lunedì 1 marzo 2010

Haiti: Un paese parallelo in un paese distrutto.

La testimonianza del nostro cooperante rientrato ad Haiti

Qualche notizia veloce del mio rientro ad Haiti. Vi scrivo dalla base dell’ONU di fianco all’aeroporto, che ormai pare un mondo parallelo rispetto al resto del Paese. Durante la settimana, brulica di gente, di ogni genere, raggruppati per vari settore di lavoro. Architetti, umanitari, specialisti in post-sisma, psicologi, Organizzazioni non governative, responsabili haitiani. .. E’ uno dei pochi posti rimasto operativo..
Sono rientrato nel Paese mercoledì sera, dopo un breve passaggio nella Repubblica Dominicana per coordinarmi con i partner e per avviare gli aiuti.
A Port au Prince ho la fortuna di essere stato accolto nel terreno della residenza dell’ambasciatore francese, grazie ai miei amici francesi … Si tratta di un grande accampamento di militari e di diverse missioni di aiuto. Rimarrò qui soltanto per qualche settimana, poi vedremo come evolverà la situazione. Dormirò in tenda per ancora parecchio tempo, ma comunque per me non è un problema.

Ritrovo dunque questa città, lasciata pochi giorni dopo il terremoto, quasi così come l’ho lasciata: completamente distrutta. E questo resta impressionante e ci si abitua con difficoltà.
I ritmi di vita e le abitudini sono tutti cambiati da allora.
Sono partiti i lavori di sgombero ma il lavoro è gigantesco. E’ spaventoso vedere le migliaia di edifici, case, scuole, ridotti in briciole.
Le tendopoli sono innumerevoli e gigantesche. Immaginate una città densamente costruita di casette. Tutte queste case sono oggi a terra, e lasciano ben poco spazio libero per montare le tende. Tende che ora si ammassano una sull’altra in pochi spazi disponibili, tutti occupati da centinaia di tende, e soprattutto da ripari fatti da lenzuola, attaccati uno all’altro senza alcuno spazio vitale.
Escluse le arterie principali, moltissime strade sono chiuse dalle tendopoli montate dovunque fosse rimasto un metro di terreno senza macerie.
Alcuni miei colleghi vivono in questi campi intorno alla città e impiegano ore per venire al lavoro. Ieri sera (domenica 28 febbraio, ndr.) abbiamo avuto una grande pioggia…. E ho avuto la pelle d’oca pensando a tutte quelle povere persone stipate sotto lenzuola di cotone, ai bambini e ai neonati in quei ripari di fortuna. Stanno sotto l’acqua, e presto sarà così ogni sera, perché la stagione delle piogge è vicina.

Sono in partenza per Léogane. Qui ci aspetta un sacco di lavoro. La città sembra sia stata letteralmente rasa al suolo. Si conta di pianificare la ricostruzione di scuole e il rilancio dell’agricoltura. Ne avranno per mesi e per anni…

Speriamo che i danni in Cile e in Giappone siano più ridotti, malgrado la loro ampiezza impressionante. Perché tanti morti qui, e meno laggiù? Per la densità della popolazione, a causa di una pianificazione impossibile per mancanza di risorse, per la fuga dalle campagne e la ricerca di nuovi sbocchi in città, perché qui le costruzioni a basso costo si accumulano, ecc…

Una nota positiva: siamo tutti molto motivati. Personalmente sono contento di essere rientrato. Le persone sono straordinarie, sono unite tra loro. Per il momento sono tutti ancora molto fieri e ottimisti, ma non so fino a quando resisteranno..
Sul fronte delle piccole cose piacevoli della vita in capitale: restano ancora poche casse di birra haitiana “Prestige”, il cui prezzo non è aumentato nonostante sia diventata così rara, dopo di che bisognerà passare alla birra domenicana “Presidente”: un altro piccolo dispiacere…

Nicolas Derenne, ProgettoMondo Mlal Haiti

Foto di Ilaria Di Biagio
www.ilariadibiagio.blogspot.com

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