mercoledì 27 gennaio 2010

I nostri partner da Haiti: l'urgenza di ricominciare

Gli uffici nel Centro Servizi sono andati completamente distrutti; la sala riunioni è pericolante e non può essere usata. Mentre, per quanto riguarda la struttura che ospitava i laboratori di produzione, sono caduti la facciata e una delle pareti all'interno; inoltre un pilastro è danneggiato seriamente e mancano pezzi di muro qui e là.
Le case di tutti i collaboratori del Progetto sono perse. Le loro famiglie oggi non hanno più un tetto. Tra queste abitazioni va contata anche la casa in affitto al Progetto; e molto probabilmente il computer e i pannelli solari che erano all’interno…”. Questo il primo bilancio approssimativo che arriva da Léogane, sede del nostro Progetto Piatto di Sicurezza, a ben 13 giorni di distanza dal terremoto che ha devastato Haiti e, con particolare violenza, colpito la cittadina situata a 17 chilometri dal capitale.
Ci conforta però la conferma avuta in queste ore che, ciò che resta del Progetto, e dunque l’area produttiva che sorge tutta attorno al Centro realizzato da ProgettoMondo Mlal per gli agricoltori di Léogane, funge oggi da importante luogo di incontro e raccolta per decine e decine di famiglie sfollate, anche perché – come ci diceva Suzy Castor, direttrice del nostro partner Cresfed - hay una psicosis de todo techo en esos momentos... (la gente resta all’aperto perché per ora ha la psicosi di tornare sotto un tetto, ndr.).

Per l’ufficio Progetti della nostra Organizzazione anche queste dati scarni sono di grande aiuto. Perché sottolineano quanto sia importante ripartire proprio da questo nucleo vivo e forte che resiste. E il nostro progetto di emergenza “Scuole per la rinascita di Haiti” prevede appunto di restituire a queste famiglie un quotidiano il prima possibile: ricostruendo 4 strutture scolastiche per i più piccoli e riadeguando velocemente l’attuale Centro agricolo a ricovero e per le famiglie vittime del terremoto, dotando i locali di cucine e locali mensa comunitari, aumentando l’area produttiva con altri 60 orti famigliari e riavviando i laboratori per la lavorazione di prodotti alimentari. Ma anche offrendo sostegno psicologico alle vittime, formazione e accompagnamento in materia di tecniche di autocostruzione e in prevenzione disastri e di gestione rischio. Il tutto beneficio di circa 100 mila abitanti dell’area rurale di Léogane.
Un progetto adatto alla situazione e alle nostre capacità”, come ha voluto sottolineare in una mail al nostro capoprogetto Tania Castor del Cresfed, figlia della rappresentante del nostro partner ad Haiti. Scrive ancora Tania riferendosi a Léogane: “Qui c'è ancora poco coordinamento. Gli aiuti non mancano, ma faticano ad arrivare alle persone. Gente che ha ancora fame, sete, e che quindi fatica anche a ricominciare, non ha le forze fisiche né psicologiche per rimettersi al lavoro, per contribuire alla ricostruzione del Paese”.

Eppure rimboccarsi le maniche è davvero fondamentale adesso. Lo confermano i gesuiti nostri partner nel progetto realizzato sul confine tra la Repubblica Domenicana e Haiti. Padre Regino Martinez del Sf-Solidaridad Fronteriza (Dajabon) ha confermato il massimo sostegno al progetto di ricostruzione in una mail inviata al nostro responsabile Centro America, Martino Vinci. “Al momento – ha scritto - abbiamo realizzato una struttura di emergenza per ricevere gli aiuti da inviare a Wanament, Fort Liberai, Capo Haitiano e Gonaives”. Per ribadire però che pensare al futuro è essenziale già oggi e che, su questo obiettivo, il loro appoggio, per quanto possibile, non mancherà di certo.

E pensare al futuro di Haiti significa mettersi al lavoro anche nelle altre parti dell'isola, quelle meno colpite dal terribile terremoto del 12 gennaio scorso ma in sofferenza da anni. Il segretariato generale del Comune di Fonds-Verrettes, quasi al confine con la Repubblica Domenicana, spazzato via da un uragano del 2008, ha fatto sapere al nostro Derenne che, tutto sommato i danni di quest’ultima catastrofe, non ha causato gli stessi danni registrati nella zona dell’epicentro.
Quindi il nostro nuovo progetto “Viva Haiti, che secondo i programmi del cofinaziatore Unione Europea, doveva partire con i primi di marzo, non dovrebbe incontrare ostacoli. Anzi, trattandosi di un programma pensato per rafforzare il comune, gli attori locali, le associazioni e la società civile, nell’ambito dei processi di sviluppo locale, “il nostro intervento anche di ricostruzione anti-catastrofe sarebbe assolutamente in linea con le problematiche di oggi”, garantisce Derenne.

Rientrato per una decina di giorni in Europa, per incontrare famigliari e amici e partecipare in sede alla necessaria riprogrammazione dell’intervento, Nicolas è già pronto a rientrare ad Haiti. Rimangono ovviamente le preoccupazioni logistiche, non indifferenti. Anche il nostro cooperante, come migliaia e migliaia di haitiani, non ha infatti più una casa. Ma ha anche tanta voglia di rimettersi al lavoro, di rituffarsi nella realtà di un Paese che ha visto per l’ennesima volta cadere, e tornarci con il desiderio, ancora intatto, di fare tutto ciò che è in nostro potere per aiutarlo a rialzarsi.

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