sabato 27 febbraio 2010

Un video su Léogane. Là dove arriva la solidarietà di chi ci aiuta

Un viaggio nella zona più colpita dal terremoto che ha devastato Haiti, Lèogane. Qui tra l'80 e il 90% delle infrastrutture locali sono andate distrutte. L'inviato speciale per Haiti della BBC News, Matias Zibell, si è recato in questa zona a circa 20 chilometri a ovest di Port-au-Prince per conoscerne la realtà a più di 30 giorni dal terremoto del 12 gennaio, attraverso le testimonianze delle persone che vivono lì. Le parole scelte da chi parla sembrano ripetere all'infinito: "devastazione, rovina, miseria, desolazione e traumi emotivi".




ProgettoMondo Mlal era a Léogane fin da prima del terribile sisma con un progetto sulla sicurezza alimentare che si stava concludendo proprio in quei giorni. Adesso, grazie anche e soprattutto alla solidarietà che sta dimostrando il territorio italiano (veronese e non solo) il nostro capoprogetto è in grado di impegnarsi fino in fondo sul luogo per pianificare la nuova fase del nostro impegno decennale ad Haiti.
Nuove partnership si stanno avviando anche qui in Italia. ProgettoMondo Mlal sta infatti raccogliendo adesioni al Progetto “Scuole per la rinascita di Haiti” tra i privati, nelle scuole, tra le altre associazioni del territorio che magari non hanno proprie iniziative ad Haiti e che non per questo si accontentano di rimanere a guardare. È il caso delle Comunità Emmaus Italia che, subito all’indomani del terremoto, hanno fatto scattare una campagna di raccolta fondi tra i propri soci con risposte immediate da Villafranca di Verona, Roma, Prato. E poi, tra Verona e Trento, proprio in questi giorni sono arrivati sostegni e adesioni da una serie di associazioni.
Il 6 marzo l'associazione culturale BALDOfestival ha in programma una cena di raccolta fondi per Haiti aperta a tutti in provincia di Verona, a Caprino Veronese.
Il giorno dopo, domenica 7 marzo, in occasione della festa della donna, Futuro Insieme per i bambini del Rwanda, ha in programma una serata sulle donne di Haiti in cui ha chiamato a intervenire Emilia Ceolan, nostra ex coordinatrice dell'America Centrale oltre che volontaria storica.
L'8 marzo l'appuntamento sarà invece con la Cisl Trento di via Santa Croce, per parlare ancora una volta di donne con Emilia Ceolan.
E sempre a Rovereto anche l'appuntamento del 9 con l'associazione Apibimi il cui direttivo è fortemente interessato a sostenere il nostro progetto di emergenza.

Ma la solidarietà si è fatta sentire anche dalle scuole. Due in particolare quelle che più si sono attivate per darci una mano, aderendo alla nostro appello di aiuto. Si tratta dell'istituto comprensivo Verona 12 (con la scuola media Manzoni, le scuole elementari D'Azeglio e Lenotti, e la scuola dell'infanzia e elementare ai Ciliegi) e le scuole Aportiane in centro città, dove il 18 e il 19 marzo, tra le 16 e le 17, si svolgerà una raccolta fondi straordinaria tramite la campagna “Una maglietta per Haiti”, resa possibile dalle donazioni della nota azienda Fix Design.

Contemporaneamente l'aiuto arriva anche da altre città: l'Ong genovese Ccs Italia ha chiesto di partecipare come copromotore del Progetto e la Fondazione Albero della Vita sarà presente anche con del proprio personale specializzato sul posto.
Risorse importanti arrivano poi dagli enti locali. La Regione Piemonte, già nostro partener in diversi progetti di ricostruzione post terremoto, ha stanziato un primo finanziamento.

A questi partner “ufficiali” si aggiunge naturalmente tutta la solidarietà più anonima di chi telefona, fa un versamento in banca, porta di persona una busta con i soldi in sede, stampa materiali gratuitamente, ma anche di chi organizza una vendita in casa o promuove una cena tra amici. Tutti per aiutarci concretamente a raggiungere la cifra di 280 mila euro calcolata per l'obiettivo del progetto di emergenza “Scuole per la rinascita di Haiti che, oltre alla costruzione di 4 scuole, prevede anche quella di un centro servizi, 60 orti familiari, e l'avvio corsi di formazione e di un accompagnamento psicologico alle vittime del sisma.


Per chi volesse contribuire al Progetto Scuole per la Rinascita di Haiti
Versamenti su c/c Banca Popolare Etica
Iban IT 07 j 05018 12101 000000511320
o tramite Bollettino postale n° 12808374
causale “Scuole per Haiti”

venerdì 26 febbraio 2010

Con il carnevale anche a Qalauma si festeggia la terra madre

Il carnevale in Bolivia è un momento importante: molte sono le tradizioni che si incrociano e tutto il paese si paralizza nella festa più attesa dell’anno. Le città si colorano e le persone si preparano da mesi nei balli e nei costumi più sfarzosi e creativi. Oruro, città dell’altopiano boliviano situata a 3 ore dalla capitale governativa, gode della festa del carnevale più spettacolare di tutto il Paese, riconosciuto come patrimonio umanitario dell’UNESCO. Il significato storico che conserva tale città, famosa per il commencio e per le miniere, è l’offerta e il voto alla Virgen del Socavon: i ballerini sfilano come in forma di pellegrinaggio per ben 2 giorni consecutivi in voto alla Vergine protettrice della città. Così si mescolano tradizioni e fede cattolica, festa e spiritualità, preghiera e danza, storia e modernità.
Diversi balli hanno caratterizzato la sfilata sulla Av. 6 de Agosto di Oruro: la diablada, el tinku, la morenada, caporales, cullaguada, inka, llamerada, saya, chacareras, gruppi autoctoni, tobas: ogni ballo con i suoi ritmi, maschere e vestiari a seconda delle regioni di provenienza. Ognuno di questi balli ha una storia e un’appartenenza geografica boliviana: le maschere rappresentano dei ruoli specifici che ricordano momenti storici del paese, ad esempio il tema della colonizzazione spagnola, dell’indrottinamento cattolico o della tratta degli schiavi.
Dopo una notte di balli e di sfilata con coriandoli, giochi pirotecnici, musica, canti e birra, i ballerini si dirigono al santuario della Vergine dove, in ginocchio, ricevono la benedizione di fronte alla Virgen del Socavon e, come segno di riconoscenza, percorrono tutta la parte dell’abside, dove è situata la statua della vergine, in ginocchio fino all’uscita della Chiesa. Tutto questo come conclusione di un voto e una richiesta alla Madonna e come sollievo dell’anima dal dolore e dal peccato.



Il Carnevale è anche l’occasione per ringraziare la Pachamama (madre Terra) e per chiederle protezione e auspicio per tutto l’anno. La cerimonia di ringraziamento e di benedizione si chiama Cha’lla: durante questo rituale si prepara una messa di offerta alla madre terra, il tutto si brucia lentamente su carboni ardenti per poi essere interrato. Il venerdì di Canevale era la benedizione dei luoghi lavorativi e martedì grasso è la cha’lla delle case per chiedere benedizione e protezione delle energie negative.
Venerdì 11 febbraio si è svolta la Cha’lla en Qalauma, nel centro appena finito di realizzare e in attesa di essere popolato dai giovani reclusi nell’istituto penale di San Pedro, cui è destinato. Attraverso l’aiuto spirituale di una curandera (Llapti), tutto l’equipe di Qaluama si è riunito in cerchio e ha collaborato alla messa: foglie di coca, dolci, semi, mele, coriandoli, amuleti e un embrione di lama....il tutto pronto come offerta alla Pachamama. Ognuno di noi ha partecipato in un momento di raccoglimento e di silenzio durante il rituale per il buon auspicio e per la protezione, perchè tutto vada per il meglio e perchè la forza dell’equipè continui a essere costante e unita come sempre. Insieme a noi c’erano anche l’architetto incaricato della costruzione dell’infrastruttura, il geometra, doña Pacesa y don Andres, la coppia di Viacha che nel 2005 ha regalato al MLAL un ettaro di terreno per iniziare la costruzione di Qalauma.
Il messaggio della messa è chiaro: la curandera ha spiegato che Pachamama ha apprezzato l’offerta e “il pianto del lama” porta protezione e fortuna. Mentre la messa bruciava, uno ad uno ha “cha’llado” (ha versato per terra, intorno al fuoco, poche gocce di alcool nei 4 punti cardinali) ringraziando, chiedendo e offrendo speranza desideri e aspettative.
Un momento di raccoglimento ci ha uniti nel rituale tanto sentito: il sole brillava nel cielo e lo scoppiettio delle fiamme riempiva il silenzio. Un semplice pranzo ha concluso la giornata; contenti e speranzosi abbiamo preso il cammino di casa.

Ester Bianchini, Casco Bianco ProgettoMondo Mlal a La Paz

giovedì 25 febbraio 2010

Tutto è pronto nel nuovo centro di Qalauma

Il centro Qalauma aspetta soltanto di essere “vissuto”. Le stanze sono già pronte, con i mobili, la cucina e anche i materassi: tutto è al suo poto per accogliere i primi 30 ragazzi dell’Istituto Penale di San Pedro e anche noi, che ci abbiamo lavorato, siamo davvero impazienti di vederlo finalmente inaugurato e aperto. Ma la burocrazia non aiuta: ministero, governo e polizia penitenziaria tardano ancora nelle pratiche di inaugurazione del Centro.
Nonostante ciò l’equipe non sta perdendo tempo: sono mesi intensi di attività e i risultati ottenuti sono molto buoni.
Con costanza, ogni giorno tutta l’equipe di Qalauma si reca al centro di San Pedro per stare con i ragazzi e per dare anche l’idea di un gruppo unito, ovvero di una forza educativa pronta ad accogliere i giovani di San Pedro. Per l’occasione, e anche a causa dello straordinario freddo che si soffre a La Paz, situata a un’altitudine di 4.000 metri, i singoli membri dell’equipe hanno collaborato all’acquisto di giacche a vento con il loghi di Qaluama e di ProgettoMondo Mlal (foto dell’equipe da sinistra: Bernardo, Eva, Judith, Lidia, Riccardo, Yuli, Raul, Reina, Gloria, David, Maria Luisa, Gertrudis e Ester).
Oltre ad avere un’utilità termica, queste giacche permettono di farci riconoscere facilmente dai ragazzi (anche se non è nostra indole curare questo tipo di riconoscimenti). Così in queste settimane la giornata del lunedì viene proprio dedicata alla conoscenza diretta degli adolescenti. Abbiamo creato uno spazio in cui l’equipe incontra i nuovi giovani di San Pedro, li conosce e li informa sulle attività del Progetto, incentivandoli a partecipare.
Il martedì e il venerdì pomeriggio sono invece dedicati all’applicazione di “Cartillas”, ovvero alle attività educative su temi specifici. L’idea di fondo consiste nel preparare i ragazzi al trasferimento nel Centro di Qalauma, dunque affrontando temi quali l’utilizzo degli spazi dell’infrastruttura di Viacha, i servizi offerti da Qalauma e il personale multidisciplinare che vi lavora, ma anche temi come l’orario, la disciplina, il rispetto mutuo e lo spirito di volontariato inteso come valore (lavoro gratuito come motivazione personale).
Queste tematiche vengono trattate grazie ad attività educative e l’organizzazione di alcune attività partecipative, o la proposta di manuali, dibattiti e giochi di ruolo.
E già oggi si notano risultati notevoli anche perché, durante queste attività, l’equipe è presente al completo con la psicologa, l’assistente sociale, l’avvocato e, ovviamente, gli educatori. E i ragazzi dimostrano grande partecipazione, sia a livello qualitativo che quantitativo.
Il mercoledì pomeriggio è poi lo spazio per le attività ludiche e di divertimento: un momento per conoscersi e divertirsi attraverso giochi in scatola, il calcetto, il racconto di barzellette, giochi di gruppo, karaoke, cineforum con dibattito.
Nelle mattine del mercoledì e del venerdì c’è il laboratorio di serigrafia con il quale si vuole insegnare ai ragazzi a stampare disegni su tessuti (normalmente su magliette).
Questo laboratorio è aperto a chiunque, e non solo ai ragazzi di Qalauma che hanno tra i 16 e i 21 anni. Si tratta di un’opportunità per far conoscere il Progetto, oltre che a costituire comunque un’attività di tipo economico e un gradevole momento.
Mentre, nei giorni di martedì, mercoledì e venerdì mattina, si va nelle carceri femminili di Obrajes e Miraflores a promuovere attività ricreative e sportive con le ragazze.
Infine, il giovedì, è la giornata dedicata alla programmazione, valutazione e riunione. Approfittando che in carcere il giovedì è giorno di visita parenti, l’equipe si ferma in ufficio per svolgere le altre attività.
L’attività più rilevante è comunque quella che si sta realizzando nel carcere di San Pedro perché il primo gruppo di ragazzi che sarà presto ospite del nuovo Centro Qalauma proviene da qui. A questo scopo abbiamo appunto intensificato la nostra presenza nel carcere penale, così da rendere la nostra presenza visibile e sostenerli nel momento del trasferimento… Una fase difficile e complessa, non solo per i ragazzi ma anche per l’equipe stessa. Per un giovane recluso a San Pedro, e che andrà a Qalauma, il trasferimento significa cambiare completamente modo di vivere: rispettare nuovi orari, essere impegnati in attività produttive, frequentare la scuola, fare comunità, condividere nuovi compiti e nuovi spazi e, specialmente, abbandonare qualsiasi vizio, tutt’ora tollerato nel carcere di San Pedro.
Come equipe stiamo lavorando intensamente e costantemente su questo. Senza volere avere la pretesa di ottenere risultati a breve termine: come una goccia che a poco a poco modifica la pietra inizialmente impenetrabile.
In attesa della prossima inaugurazione, insomma, proseguiamo con le nostre attività con entusiasmo, unione e forza. E con la piena consapevolezza che ogni giorno ci portiamo a casa qualcosa di indescrivibile e di meravigliosamente nuovo!

Ester Bianchini, Casco Bianco ProgettoMondo Mlal a La Paz

martedì 23 febbraio 2010

Il nostro mestiere è crescere! Bambini lavoratori in tour

Il lavoro minorile è uno di quei temi sui quali la riflessione è quasi scontata: i bambini non lavorano, i bambini non devono lavorare! L’immaginario collettivo è cioè tutto legato al fenomeno dello sfruttamento minorile o a quelli dei bambini schiavi.
Eppure nel mondo ci sono 211 milioni di bambini, tra i 4 e i 16 anni che svolgono una qualche attività economica. Di loro, circa 73 milioni ha meno di 10 anni. Un dato certamente arrotondato per difetto, e che riesce a dare solo un’idea superficiale di quella che è ormai la realtà del lavoro minorile. Perché, appunto, al di là dei numeri non fornisce alcuna indicazione sulla qualità del dato: quale percentuale di questa impressionante cifra sia ad esempio riferita al lavoro sfruttato o schiavo, e quanta sia invece la percentuale di lavoro dignitoso, svolto nell’orario extrascolastico, limitato a poche ore della giornata e proporzionato all’età del bambino e dell’adolescente.
Per raccontarci quest’altra faccia del fenomeno del lavoro minorile è ospite della nostra ong una delegazione di bambini lavoratori rappresentanti del Movimento di bambini e adolescenti lavoratori (Manthoc) peruviano, una sorta di piccolo sindacato autogestito dai ragazzi che rivendica appunto il diritto a un lavoro dignitoso.

Milton 13 anni e Milagros di 16, accompagnati da un ex bambino lavoratore, oggi divenuto loro educatore, Alex, saranno dal 14 febbraio al 10 marzo in molte città del nord e del centro Italia (Veneto, Piemonte, Trentino, Emilia Romagna e Toscana) per incontrare scolaresche, consigli comunali dei giovani, gruppi scout, associazioni, piccole cooperative di lavoro, e altre realtà interessate a conoscere questo fenomeno, così diffuso nei Paesi del Sud del Mondo, attraverso i diretti protagonisti, ovvero loro, i bambini (in questo caso più adolescenti) lavoratori.
La mattina di venerdì 26, saranno ospiti della Scuola Media Dalle Laste di Marostica che da mesi, grazie a un gruppo di insegnanti particolarmente attenti e appassionati, lavora in classe anche su temi legati alla mondialità.
Dunque i nostri ragazzi di 12 e 13 anni conosceranno di persona alcuni loro coetanei peruviani, ascolteranno dalla loro voce la loro giornata scolastica, ma anche quella lavorativa (obbligatorio per lavorare è infatti avere un buon profitto a scuola, ndr.) e forse si scandalizzeranno meno di noi adulti benpensanti. Perché per loro quello del lavoro è un concetto ancora nobile che descrivono così: “Per noi lavorare significa crescere, significa imparare a renderci responsabili, significa contribuire al sostentamento della nostra famiglia, significa costruire la nostra dignità futura”.
Per questo, oltre a lavorare e andare a scuola, aderiscono al Manthoc e portano in giro per il mondo le loro principali rivendicazioni: la difesa dei diritti dei bambini lavoratori (orario adeguato, compenso equo, rapporti corretti, sostegno all’educazione scolastica, partecipazione all’attività legislativa che disciplina la materia).

Alex, guida della piccola delegazione peruviana, è stato uno dei primi bambini lavoratori ospiti della nostra organizzazione in Italia. Fu lui, nel 2003 a Perugia, a chiudere la Sesta Assemblea dell’Onu dei Popoli. All’epoca 15enne, Alex chiese con lucidità ed estrema saggezza a noi europei di “tenere conto anche della realtà dei bambini che vogliono lavorare, studiare e giocare, vedendo però salva la propria dignità oggi calpestata”. Un intervento che in quell’occasione commosse organizzatori e partecipanti in quanto testimonianza naturale della forza e della speranza delle future generazioni.

venerdì 19 febbraio 2010

A Léogane tende e primi mattoni: da marzo inizia la ricostruzione

Rientrata da poche ore dal Centroamerica la rappresentanza del nostro ufficio Progetti, è finalmente in partenza il capoprogetto che seguirà la fase della ricostruzione ad Haiti.
Il volo di lunedì riporterà dunque un impaziente Nicolas Derenne tra quella che, ormai da due anni, è diventata a tutti gli effetti “la sua gente”, e che oggi, dopo avervi condiviso anche il tragico pomeriggio del 12 gennaio, lo è ancora di più.
Estremamente preziose, d’altra parte, sono state queste ultime settimane di intenso lavoro fatto in Italia per promuovere una raccolta fondi straordinaria, per costituire nuove partnership qui e nell’isola di Hispaniola, per pianificare la nuova fase del nostro impegno decennale ad Haiti che, più che mai delicata, merita scelte più che mai ponderate e una scaletta ben delineata di priorità.
ProgettoMondo Mlal si sta muovendo infaticabile su più livelli. Sul fronte italiano, sta raccogliendo adesioni al Progetto “Scuole per la rinascita di Haiti” tra i privati, nelle scuole, tra le altre associazioni del territorio che magari non hanno proprie iniziative ad Haiti e che non per questo si accontentano di rimanere a guardare. E’ ad esempio il caso delle Comunità Emmaus Italia che, subito all’indomani del terremoto, hanno fatto scattare una campagna di raccolta fondi tra i propri soci con risposte immediate da Villafranca di Verona, Roma, Prato.
Contemporaneamente un’altra Ong, la genovese Ccs Italia, ha chiesto di partecipare come copromotore del Progetto e la Fondazione Albero della Vita sarà presente anche con del proprio personale specializzato sul posto.
Risorse importanti arrivano poi dagli enti locali. La Regione Piemonte, già nostro partener in diversi progetti di ricostruzione post terremoto, ha stanziato un primo finanziamento.
A questi partner “ufficiali” si aggiunge naturalmente tutta la solidarietà più anonima di chi telefona, fa un versamento in banca, porta di persona una busta con i soldi in sede, stampa materiali gratuitamente, ma anche di chi organizza una vendita in casa o promuove una cena tra amici. Tutti per aiutare concretamente la popolazione haitiana a ricominciare.
Parallelamente, in centroamerica, la delegazione di ProgettoMondo Mlal ha incontrato, ascoltato, raccolto notizie, riportando a casa contatti, opportunità, professionalità e richieste. Tante richieste. Tutte espresse con grande dignità e pudore, ma non per questo meno impellenti nel loro significato più crudo: c’è bisogno di aiuto, di vero aiuto. E per aiuto non si intende tanto il pacco di alimenti, utile a mangiare 1 settimana, ma quel tipo di aiuto che rimette in piedi una persona, riapre una scuola, risemina il campo, accoglie una comunità sotto un tetto.
Ed è questo il mandato ricevuto ieri da Nicolas Derenne nell’ultimo dei suoi incontri con i responsabili dell’Ong ProgettoMondo Mlal.
Appena sbarcato nell’isola, il nostro capoprogetto è atteso negli uffici dell’Unità di crisi dell’Unione europea per il primo consulto operativo. Quindi, Nicolas, è seriamente intenzionato a ritirare, e poi portare di persona a Léogane, almeno un centinaio di quelle tende inviate nell’isola con la Protezione civile e ferme in capitale. Qui, a Port au Prince, lo aspettano poi i partner del nostro Progetto già in atto, e che è stato duramente colpito dalle conseguenze del terremoto. Come a Léogane è già in programma un incontro con l’intero coordinamento municipale e con le rappresentanze delle varie istituzioni. Prime tra tutte quelle che ci indicheranno le prime urgenze e i siti delle 4 scuole da ricostruire.
E poi c’è da reincontrare l’equipe haitiana di ProgettoMondo Mlal. Vittima con le rispettive famiglie del sisma che in quest’area ha distrutto il 98% delle strutture, e che, sepolti i propri morti, ha ricominciato a lavorare per la collettività. Per uno sviluppo, ancora una volta drammaticamente ostacolato, del loro Paese.

Per chi volesse contribuire al Progetto Scuole per la Rinascita di Haiti
Versamenti su c/c Banca Popolare Etica
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O tramite Bollettino postale n° 12808374
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HAITI: verso la stagione delle piogge. Emergenza tetti e cibo

E adesso inizia a piovere. In anticipo rispetto allo scorso anno, nelle ultime ore è caduta la prima pioggia di stagione sulle vittime del terremoto.
E l’acqua, che bagna, ingloba, mescola e trasporta, acuisce molti problemi. A cominciare da quelli igienico-sanitari. Infatti con l’acqua, detriti e rifiuti di ogni tipo si muovono dappertutto, e con questi si moltiplicano i rischi di epidemie. Le vie di comunicazione, già in condizioni molto precarie, diventano impercorribili, e le fonti di sopravvivenza si fanno ancora meno accessibili.
Come nel caso di Léogane, cittadina proprio nel cuore dell’epicentro del terremoto, dove ProgettoMondo Mlal ha un progetto di produzione agricola ancora attivo e un Progetto di emergenza ricostruzione prossimo all’avvio.
Proprio nelle scorse ore, la nostra equipe di Léogane ha quantificato i danni del terremoto che, se a Port au Prince, ha messo in ginocchio una città, in questa area prettamente rurale a soli 40 chilometri dalla capitale ma completamente tagliata fuori dagli aiuti, pare avere paralizzato ogni forma di vita.

Annota infatti il nostro coordinatore di Progetto, già sindaco di Léogane, Jean Ronel Vaillant: “Su 61 scuole, ne rimane soltanto 1; di 30 chiese anche 1, e così dei 10 ambulatori medici ne rimangono 2. Il numero di abitazioni ancora intere è di 320 unità rispetto alle 6.400 che popolavano il territorio”. I danni, ingenti ovunque, si sono fatti sentire anche nella frazione interessata dal Progetto, Matthieu. Molte delle opere realizzate grazie al Progetto “Piatto di sicurezza” sono seriamente danneggiate quando non distrutte.

Documenta ancora il nostro coordinatore haitiano Vaillant: “I prodotti alimentari conservati nel nostro Centro sono andati tutti persi, così come barattoli, bottiglie vasi di frutta e verdura. La sicurezza alimentare stessa della popolazione è in pericolo, visto che tutto il raccolto di stagione è rovinato, e anche i campi coltivati sono in parte occupati dagli accampamenti dei senza tetto e in parte in abbandono perché privi di acqua. I canali di irrigazione sono infatti tutti ostruiti dalle macerie, mentre il clima rovente di queste settimane avrebbe richiesto molta acqua. Senza contare che il banco delle nuove sementi, costituito quest’anno proprio grazie al nostro Progetto, non esiste più”.
Si tratta di una brutta notizia perché l’agricoltura, oltre ad essere l’attività centrale della nostra iniziativa di cooperazione allo sviluppo cofinanziata dall’Unione Europea, costituisce a tutti gli effetti l’unica fonte di reddito e di sopravvivenza di questa popolazione. Perso questo raccolto, si vorrebbe ora di nuovo seminare ma, appunto, mancano semi e acqua.
E negativo è anche il dato sull’allevamento di polli, avviato sempre dal Progetto: “non è sopravvissuto – recita il bollettino - nemmeno uno dei volatili destinati alla riproduzione”. Bisognerà ricominciare daccapo e reinvestire almeno 5.000 euro per riparare ai danni.
Danni ancora più gravi sono stati registrati negli altri due Centri dei nostri partner: Il Cefecacc, dedicato alla formazione degli agricoltori, ha registrato danni strutturali ai locali degli uffici e alla biblioteca, per circa 13 mila euro. Mentre il Centro del Koledel, deposito agricolo e negozio di attrezzi e sementi, ha ulteriori danni per altri 8 mila euro.
La vita fatica insomma a tornare alla normalità. Nella capitale, la presenza di tantissimi operatori internazionali, più tutto un viavai di gente arrivata ad Haiti da ogni dove, ha di fatto rimesso in moto per forza la città. Si dice che i supermercati lavorino a pieno ritmo e persino gli artisti, autori dei tradizionali quadri a tempera haitiani, sono tornati a fare affari lungo le strade. Chi ci scrive da Port au Prince ci racconta una città che ha già relegato al proprio doloroso passato il cataclisma del 12 gennaio scorso.

Ma in provincia, nelle campagne, non è la stessa cosa. Qui i riflettori non si sono né spenti, né accesi mai. Qui le popolazioni non hanno visto arrivare nemmeno le tende tanto promesse dagli organismi internazionali, e se dall’area del nostro Progetto, dove a breve confidiamo di ricostruire le prime nuove 4 scuole, ci comunicano percentuali sui danni che non sono mai inferiori al 95%, siano essi a case, scuole, ospedali, campi coltivati o chiese, è francamente difficile immaginare da cosa debba ripartire a sperare la gente.
Mentre avanza la stagione delle piogge. Che con sé porterà invariabilmente la furia degli uragani distruttori. E la popolazione comincerà a dare un nome a ciascuno di essi. Ogni anno si comincia con la A, e via via tutte le lettere dell’alfabeto quanti saranno gli uragani. Sapendo che entro l’anno si arriverà sempre alla Zeta.

mercoledì 17 febbraio 2010

Marocco: intervenire sull'abbandono scolastico

Sono molti i bambini marocchini della regione di Tadla Azilal che, grazie a progetti di educazione non formale, riescono a raggiungere un buon livello linguistico. Ma per buona parte di loro il passaggio dalla scuola elementare a quella media si rivela poi troppo faticoso, e non solo economicamente.
Béni Mellal è una città del Marocco di oltre 900mila abitanti, collocata tra il Medio Atlante e la pianura. È capoluogo dell'omonima provincia e della regione del Tadla Azilal, centro del problema della migrazione e zona in cui oltre il 60% della popolazione è ancora analfabeta.
In questa regione ProgettoMondo Mlal ha avviato una serie di programmi, sia per combattere l'analfabetismo – specie nelle zone di montagna – sia per dare il via a una seria riflessione sul fenomeno della migrazione.
Per questo il lavoro nelle scuole, oltre che sull'educazione, punta molto anche sullo sviluppo.
Entrare nelle scuole significa entrare nei douar, nei villaggi tipici marocchini e rapportarsi non solo con i bambini, ma con l'intera comunità che anima il villaggio, al cui interno il centro di aggregazione resta sempre la moschea. Un punto di riferimento che, da solo, non è però sufficiente per integrarsi con il resto del paese.
Nelle zone di montagna in cui la nostra associazione ha dato vita a una serie di scuolette di educazione non formale (vale a dire scuole non “statali” i cui studenti devono superare un esame specifico per vedersi riconosciuti i titolo dallo Stato), i bambini parlano infatti vari dialetti berberi e non conoscono quello tipico marocchino (darija).
Ma al problema ormai in parte superato di garantire una corretta formazione linguistica a bambini e ragazzi, negli ultimi tempi sta subentrando quello di assistere a un alto abbandono scolastico nel momento del passaggio alla scuola media. Una scelta che non è dovuta solo a oggettive difficoltà economiche e di lontananza, ma anche alla paura di non riuscire ad affrontare i nuovi insegnanti e più in generale di non potercela fare. Bambini che smettono di andare a scuola perché non si sentono integrati, a loro agio, per la presenza di troppi maestri cui non sono abituati, per genitori che non li sostengono perché non vedono subito risultati concreti.
Da qui la necessità, individuata dal progetto, di andare oltre il recupero della fascia non scolarizzata, e avviare anche un lavoro di monitoraggio per evitare il grande abbandono scolastico.
Un lavoro che vede la scesa in campo dei cosiddetti animatori di prossimità, pronti a intervenire su tre diversi livelli: all'interno delle scuole medie per dare sostegno psicologico e fiducia ai bambini, anche attraverso attività integrate che li mettano al centro di sé e li aiutino a crearsi una personalità; nelle scuole elementari di educazione non formale per dare formazione e accompagnamento agli insegnanti e renderli sempre più coscienti e responsabili del problema; e infine nel momento di passaggio tra la scuola elementare e quella media, anche per facilitare l'entrata nella casa dello studente, necessaria a ospitare chi vive a oltre 50 chilometri dall'edificio scolastico.
Il tutto in sinergia con le scuole pubbliche a cui, naturalmente, l'attività non vuole contrapporsi, ma piuttosto fare in modo che sempre più bambini le frequentino.
In questo senso è una fortuna che con il tempo si siano intensificati i rapporti con l'Accademia regionale di educazione e formazione di Tadla Azilal (una sorta di ufficio scolastico provinciale italiano), già partner istituzionale di ProgettoMondo Mlal e ora sempre più partner operativo, coinvolto nel progetto pilota di lotta all'abbandono scolastico.
In tutto sono 20 i douar interessati: 10 a Beni Mellal e 10 a Tadla Azilal. Per facilitare la comunicazione tra douar e piani di sviluppo locali, regionali e nazionali, l'equipe di animatori promuove uno sviluppo rurale partecipativo che faciliti le relazioni e i contatti. Lo fa attraverso un modello di sviluppo locale dal basso e quindi condiviso dalla popolazione, in ascolto dei suoi stessi bisogni, e cercando di individuare le persone significative - che non sempre corrispondo alle cariche ufficiali – in grado di fare da traino nel percorso che mira a sensibilizzare sempre più la comunità locale sull'importanza di far proseguire gli studi ai più giovani, pensando a un futuro diverso per loro.

lunedì 15 febbraio 2010

A Rio contro lo sfruttamento sessuale: prevenzione e formazione

Bambini arrestati senza ragione e senza difesa legale. Morti o portati via dalla strada solo perché poveri, neri e per questo considerati senza diritti. Ma anche bambini vittime di tratta e di sfruttamento sessuale, oltre che del traffico di organi o di quello delle adozioni. È il triste scenario che fa da sfondo ogni giorno alla realtà brasiliana e che, per essere fermato, ha bisogno di una presa di responsabilità prima di tutto da parte dello Stato.
Almeno è quanto pensa Projeto Legal, un'organizzazione non governativa che dal 1993 sviluppa progetti sociali nel campo della difesa, della sicurezza e la promozione dei diritti umani, in particolare di bambini e adolescenti: meno assistenzialismo quindi e più difesa dei dritti umani.
L'organizzazione è partner di ProgettoMondo Mlal nel programma “La strada delle bambine”, nato proprio per arginare lo sfruttamento della prostituzione minorile e prevenire le malattie sessuali.
L'ottica è di muoversi in una prospettiva più qualitativa che quantitativa, nella consapevolezza che i problemi che emergono sono la punta di un iceberg che rivela una serie di responsabilità nascoste.
Da qui l'impegno a lavorare soprattutto nella formazione (sia di insegnanti che di bambini e ragazzi) attraverso professionisti della salute ma persino la polizia stessa, per sensibilizzare e promuovere un controllo sociale, visto come maggiore vigilanza e partecipazione oltre che realizzazione di politiche sociali nuove.
Il direttore esecutivo dell'organizzazione è anche il presidente del consiglio di difesa di bambini e adolescenti dello stato di Rio, considerato il secondo Stato per denunce di abusi e sfruttamento sessuale di bambini e adolescenti. È qui che si trovano le 3 sedi di Projeto Legal, sia in città che nella periferia a nord dove, soprattutto a Duque De Caxias, mancano servizi e infrastrutture, e le condizioni di vita assomigliano a quelle di una favela.
Proprio in questa zona ProgettoMondo Mlal sta rafforzando il lavoro di mappatura dello sfruttamento sessuale, insieme a quello di formazione sia degli insegnanti che dei giovani, meglio agganciabili proprio tramite il canale della scuola.
Ma il lavoro si fa anche fuori, sulla strada. Per esempio con la campagna promossa sempre da Projeto Legal nei punti di sosta dei camionisti, come i distributori di benzina, là dove l'incontro con le piccole prostitute minorenni è all'ordine del giorno.
In questo senso si cerca di arrivare direttamente all'utenza, per far capire, in questo caso ai camionisti, che andare con una minorenne significa commettere un crimine. Che anche se, come succede, le piccole prostitute pur di guadagnarsi qualcosa da mangiare, li provocano nella loro virilità accusandoli di non essere veri uomini se non accettano un rapporto con loro, si tratta appunto di provocazioni dettate dalla disperazione a cui bisogna saper rispondere con un no fermo.
Il lavoro, certamente, va fatto anche con le famiglie e le comunità locali, parlando di educazione e salute. Perché non accadano episodi in cui le stesse madri svendano le proprie figlie per un bicchiere di birra o per pagare debiti, per esempio, per questioni di droga.
Ma le denunce sono poche, meno del 2%, e per questo è necessario più che mai un lavoro di prevenzione e mappatura del fenomeno.

giovedì 11 febbraio 2010

Ad Haiti non è più carnevale

Proprio recentemente lo scrittore haitiano Dany Lafferière, premio Medicis 2009, diceva: “Anche quando tutto crolla, la cultura resta. La cultura è l’unica cosa che Haiti può vantare di avere prodotto. E questa resterà. Non sarà certo una catastrofe a impedire ad Haiti di andare avanti sul cammino della cultura. Ciò che salva il Paese è infatti il suo popolo. È il popolo haitiano che fa vivere la strada, che dà la vita al Paese. Non ci lasceremo sopraffare dall’accaduto.”
Eppure il 12 gennaio, le tre città di Port-au-Prince, Léogane e Jacmel sono state colpite al cuore dal terremoto.
Tutto è crollato nella capitale costruita nel 1749: il Palazzo Nazionale (1924), la Cattedrale Notre Dame (1912), il Palazzo di Giustizia (1927) la Chiesa Saint-Louis di Turgeau (1880); le elegantissime case coloniali; addirittura il fortino Jacques che dominava fieramente la pianura dal 1804, quando venne costruito per difendere gli haitiani dal ritorno dei francesi.
A 30 chilometri più a ovest, a Léogane, dove stiamo realizzando il nostro progetto Piatto di Sicurezza, sono stati distrutti l’intero centro storico, la chiesa di Santa Rosa, i nostri Centri comunitari. Poco più a sud, a Jacmel, città d’arte e cultura, non esistono più il bellissimo centro storico, la via del Commercio, l’ospedale San Michele…
Tutti luoghi della vita quotidiana, oggi cancellati e occupati dagli accampamenti dei senzatetto. Tutto ciò stride enormemente con ciò che è stato fino al 12 gennaio del 2010: la vita nel centro storico di Port-au-Prince era straripante di vita, bollente, animatissima. I piccoli chioschi dei commercianti riempievano le strade impedendo persino il passaggio delle auto; le venditrici cantavano, gridavano, ridevano, a ogni ora del giorno. Alle loro spalle, in un alto edificio storico, veniva scritto e stampato, ininterrottamente dal 1898, il giornale nazionale Nouvelliste; lungo tutta la via rivendite di attrezzi agricoli e semi per coltivare le terre della provincia; e delle piccole librerie costituivano, per gli studenti e i giovani curiosi, avidi di conoscenze e prospettive, luoghi meravigliosi in cui perdersi.
Il bellissimo Palazzo di Giustizia brulicava di gente, era tutto un andrivieni di haitiani tradizionalmente sempre molto attenti agli affari del Paese. A questo popolo piace leggere, informarsi, chiacchierare, forse come nessun altro popolo latinoamericano. E ciò forse è il prodotto di una storia complessa, fatta di incrocio di varie culture, dal forte immaginario e una ricca creatività. E dai francesi hanno ereditato la lingua francese di cui si sono impadroniti con particolare maestria, tanto che tra le mani di scrittori straordinari quali, Jacques Roumain, René Depestre, Frankétienne o lo stesso Dany Lafferière, è diventata una produzione letteraria ricchissima e originale.



L’arte è molto presente anche nella pittura. Ovunque, a Port-au-Prince, a Jacmel, nelle città di provincia, si trovavano quadri ricchissimi di colore e di forme armoniose. Molte delle strade della capitale erano letteralmente tappezzate di tele fantastiche. E il mercato artistico era così fiorente che, persino nella capitale della vicina Repubblica Dominicana, a Santo Domingo, agli ignari turisti venivano venduti quadri haitiani. Pittori come Tiga, Préfète Duffaut, Frantz Zéphyrin o Mario Benjamin, riscuotono davvero l’ammirazione di tutti. Il gusto estetico degli haitiani è così originale che lo si ritrova poi in tutto l’artigianato, come nei bellissimi ferri battuti, nelle sculture e nei gioielli.
Tutta questa ricchezza, è vero, resterà agli Haitiani, perché è insita in loro stessi. La cultura dirige la loro vita e accompagna i loro gesti.
Per questo è importantissimo che oggi le Nazioni unite, la comunità internazionale e le ONG, lavorino insieme agli Haitiani, per assicurare a tutto questo enorme sforzo di ricostruzione un sostegno prima di tutto alla loro cultura.
Più che mai, infatti, il dialogo e la collaborazione saranno essenziali, affinché la ricostruzione non venga imposta come qualcosa di artificiale ed esterno, ma come nuovamente parte della loro cultura e della loro vita. Perché il Paese Haiti torni al suo popolo.

Nicolas Derenne
ProgettoMondo Mlal Haiti

lunedì 8 febbraio 2010

A Thiene "Altri Sguardi sulla migrazione"

Altri sguardi sulla migrazione”. Questo il titolo dell’iniziativa realizzata da ProgettoMondo Mlal in collaborazione con il liceo classico Corradini di Thiene, Vicenza, per affrontare la tematica della migrazione da diversi punti di vista. L’incontro, che si svolgerà giovedì 11 febbraio alle 20,30 nella sala riunioni della Biblioteca Civica di Thiene all'interno della manifestazione Liberamente, vedrà intervenire primi fra tutti gli stessi studenti della 2b del Liceo Corradini, che presenteranno una serie di video interviste da loro realizzate per parlare di “Storie di emigrazione e di immigrazione”. A seguire, la psicoterapeuta Maria Stocchiero, forte anche della sua recente esperienza in Mali, tratterà il tema dell’universo femminile, nell’intervento intitolato “Donne: vicine o lontane?”.
A chiudere la serata Marianna Mormile, nostra cooperante in Marocco, che interverrà sul tema "La scelta di emigrare". A lei il compito di illustrare il lavoro fatto dalla nostra associazione attraverso il progetto “Migrazione tutti in rete”, avviato nel 2007 nelle Province di Beni Mellal e Khouribgacon con l’intento di contrastare l’immigrazione illegale e il traffico di esseri umani, coinvolgendo le famiglie vittime dell’emigrazione clandestina, le associazioni organizzate della società civile e le istituzioni locali.

sabato 6 febbraio 2010

Una maglietta per Haiti!

Venerdì 19 e sabato 20 febbraio, dalle 9 alle 19.30, saremo all'outlet di Calzedonia per una raccolta fondi dedicata interamente al nostro progetto di ricostruzione ad Haiti.
Grazie alla donazione dell’azienda Fixdesign contribuiremo a riportare un briciolo di quotidianità in un paese sconvolto dal terremoto del 12 gennaio.

Per chi non avesse l’occasione di venire a trovarci… la campagna è attiva anche on-line!
http://www.facebook.com/notes/progettomondo-mlal/una-maglietta-per-ricostruire-haiti/332561255864

Con un’offerta libera a partire da 10 euro, avrai infatti una T-shirt di Fixdesign per te o una tua amica e parteciperai alla raccolta fondi di ProgettoMondo Mlal “Scuole per la rinascita di Haiti”.
Potrai scegliere tra questi modelli:



Per informazioni: sostegno@mlal.org – 045.8102105

mercoledì 3 febbraio 2010

Una lotta all’ultimo Dirham

Qualche tempo fa sono andata per la prima volta a fare un giro nella Medina di Beni Mellal, il cuore della città: strette viuzze e piccole piazzette piene di negozietti e bancarelle, gente che va e che viene, una confusione vitale e piena di chiasso e odori.
I mercati arabi sono famosi per la contrattazione: il prezzo di una merce è inversamente proporzionale alla pazienza e alla voglia che si ha di ingaggiare una lotta all’ultimo Dirham con il venditore di turno, che davanti alle straniere si sente ancora più autorizzato a tentare di fare l’incasso giornaliero con una sola vendita...! Ma l’aspetto che più mi ha colpito non è la contrattazione in sé, quanto piuttosto il fatto che questa si svolgesse, in maniera ancora più svantaggiosa per noi, non in Dirham, la moneta corrente in Marocco, ma bensì in Riyals,la vecchia moneta fuori circolazione dal 1960 circa. Per intenderci, è come se fra vent’anni in Italia si continuasse a vendere in Lire, per poi afferrare la calcolatrice e tradurre il tutto in Euro. La cosa che più mi ha colpito è che tutti urlano dalle loro bancarelle i prezzi in Riyals, anche i ragazzi di poco più di vent’anni, che non hanno mai conosciuto questa moneta. Dal fruttivendolo vicino casa l’espressione “20 Dirham” ci è stata addirittura presentata come la traduzione in francese di “400 Riyals”! È un fatto che mi incuriosisce e che mi fa riflettere, ci saranno delle ragioni pratiche o politiche dietro questa scelta, o è semplicemente una resistenza al cambiamento, un romantico rimanere attaccati alle piccole cose di un tempo che, in alcuni casi, si conoscono solo indirettamente dai racconti altrui?

Maria Grazia Depalmas, casco bianco ProgettoMondo Mlal in Marocco