavano l’aiuto pubblico allo sviluppo dell’Italia allo 0,16% del Pil – sono ulteriormente decurtate del 30%, rischiando così la completa paralisi della cooperazione allo sviluppo. Conosciamo bene le difficoltà nelle quali si trova l’economia, non solo del nostro Paese. Tuttavia, restiamo convinti che sostenere lo sviluppo delle popolazioni più povere sia un investimento per il futuro. Anche quello dell’Italia. La stabilità, la pace e la giustizia basata sul rispetto di una vita dignitosa per tutti sono l’unica via di uscita da questa crisi globale. Gli italiani ci sostengono. Dai dati dell’indagine promossa da Focsiv e realizzata dalla Doxa, emerge come per il 62% degli italiani gli aiuti ai Paesi poveri devono essere aumentati e, come già nella stessa indagine condotta nel 2007, per il 65% occorre farlo attraverso una riduzione delle spese militari. Forti di questo consenso, alla vigilia dei prossimi vertici dei G8-G20 e di quello sugli Obiettivi di sviluppo del Millennio, le chiediamo di corrispondere concretamente a queste  aspettative della maggioranza del Paese reintegrando in Finanziaria i tagli previsti per la cooperazione allo sviluppo. I poveri attendono giustizia. Anche dall’Italia.


Sergio Marelli
Segretario Generale Focsiv

lunedì 5 luglio 2010

I giovani di Carpeneto per i bambini di Léogane

ProgettoMondo Mlal è grato al Comune di Carpeneto, e a tutta la sua gente, per il particolare affetto con cui hanno voluto puntare in alto, dedicando uno spettacolo di musica, una festa di giovani e un appuntamento collettivo, a un Paese in cui, proprio la musica, la cultura, e lo spirito di solidarietà, hanno reso famosa la sua gente in tutto il mondo. Per la serata di giovedì 8 luglio, il Comune di Carpaneto piacentino in collaborazione con ProgettoMondo Mlal Piacenza, ha organizzato infatti una serata di raccolta fondi per il programma "Scuole per la rinascita di Haiti" avviato dalla nostra ong subito dopo il terribile terremoto del 12 gennaio che ha colpito l'isola. L'appuntamento è in piazza XX settembre.

A 6 mesi dal catastrofico terremoto, che il 12 gennaio scorso ha messo in ginocchio Haiti, la vita quotidiana ha ripreso i suoi ritmi. Ma non i suoi colori, né i suoi suoni che, insieme, facevano la storia e la ricchezza di questa gente.
Il terremoto, ennesimo cataclisma che ha colpito il Paese più povero dell’America latina, lascia infatti ferite che, nessuna delle più ricche organizzazioni di aiuti internazionali è purtroppo ancora riuscita a lenire.
Dovunque ci sono macerie e ricordi. Dentro e fuori.
Dentro la testa e il cuore di donne, uomini e bambini, che ancora, nei gesti e movimenti, manifestano gli strascichi dello choc subito. E fuori, in quelle che un tempo dovevano essere le strade, le piazze, i cortili delle scuole e delle case. La stragrande maggioranza di questi punti di riferimento e luoghi di aggregazione sono stati cancellati dai crolli e, per espresso volere del governo del Paese, passerà ancora del tempo prima che si possa ricostruire tutto daccapo. La ricostruzione di un Paese intero è senza dubbio cosa complicata e troppo delicata.
ProgettoMondo Mlal, Organizzazione non governativa impegnata da 44 anni nell’attività di cooperazione allo sviluppo nel Sud del Mondo, è ad Haiti da 10 anni.
Vi era prima del terremoto con un Progetto di sicurezza alimentare, proprio nell’area di Léogane che è poi risultata epicentro del terremoto del 12 gennaio, e lo è oggi con altri due Progetti. Uno per la prevenzione contro le catastrofi naturali (progetto Viva Haiti) e uno per la ricostruzione di 4 scuole che il sisma ha letteralmente sbriciolato (progetto Per la Rinascita di Haiti).
L’idea è ricominciare dai bambini. In un Paese in cui l’aspettativa di vita non arriva ai 50 anni, investire sui bambini significa investire sul presente e sul futuro.
Il Progetto Scuole per la Rinascita di Haiti è partito subito all’indomani del terremoto, e già in pochi mesi ha potuto assicurare la ripresa dell’attività scolastica per 1.000 bambini. Prima sotto le tende di emergenza, rese necessarie dall’arrivo anticipato delle prime piogge di stagione, e da qualche settimana, finalmente nei bei prefabbricati installati, con la collaborazione diretta della popolazione, sui siti delle scuole rase al suolo.
Contemporaneamente un’equipe di psicologi coordinata dal Progetto sta lavorando tra la popolazione per ricucire strappi interiori e relazioni interpersonali, offrendo consulenza ai famigliari delle vittime, assistendo i più piccoli e garantendo formazione a 40 insegnanti che da aprile hanno ripreso le lezioni.
ProgettoMondo Mlal collabora con partner autorevoli nel Paese, come il Cresfed, Ong haitiana già precedentemente impegnata nello sviluppo del Paese. Con il Cresfed si lavora a fianco anche degli agricoltori e delle comunità di Lèogane per il ripristino degli orti famigliari e per la ripresa la produzione agricola. Assolutamente necessaria per restituire una fonte di vita e di speranza a una popolazione che invece avrebbe tanti motivi validi per arrendersi.
Non è il caso degli haitiani. Fiera gente dalle antiche radici africane abituata a tutto. Abituati prima di tutto a soffrire.

domenica 4 luglio 2010

In Argentina ... “Come se fossimo campioni”

Il sogno di un popolo è svanito di nuovo e questa volta era davvero grande.
È svanito violentemente. Schiacciato. Senza possibilità di appello.
L'Argentina è stata sconfitta in quello che, dentro un campo da calcio, è stato davvero un confronto culturale. La schematicità e determinazione dei tedeschi ha vinto sulla fantasia e improvvisazione degli argentini.
Il giornale della mattina seguente titolava pesantemente: Ci hanno tagliato le vene!.
Questa volta ci credevano davvero tutti. Era la squadra di Diego, era l’anno del 10, che qualcuno era arrivato a battezzare el año dosmildiego.
Invece tutto è crollato ed è crollato male. Nessuno pensava a una batosta del genere.
I campioni non sono serviti e nemmeno il carisma di Maradona: quello che mancava era una squadra.
Al fischio finale non si sono sentite le trombe per le strade, il rumore dei clacson, le grida della gente, l’esplodere delle bombe coriandolo.
Alla fischio finale questa volta regnava il silenzio.
Questa sconfitta, in un popolo che vive e respira calcio come quello argentino, rappresenta un colpo terribile e l’immagine di Maradona, che piange abbracciato alla figlia, è la fotografia della sua gente che, ancora una volta, lo aveva eletto leader supremo, e gli aveva affidato l’onore di una nazione.
Maradona ha fallito. Ha fallito una squadra da sogno.
Il giorno è stato drammatico, silenzioso, rotto solo dai tafferugli che alcuni esaltati, poi arrestati, hanno provocato nel centro della città per sfogare la loro tensione.
Ma la gente, a differenza dei giornalisti, continua a crederci, vuole che Diego rimanga.
Quest’uomo uscito dalla povertà delle villas che è diventato il baluardo di un popolo intero è stato accolto come un eroe all’aeroporto, al rientro a Buenos Aires.
“Come se fossimo campioni” titolavano i giornali di oggi.
La gente lo vuole ancora, gli chiede di restare, riconosce che ha dato tutto e merita un’altra opportunità. Perché vuole vincere e vincere con lui.
Il prossimo anno in Argentina si giocherà la coppa America. Forse sarà la volta buona...e gli animi raggelati dai quattro pugni dei tedeschi, iniziano già a riscaldarsi!

Nicola Bellin
ProgettoMondo Mlal Argentina

venerdì 2 luglio 2010

Brasile – Olanda. Malgrado la tristeza, Rio scende in piazza

E’ venerdì 2 luglio. Ci si sveglia con un pensiero, focalizzati: il Brasile si gioca il posto in semifinale.
Ore 11 calcio di inizio. Il Brasile parte all’attacco, battagliero e sicuro.
La squadra è unita e gioca con sintonia secondo precisi schemi strategici.
Gli olandesi si trovano davanti i mostri sacri del calcio in splendida forma.
E’ gol… si scatena il delirio! Una pioggia di petardi e tutta Rio de Janeiro che urla.
Tutto procede bene, gli animi sono positivi e precocemente fiduciosi nella vittoria.
I brasiliani sono felici, uniti e orgogliosi della propria squadra mentre sono sulla cresta dell’onda.
Ma qualcosa comincia ad andare storto dal secondo tempo.
Si commettono molti falli, simulazioni. Gli olandesi individuano il tallone d’achille della squadra sudamericana: sotto pressione perdono la testa.
E così anche la tifoseria. Gli olandesi segnano un gol, dopodiché il tifo si indebolisce prendono il sopravvento tensione e preoccupazione. Hanno già perso la fiducia.
Al secondo gol della squadra dalla maglia arancione, si ripentono frasi del tipo: “Basta!... è finita!”.
Noi italiani - forse perché siamo abituati agli azzurri che in passato hanno vinto a pochi minuti dal fischio di fine – eravamo ancora fiduciosi in una ripresa, sostenendo il Brasile fino alla fine.
Gli olandesi li provocano, li mettono sotto pressione. Il culmine arriva con l’eliminazione di Felipe Melo e i giocatori cedono, perdono la testa e con essa il gioco di squadra, lo schema e la possibilità di vincere.
Un primo tempo giocato molto bene da parte del Brasile e bello da guardare. Ma nel complesso non è stata una partita da ricordare. Un gioco macchiato dai troppi falli, troppe simulazioni e azioni poco limpide.
Con rassegnazione arriva il fischio di fine, che decreta anche la fine della partecipazione del Brasile ai Mondiali 2010. Con rabbia si assiste alle immagini degli storici rivali argentini che festeggiano a Buenos Aires la perdita.
Ma non tutto è perduto perché Rio de Janeiro si era già organizzata con varie feste in giro per la città in previsione di un’eventuale vincita. Ormai non vale la pena buttare tutto all’aria “solo per una sconfitta”. Malgrado la tristeza palpabile, si scende in strada e si festeggia comunque con samba, birra e le immancabili magliette gialle.

Sarah Reggianini
casco bianco ProgettoMondo Mlal in Brasile

Lo Spi Cgil per Haiti: Ricostruiamo una scuola

Ricostruire una scuola significa ridare una speranza e un futuro ai bimbi di Haiti, molti dei quali sono rimasti orfani a seguito del sisma. E come Spi Cgil Lombardia, dalle strutture comprensoriali a quella regionale, riteniamo utile sostenere chi opera direttamente sul posto. Ieri in Abruzzo come oggi ad Haiti”.
Così la Segretaria generale del Sindacato Pensionati Italiani (Spi) Cgil Lombardia, Anna Bonanomi, ha motivato il prezioso contributo in denaro consegnato mercoledì 30 giugno alla vicepresidente di ProgettoMondo Mlal, Ivana Borsotto, e raccolto nelle scorse settimane fra tutte le strutture comprensoriali della categoria e quella regionale, a sostegno del Progetto Scuole per la Rinascita.
Il sostegno all’Ong veronese è finalizzato alla ricostruzione di una scuola ad Haiti, Paese sconvolto dal terribile terremoto del 12 gennaio scorso, che ha provocato la morte di migliaia di persone e completamente distrutto la grande parte delle abitazioni e delle strutture pubbliche.
“Abbiamo deciso di partecipare a questa iniziativa, che ci è stato presentata nei mesi scorsi da ProgettoMondo Mlal Onlus – ha spiegato nel corso della cerimonia ufficiale – in segno innanzitutto di continuità rispetto alle nostre iniziative di attiva solidarietà alle popolazioni colpite da catastrofi naturali, ieri in Abruzzo oggi ad Haiti, e anche perché riteniamo utile sostenere chi opera direttamente nei luoghi del sisma. E ProgettoMondo Mlal risponde a questo criterio, che noi riteniamo fondamentale per il rapido utilizzo delle risorse economiche messe a disposizione, in quanto da anni opera in questa martoriata zona del pianeta”.
La segretaria generale della Spi Lombardia ha quindi voluto ringraziare tutti i comprensori, da quelli più piccoli a quelli più grandi, per aver “prontamente aderito a questa iniziativa”, con l’auspicio di potere presto dare notizie sulla ricostruzione del primo edificio scolastico.