lunedì 31 agosto 2009

"Si può vivere con meno". Latouche e la società della decrescita

“Oggi, per la prima volta, vedo che le cose stanno per davvero cambiando. I nuclei a economia sostenibile si moltiplicano. Nelle città conosco interi palazzi che si organizzano in modo ecosostenibile. Lo sento, ce la faremo. Come? L’umanità, attratta dall’utopia della decrescita e sospinta dalla minaccia della catastrofe, farà alla fine la scelta della democrazia ecologica piuttosto che la scelta del suicidio collettivo. È una scommessa che vale la pena di essere tentata”. Parole dell'economista e filosofo francese Serge Latouche, che l'8 e il 9 settembre sarà a Verona grazie all'Associazione Culturale Teatro Origine di Negrar(ACTOR).
Il primo appuntamento di martedì vedrà il filosofo impegnato nell'incontro a più voci sul tema “La Valpolicella sotto la lente della decrescita” che si terrà alla Ca’ Verde di Sant’Ambrogio di Valpolicella, a partire dalle 18.
L’iniziativa è sostenuta da tutte le associazioni che fanno parte del tavolo tematico “Dallo sviluppo sostenibile alla decrescita”, coordinato dalla Cooperativa Sociale Hermete, che ha l’obiettivo di collegare le realtà volontaristiche e associative del territorio della Valpolicella che si occupano di tutela ambientale, sviluppo sostenibile e decrescita, di valorizzazione storica e culturale, per potenziare assieme a loro l’attivazione di iniziative di conoscenza e sensibilizzazione su queste tematiche.
Insieme a riflessioni e punti di vista qualificati attraverso cui inquadrare il profilo complessivo della Valpolicella odierna, con il contributo del prof. Latouche si cercherà di andare oltre l’attuale visione “sviluppista” - costruita sull’idea che la crescita economica e produttiva sia infinita - per immaginare insieme nuove “ipotesi di lavoro” ovvero alternative concrete e praticabili in grado di restituire a un importante pezzo di territorio veronese la possibilità di essere percepito e vissuto come un luogo nel quale si coniugano organicamente lavoro e gioia di vivere, tutela ambientale e ricchezza, diversità culturali e tradizione.
L’iniziativa è stata realizzata con il sostegno del progetto “Territori di solidarietà”, cofinanziato dall’Unione Europea e promosso da ProgettoMondo Mlal, che non poteva che aderirvi insieme a numerose altre realtà presenti sul territorio. Perché come scrive Latouche, “il nostro progetto di costruzione di una società della decrescita va avanti per ripetere e convincere tutti che si può vivere con meno, che si può vivere con una certa sobrietà materiale ma con un’abbondanza spirituale, intellettuale, estetica e conviviale”.

Mercoledì 9 settembre alle 17.45, il filosofo sarà invece nell'Aula Magna del Polo didattico “Giorgio Zanotto” dell’Università degli Studi di Verona per parlare della “Crisi economico-finanziaria globale e l’utopia concreta della decrescita”.

Per informazioni: teaor@tin.it - territori@hermete.it tel. 333.1666640 – 320.8840722

venerdì 28 agosto 2009

Cambiare il clima a partire dalle teconologie del Sud del Mondo

Un documento sull’importanza delle tecnologie di adattamento: “Ridurre la vulnerabilità per aumentare la resistenza: l’importanza delle tecnologie di adattamento per un accordo vincolante sul clima post-2012”. È quanto è stato presentato a giugno dalla Focsiv (la Federazione Volontari del Mondo di cui fa parte anche ProgettoMondo Mlal), in occasione dei negoziati tra i Paesi membri delle Nazioni Unite del gruppo sul cambiamento Climatico (UNFCCC) che si sono tenuti a Bonn, in vista dell’accordo finale di Copenhagen. La FOCSIV era presente all’incontro al fianco della CIDSE, la rete delle agenzie di sviluppo della Chiesa cattolica in Europa e Nord America, di cui è il membro italiano.
“Con questo documento – sottolinea Sergio Marelli, direttore di Volontari nel mondo FOCSIV – abbiamo scelto di portare sul tavolo delle decisioni esperienze e tecnologie concrete già messe in campo dai Paesi in via di sviluppo e che, sostenute da risorse adeguate, possono costituire una soluzione complessiva al problema ambientale globale. Per perseguire il “New Green Deal” dobbiamo ripartire dalle risorse verdi, ma investendo su strumenti e modelli di produzione adeguati, con l’attenzione rivolta a chi vive in situazioni di povertà, proprio da lì, infatti, ci giungono proposte accessibili, non costose e compatibili con l’ambiente e le diverse culture, soluzioni esportabili e condivisibili".
Sincero apprezzamento al documento giunge anche da parte delle principali Organizzazioni Ambientaliste italiane, che si confrontano oggi con la FOCSIV sui i loro temi: Legambiente e WWF.
“Un’ottimo lavoro – commenta Maurizio Gubbiotti, Responsabile del Dipartimento Internazionale di Legambiente - perché tiene conto dell’intreccio tra le questioni ambientali e quelle sociali, e del fatto che dietro i cambiamenti e le loro conseguenze ci sono persone. Dalla Conferenza di Bonn emerge che ogni anno i rifugiati ambientali sono oltre 6.000.000, mentre oltre 135.000.000 rischiano di diventarlo. Questi dati allarmanti dimostrano quanto il problema dell’adattamento sia un tema centrale, mentre spesso questo viene marginalizzato rispetto a quello della mitigazione all’interno del negoziato”.
“Il WWF nota positivamente come nel documento siano stati condivisi alcuni elementi importanti: l’urgenza di affrontare la sfida cruciale del cambiamento climatico; la necessità di integrare in modo paritetico gli strumenti di mitigazione con quelli di adattamento ai cambiamenti; l’integrazione, e non più il dannoso dualismo, tra gli obiettivi di conservazione ambientale e quelli di lotta contro la povertà – aggiunge Michele Candotti, codirettore generale del WWF Italia - l’evidenza che il tema dei cambiamenti climatici non sia più un’appendice marginale rispetto alle tematiche dello sviluppo e della cooperazione, ma un tema centrale e ineludibile, ormai, rispetto agli interessi e al futuro dell’umanità intera; e come tutto ciò costituisca una responsabilità collettiva e globale che non debba gravare unicamente su un continente e sui Paesi in via di sviluppo”.

mercoledì 26 agosto 2009

Circo sociale a Rio: un antidoto alla violenza di tutti i giorni

“Lavoriamo in parti del Brasile che contribuiscono a sostenere tristi statistiche. Con giovani il cui profilo socioeconomico è uguale o simile a quello della popolazione carceraria, in maggioranza formata da neri, poveri, con bassa scolarizzazione e un'età compresa tra i 18 e i 25 anni. Lavoriamo in contesti che confermano i numeri della PNAD (ricerca realizzata annualmente dall’Istituto Brasiliano di Geografia e Statistica) e l’indice di sviluppo giovanile dell’Unesco, che collocano lo Stato di Rio de Janeiro in cima alla classifica delle unità federali con il maggior numero di giovani morti per cause esterne (come assassini con armi da fuoco) e dove il 21% dei giovani di un’età compresa tra i 15 e i 24 anni non studia”. A pronunciare queste parole è Junior Perim, coordinatore dell'ong Crescer e Viver, impegnata a Rio de Janeiro in un progetto di circo sociale.
Ilaria Bessone si trova a Rio come casco bianco di ProgettoMondo Mlal nel progetto “La Strada della Bambine”, nato per arginare lo sfruttamento della prostituzione minorile e prevenire le malattie sessuali. Ha voluto saperne di più su una realtà che fin dal 2000 offre un'alternativa e un futuro dignitoso ad alcuni ragazzi brasiliani che vivono in situazioni a rischio.
Spiega ancora Perim: “Il maggiore contributo che un progetto sociale può dare è la formazione di soggetti. Un progetto sociale non muta effettivamente la realtà. Può promuovere cambiamenti superficiali, ma in Brasile è necessario cambiare la concezione di società, costruire una visione dello Stato diversa. Un progetto sociale forma soggetti che abbiano questa coscienza”.
A Rio de Janeiro il numero di giovani in situazione a rischio sociale è altissimo. Praça Onze (situata tra il quartiere Cidade Nova e il Centro vero e proprio di Rio) è un luogo piuttosto degradato e considerato pericoloso. Qui il tendone ha occupato parzialmente il grande parcheggio di macchine dove traffico di droga, prostituzione e furti a mano armata erano all'ordine del giorno. Inoltre, nonostante la presenza nelle immediate vicinanze di diversi centri istituzionali (tra cui la sede della prefettura, tre università, il tribunale dell’infanzia e dell’adolescenza), di edifici commerciali e culturali (il celeberrimo Sambodromo è a pochi metri), accanto alla piazza è cresciuta una favela, espandendosi sulla vicina collina.
La presenza quotidiana della violenza (che si realizzi o resti una minaccia sempre presente) nella vita degli abitanti di Rio, e in particolare in quella delle comunidades povere, fa si che la vita umana perda gran parte del suo valore.
Renata ha 19 anni e abita a São Gonçalo, il secondo municipio più popoloso dello Stato di Rio de Janeiro, conosciuto come la più grande città-dormitorio del Brasile, dove servizi e infrastrutture sono generalmente carenti. Renata percorre tutti i giorni il lungo ponte di Niteroi per arrivare a Rio: “Mi sveglio al mattino e vado a scuola, poi vengo ad allenarmi o dare lezione. Alle 6 parto per andare a casa, studio, e vado a dormire. Sono qui da quando avevo 12 anni. Il circo mi ha insegnato a convivere con le persone”.
È molto importante imparare a rispettare e prendersi cura del proprio corpo, a relazionarsi con esso in modo sano e positivo, soprattutto in un contesto in cui moltissime ragazze rimangono incinte tra i 15 e i 19 anni, e i bambini passano la maggior parte del tempo in strada, luogo più avventuroso (e talvolta più piacevole) dello spazio domestico, ma dove spesso violenza e abuso di droga sono all’ordine del giorno.
Barbara, 18 anni, abitava nella vicina comunidade. “Ho cominciato nel 2004 – spiega - perché non avevo niente da fare. Eravamo 10 amiche e sono rimasta solo io. Una mia amica veniva solo per i soldi (ci davano una borsa), le altre sono uscite per lavorare, studiare, alcune sono rimaste incinte”. Oggi Barbara ha trasformato completamente la sua vita. “Facendo circo ho imparato a essere più umile, a parlare con le persone e a non trattarle male. La convivenza mi ha insegnato ad avere un altro comportamento. Qui le persone sono diverse, sempre unite”.
Barbara si rivede in molti dei bambini che oggi frequentano i suoi laboratori. Continua: “Molti bambini si comportano come mi comportavo io: è terribile e mi viene molta rabbia ma ricordo che le persone avevano pazienza con me. Il problema maggiore in Brasile è la violenza di tutti i giorni, da parte di persone, polizia, criminali”.

lunedì 24 agosto 2009

Dal Burkina: Curiosità in pillole

Al volante, al mercato o semplicemente stando al gioco! Chiara Fraccaroli, in Burkina Fase con ProgettoMondo Mlal per uno stage sul microcredito, ci invia qualche simpatico suggerimento su come approcciarsi alla curioso modo d'intendersi burkinabé.

Sulla strada
Viaggiando sull’autostrada che da Gaoua porta a Bobo Dioulasso (una semplice strada a due corsie) dal senso opposto di marcia vedo arrivare un grosso camion che comincia a sfanalare. Grazie a Marina Palombaro, responsabile di tutti i programmi di Progettomondo Mlal in Burkina, scopro che il nostro autista ha dimenticato di segnalare, mettendo la freccia a sinistra, che l'altro lato della strada è occupato. In Burkina, consuetudine vuole che si segnali alla macchina che si sta apprestando a sorpassare se la strada è occupata o sgombera, mettendo rispettivamente la freccia a sinistra o a destra.

Al mercato
Il mercato è un luogo con una forte valenza sociale ed economica, che spesso si fondono insieme. È il luogo preposto per gli scambi commerciali e monetari, ma anche quello in cui le donne si incontrano per scambiare gli ultimi “pettegolezzi” circa le novità del villaggio e in cui si possono trovare reminiscenze di un passato non ancora sopito.
Girando per i banchi del mercato di Loropéni, villaggio poco distante da Gaoua, mi accorgo che un venditore di tabacco tra le monete per dare il resto ha anche alcune conchiglie (cauri).
Mi viene spiegato che i cauri vengono ancora utilizzati come moneta di scambio, anche se molto meno che in passato, quando erano la sola moneta esistente, che veniva utilizzata sia all’interno di ornamenti femminili che come omaggio nell’occasione di cerimonie di iniziazione o di riti funebri.
Questa tradizione vive ancora oggi grazie all’etnia Lobi, etnia molto importante sia dal punto di vista artistico che da quello numerico essendo presente, oltre che nel Sud del Burkina, anche in Costa d’Avorio e in Ghana.

La plesanterie
Plesanterie tradotto dal francese vuol dire lo scherzo, il gioco. Qui ciascuna etnia ha dei legami di plesanterie con altre.
Cos’è e come avviene questa particolare tradizione?
I membri di due etnie differenti che sono legate da plesanterie possono farsi degli scherzi reciproci senza che l’altro reagisca. Questi scherzi possono avvenire anche nei momenti apparentemente meno opportuni, ma non sono mai fatti per recare danno.
Un giorno alcuni membri dell’etnia Lobi, in occasione di un funerale di un membro di un’etnia con cui erano in plesanterie, hanno creato una catena umana all’ingresso della chiesa per non farvi entrare la bara. Una dimostrazione di affetto che, impedendo l’ingresso del feretro nella chiesa, testimoniava il desiderio che la persona defunta restasse ancora un po' in mezzo alla gente della comunità.
Questa pratica è talmente diffusa, che anche gli stessi esponenti del Governo possono essere soggetti a plesanterie. Una grande valvola di sfogo per eventuali conflitti che potrebbero venirsi a creare, e un modo per rinsaldare legami tra comunità, anche se in una maniera che a noi potrebbe sembrare bizzarra.

venerdì 21 agosto 2009

Karen, piccola imprenditrice in Nicaragua

Karen, appena diplomata microimprenditrice, avvierà un’attività produttiva legata alle mucche da latte utilizzando l’appezzamento di terra della sua abuelita (la nonna), che glielo cede orgogliosa, nella speranza che quella terra possa dare soddisfazioni e serenità alla piccola “niñita”.
Siamo a Chinandega, in Nicaragua, dove la settimana scorsa, tra il canto collettivo dell'inno nazionale e una preghiera di ringraziamento a Dio, si è svolta la consegna degli assegni ai ragazzi che hanno svolto il corso per diventare microimprenditori. Il programma “Futuro giovane” promosso da Progettomondo Mlal è finalizzato allo sviluppo locale attraverso l’imprenditoria giovanile, e sta dando vita a una rete di collaborazione fra enti e associazioni chinandegani che permetta di creare condizioni stabili e permanenti per l’inserimento lavorativo dei giovani e per la crescita dell’economia locale. Per questo, oltre al referente di ProgettoMondo Mlal, alla cerimonia di consegna erano presenti anche il vice-sindaco di Chinandega e i rappresentanti dell'ong locale Chinatlan, dell’associazione Asjusa e della Casa della Gioventù.

I giovani di Chinadega rappresentano il 26% della popolazione. Molti vivono in condizioni di indigenza e il 54% di loro sono disoccupati, spesso con figli a carico. I ragazzi tra i 18 e i 29 anni, destinatari del progetto, godono di scarsa fiducia da parte degli istituti di credito nicaraguensi, perché sono ritenuti poco affidabili e cattivi amministratori. Inoltre, tali istituti erogano crediti a un tasso d’interesse molto alto (pari al 42%), richiedono garanzie elevate, e non concedono mesi di grazia, addebitando addirittura il pagamento delle spese telefoniche di mora. È quasi impossibile che un giovane disoccupato dalla discreta creatività imprenditoriale possa sperare di affrancarsi dalla povertà dando vita a un'impresa propria.
Il progetto “Futuro Giovane” prevede invece la concessione di credito a un tasso del 18% , contempla fino a tre mesi di grazia e impone, per giusta tutela, il 75% di garanzia. Inoltre offre formazione, assistenza tecnica, monitoraggio e inclusione dei giovani in gruppi solidali che si tutelano a vicenda e in una rete di attività imprenditoriali che ne garantiscono la sostenibilità nel futuro.
La tipologia di microimpresa promossa dal progetto è lo strumento che più di tutti può portare allo sviluppo dell’economia locale: trae origine dalle risorse locali e si relaziona con le altre microimprese della città nella tutela del reciproco guadagno economico, in modo tale che la ricchezza rimanga e si distribuisca in loco.
E non si investe solo sulla propria città, ma anche sulla propria famiglia. Come nel caso di Karen e delle sue mucche da latte.

ALESSIA RUSSO, in Nicaragua con ProgettoMondo Mlal per uno stage sul microcredito

mercoledì 19 agosto 2009

Traffico di persone: le leggi sono inefficaci

Fermati, guarda, ascolta. Queste le tre parole chiave della campagna dell’Alleanza Globale contro il Traffico di Persone (GAATW) che mira a promuovere urgentemente un meccanismo di revisione del Protocollo di Palermo, il “Protocollo delle Nazioni Unite sulla prevenzione, soppressione e persecuzione del traffico di esseri umani, in particolar modo donne e bambini”. Si tratta di uno dei tre documenti addizionali alla Convenzione contro il Crimine Transnazionale Organizzato: adottato nel 2000 ed entrato in vigore nel dicembre del 2003, finora è stato ratificato da 130 stati. Oltre ad essere il primo strumento internazionale a contenere una definizione condivisa di “traffico di persone” e a riconoscerne i vari tipi, anche a scopi diversi dallo sfruttamento sessuale, il protocollo intende spronare la cooperazione internazionale perché si attivi nelle indagini e nei processi riguardanti casi di traffico di persone, e informi le legislazioni nazionali in materia, nel pieno rispetto dei diritti umani delle persone trafficate.
Secondo la GAATW e le organizzazioni membro (tra cui anche Projeto Trama, partner di Progetto Mondo Mlal a Rio de Janeiro nel programma “La strada delle bambine”) non sempre questo avviene. Spesso i diritti delle persone trafficate sono violati e i governi utilizzano il Protocollo per soddisfare i propri obiettivi politici: la lotta al traffico di persone diventa una scusa per chiudere le frontiere, reprimere l’immigrazione clandestina e ridurre quella regolare. Il documento “Danno Collaterale” della GAATW denuncia l’inefficacia delle leggi contro il traffico di persone che non sono riuscite a contenere il fenomeno, né a migliorare la situazione per le persone trafficate. Le violazioni più gravi riguardano l’impossibilità di accedere alla giustizia in modo effettivo e tutelato, le condizioni igienico-sanitarie inadeguate e le scarse informazioni ricevute circa i propri diritti politici e civili.
Per istituire un meccanismo di revisione imparziale e trasparente, gli stati dovrebbero appunto “fermarsi, guardare e ascoltare”: chiedersi cosa sia stato realmente fatto finora per fermare il traffico delle persone; riflettere sui progressi realizzati e le lacune ancora esistenti; valutare le leggi e le politiche volte a combattere il traffico di persone; prestare attenzione alle voci delle persone trafficate e della società civile, implementando un meccanismo di consulta e tenendo conto delle opinioni non governative.
Dal 28 al 30 settembre i rappresentanti di alcuni governi chiave si riuniranno a Vienna per decidere se un meccanismo di revisione della Convenzione contro il Crimine Transnazionale Organizzato è effettivamente necessario. Si tratta di un’occasione fondamentale per far sentire la propria voce.
Per firmare la petizione diretta ai paesi che hanno ratificato il Protocollo di Palermo: http://www.gopetition.com/online/28934.html

ILARIA BESSONE, casco bianco nel progetto “La strada delle bambine

lunedì 17 agosto 2009

Burkina: Microcredito e partecipazione per il futuro di tutti

“Una città caotica, brulicante di attività. Qui la vita si svolge lungo la strada, le macchine fanno slalom tra motorini, biciclette, pedoni, carretti trainati da asini e, ogni tanto, persino qualche improvviso gregge di pecore, che attraversa la strada a suon di clacson”.
Chiara Fraccaroli è a Bobo Dioulasso per uno stage sul microcredito con ProgettoMondo Mlal. È qui – nella seconda città per importanza e grandezza del Burkina Faso - che si trova la sede operativa del progetto che la ospita: “An Ka Here So”, che in lingua dioula significa “Sui sentieri della salute”. Si tratta di un programma realizzato da ProgettoMondo Mlal per migliorare la qualità e la possibilità di accesso alla sanità pubblica, nei centri sanitari di promozione sociale sparsi sul territorio. Con il passare del tempo, a questa attività se ne sono affiancate altre due, intimamente correlate l'una all'altra: alfabetizzazione e microcredito.
Scrive ancora Chiara:
“Per quanto riguarda il progetto, posso dire che è tutto improntato in un'ottica di reale partecipazione. Circa l'attività sanitaria, si parla di epidemiologia comunitaria: ovvero sono le persone stesse del villaggio che, dopo un'opportuna formazione di base sui principi sanitari e attraverso le "storie di vita" di ciascun abitante, arrivano a riconoscere le situazioni che necessitano di cure mediche e in questo modo partecipano effettivamente alla salute della comunità.
Anche il microcredito viene gestito in un'ottica di ricerca-azione, in cui la persona che riceve il credito non è fruitrice passiva del progetto, ma soggetto attivo di mutamento sociale. Fare ricerca-azione significa conoscere i problemi delle persone che vivono il quotidiano nei villaggi e, attraverso modalità di interazione differenti che inneschino la discussione, far sì che sia la comunità stessa a riconoscere i propri problemi attraverso la condivisione in gruppo, arrivando a una proposta finale di soluzioni condivise.
Nello specifico, l'attività di microcredito si svolge attraverso la drammatizzazione dei problemi del villaggio e attraverso il disegno. Alle persone è chiesto di riconoscere tutto quello che esiste nella propria comunità, e successivamente di immaginare il villaggio ideale. Tutto ciò viene poi rappresentato graficamente e, a questo punto, le attività possono ambire a diventare microprogetti per generare reddito. Una volta valutato quali attività possano essere oggetto di finanziamento, segue un corso obbligatorio di alfabetizzazione. Il dossier indirizzato all'agenzia di microcredito u.r.c.p.o (unione regionale delle casse popolari dell'ovest) deve infatti essere compreso e compilato direttamente dai beneficiari che, quando il progetto sarà terminato, saranno quindi in grado di gestire da soli i rapporti con la cassa.
Come ha tenuto a precisare il professore Leopold Da San, coordinatore delle attività di alfabetizzazione e microcredito, "una comunità non scolarizzata non è priva di una propria visione della vita (intesa come futuro) altrimenti non riuscirebbe a sopravvivere. A mancarle sono le opportunità, ed è qui che entra in gioco il progetto".
L'alfabetizzazione, unitamente al lavoro di ricerca-azione, permettono alle persone di arrivare a una reale presa di coscienza su quali siano le loro necessità e capacità, per renderle infine concretamente pronte a prendere in mano la propria vita”.

giovedì 13 agosto 2009

A Rio la libertà d'espressione si difende a suon di funk

A due passi dal ricco quartiere di Botafogo, cuore della zona sud di Rio, la favela di Santa Marta è considerata dal governo dello Stato di Rio una “favela modello”. La prossimità con la zona ricca della città ha contribuito non poco nella scelta delle istituzioni di moltiplicare gli sforzi per l'urbanizzazione del morro (a Rio usano questa parola per riferirsi alle favelas che si sviluppano su un rilievo, le favelas nel centro della città sono quasi tutte "morros"). La realizzazione di una funicolare che collega le diverse zone della favela e il programma Santa Marta Digital - una rete wi-fi gratuita per tutti gli abitanti del morro di Santa Marta - sono stati i principali investimenti pubblici.
A partire dal novembre del 2008 Santa Marta è stata teatro di violente incursioni da parte della Policia Militar, che avevano l'obiettivo di sradicare le piazze di spaccio e di assumere il controllo della favela. Oggi Santa Marta è interamente sotto il controllo della Policia Militar a cui una legge dello stato di Rio attribuisce la facoltà di autorizzare o meno le manifestazioni di carattere culturale. É stato quindi difficile per l’associazione Apafunk (Associazione dei professionisti e amici del funk) organizzare una roda de funk domenica 26 luglio, in difesa della libertà d’espressione. L’evento, annunciato e poi annullato per ben due volte, ha finalmente potuto riunire più di 500 persone tra le 5 del pomeriggio e le 10 di sera. Ben identificabili tra il pubblico erano presenti anche più di dieci poliziotti, che in qualche occasione (difficile resistere al ritmo vivace e coinvolgente) hanno accennato discreti passi di danza, impacciati da armi e divisa.
I protagonisti? Più di 25 funkeiros e rappers provenienti da diverse favelas di Rio, gli attori della compagnia Marginal di Teatro del Complesso di favelas della Maré e diversi militanti del movimento in difesa della garanzia della libera manifestazione del funk. L’associazione Apafunk intende diffondere il genere funk de raiz (funk di radice) così chiamato per il carattere di denuncia dei testi, sempre ispirati alla realtà sociale delle favelas. Nessun cenno a contenuti pornografici o di apologia del crimine organizzato, per i quali il genere è spesso criminalizzato e i baile funk sono stati completamente banditi. Più specificamente l’Apafunk punta al riconoscimento del funk carioca come legittimo genere musicale e lotta per l'abolizione della legge che attribuisce alla Policia Militar il potere insindacabile di autorizzare o meno eventi come quello di domenica.

Diego Striano e Ilaria Bessone, caschi bianchi in Brasile con ProgettoMondo Mlal

martedì 11 agosto 2009

Dal Perù esce il 36% della cocaina consumata nel mondo

Ennesimo attacco delle falangi terroriste del rifiorito Sendero Luminoso alle forze di polizia nella regione di Ayacucho.
Una vera e propria azione di guerra sabato 1 agosto ha insanguinato la base della polizia di San José de Secce, zona di transito del narcotraffico peruviano. Le conseguenze: cinque morti e ingenti danni strutturali, oltre al panico scatenato tra la popolazione. Ma il sindacato di polizia sembra non essere sorpreso dell’accaduto. Da mesi infatti la richiesta di rinforzi al Ministero della Difesa da parte del contingente in forze in questa zona caldissima della Valle del Rio Apurimac e Ene (VRAE).

Secondo il Rapporto 2009 sulla droga dell'UNODC (United Nations Office for Drugs and Crime) nell’ultimo anno in Perú la coltivazione di coca é cresciuta del 6%, in netta controtendenza rispetto alla considerevole diminuzione registrata lo stesso anno in Colombia.
I numeri peruviani sono impressionanti. A detta di un portavoce del Ministero dell'Economia e Finanza il fatturato annuale del commercio di cocaina sfiora i 22 milioni di dollari, pari al 17% del Pil nazionale. Ció significa che il business della droga in questo momento rappresenta di gran lunga il settore piú proficuo dell’economia peruviana. I conti sono presto fatti. Sul mercato limegno un kilo di cloridrato di cocaina viene venduto a poco piú di mille euro, ma una volta arrivato al mercato americano, europeo o asiatico il suo valore cresce esponenzialmente, toccando i 40mila euro. Se poi si considera che al dettaglio una dose di stupefacente puó valere fino a 80-100 euro al grammo, si puó facilmente intuire come le narcomafie stiano maneggiando una massa gigantesca di denaro esentasse.
Il rapporto dell’UNODC dichiara inoltre che attualmente sono 56mila gli ettari coltivati a coca in territorio peruviano, e calcola che dal paese esce il 36% della cocaina consumata a livello mondiale. Nella zona del VRAE, in piena selva centrale, crescono circa un terzo delle coltivazioni. Numerose prove e indagini confermano che i nuovi dirigenti di Sendero Luminoso - il gruppo armato maoista che si è reso protagonista dello scenario di violenza politica nel paese durante il ventennio 1980-2000 - stiano rimpolpando le proprie casse grazie a una nuova e micidiale alleanza con il narcotraffico, ricalcando il modello delle FARC colombiane. Senza dimenticare che la coltivazione, la produzione e il traffico di droga, in una zona caratterizzata da forti disagi economici come quella di Ayacucho, puó rappresentare per molti una concreta alternativa alla povertá e alla fame. Il mondo del narcoterrorismo insomma puó sortire un certo appeal in una fetta della popolazione, soprattutto fra i piú giovani. Non sono piú quindi utopie politiche ad attrarre nuova manovalanza nel vecchio movimento sovversivo, ma calcoli economici? È un'ipotesi.
In questi ultimi mesi la tensione tra le forze di polizia e i narcotrafficanti sta aumentando costantemente. Ma quali strategie sta mettendo in atto il governo centrale per arginare la recrudescenza del conflitto? Fondamentalmente, le iniziative proposte da Lima sono due: il controllo delle vie di comunicazione, per impedire i rifornimenti di kerosene e altre sostanze necessarie alla produzione di cocaina, e l'intervento armato coatto.

In questo delicatissimo contesto territoriale, cercando un’alternativa allo scontro frontale, Progettomondo Mlal decide di essere vicino alla popolazione ayacuchana con il progetto Yuyanapaq, considerando la possibilitá di un approccio diverso, dai toni fortemente sociali, che possa davvero stimolare un'educazione alla cittadinanza e alla democrazia.
Il campo é minato, e i nostri interlocutori provengono da generazioni di violenza, paura e odio. Ma ci auguriamo che la chiave educativa sia quella giusta per sanare questo complicato conflitto.

LUCA SARTORELLI, casco bianco in Perù per ProgettoMondo Mlal

lunedì 10 agosto 2009

Gli adolescenti brasiliani e le morti per omicidio, un nuovo indice

Gli omicidi, spesso con armi da fuoco, rappresentano il 46% delle cause di morte per i giovani brasiliani tra i 12 e i 18 anni. È quanto risulta dalle ricerche realizzate nell’ambito del programma Riduzione della Violenza Letale contro Adolescenti e Giovani, coordinato dall’Observatório de Favelas e realizzato in collaborazione con l’Unicef, la Segreteria Speciale di Diritti Umani della Presidenza della Repubblica (SEDH/PR) e il Laboratorio di Analisi della Violenza dell’Università dello Stato di Rio de Janeiro (LAV-Uerj). Il Programma di Riduzione della Violenza Letale punta alla promozione di azioni di sensibilizzazione, articolazione politica e monitoraggio, in modo da garantire priorità al tema nell’agenda governativa.
L’Indice di Omicidi nell’Adolescenza (Índice de Homicídios na Adolescência, IHA) sviluppato per misurare l’impatto della violenza sugli adolescenti brasiliani e divulgato lo scorso 21 luglio, rappresenta il rischio di essere vittima di omicidio in 267 città con più di 100.000 abitanti. Il panorama è allarmante: si stima che, se la situazione non cambia radicalmente, tra il 2006 e il 2012 il numero di adolescenti assassinati potrebbe superare le 33 mila unità.
Genere, razza, età e territorio costituiscono fattori che aumentano le probabilità di essere vittima di omicidio. I maschi sono circa 12 volte più vulnerabili delle femmine, i neri tre volte in più rispetto ai bianchi. Venti i municipi in cui si registrano 5 o più omicidi per 1000 adolescenti. Tra questi, al settimo posto, con un IHA pari a 6,1 nel 2006, il municipio di Duque de Caxias, nella Baixada Fluminense contigua a Rio de Janeiro: qui ProgettoMondo Mlal sta portando avanti il progetto “La strada delle bambine”, per arginare lo sfruttamento della prostituzione minorile e prevenire le malattie sessuali.
Secondo le istituzioni partecipanti, lo studio non fa che sottolineare la necessità di implementare ed ampliare i programmi e le azioni a favore della promozione dei diritti umani di bambini e adolescenti in tutto il paese.

ILARIA BESSONE, casco bianco in Brasile con ProgettoMondo Mlal

giovedì 6 agosto 2009

Microcredito: è dei loro sogni che stiamo parlando

Chinandega è una cittadina nel nord-ovest del Nicaragua, paese dalla natura generosa e selvaggia. Qui il tempo scorre lento, e per le strade si vedono solo piccoli negozietti fatti di lamiere - lo stesso materiale di cui sono fatte anche molte case - taxi costituiti da tricicli con davanti i posti a sedere per i clienti e sopra un telo che ripara dal sole accecante, e “pulperias”, mini market definiti così perché il cliente è visto come un polipo con tanti tentacoli che si allunga per prendere prodotti da uno scaffale all’altro.
In questo contesto, all’Alcaldìa di Chinandega, ha sede “Futuro Giovane” (“El futuro es joven”) il programma di microcredito realizzato da ProgettoMondo Mlal per ragazzi dai 18 ai 29 anni. In questi giorni si sono svolti i colloqui di selezione dei prossimi microimprenditori chinandeghiani che, previa frequenza obbligatoria del corso di formazione, otterranno i finanziamenti necessari all’avvio delle loro attività economiche. L’equipe del progetto ha incontrato quasi una cinquantina di ragazzi, tutti speranzosi di poter realizzare i loro sogni.

C’era Jeiling, che vorrebbe avviare un commercio di “gallinas ponedoras” (galline che fanno le uova) e che raccontava in maniera semplice ma entusiasta come si è pianificata bene bene la sua attività.
C’era Bianka, che ha appena compiuto 20 anni ed ha già una bambina. Per riuscire a mantenerla vuole aprire un centro estetico (che equivale a un paio di sedie, due tavoli e qualche “attrezzo” in una stanza). Mentre spiegava le sue intenzioni mimava le mosse del mestiere in modo buffo e allo stesso tempo molto dolce. Se dovesse guadagnare abbastanza denaro, vorrebbe studiare dermatologia, così che, nello stesso centro, curerebbe anche le malattie della pelle.
Orlenis invece vuole avviare un commercio di vestiti, perché in una casa di lamiere non ci vuole più vivere. E poi desidera una moto, che qui è il mezzo più ambito, dato che si percorrono lunghe distanze o in bici o a cavallo.
È facile cadere nella tentazione di dare credito a tutti; purtroppo è altrettanto facile che alcuni di questi ragazzi prendano i soldi del finanziamento e scappino in altri paesi, oppure che li sperperino, togliendo la possibilità ad altri di essere finanziati. Ecco perché la selezione dei destinatari è uno dei momenti più delicati di un progetto di microcredito; bisogna essere molto cauti e scrupolosi, anche se è difficile, perché, come dice Porfirio dell’equipe del progetto: “Es de sus sueños que estamos hablando! (è dei loro sogni che stiamo parlando!)”

ALESSIA RUSSO, in Nicaragua con ProgettoMondo Mlal per uno stage sul microcredito

mercoledì 5 agosto 2009

Italo-marocchina: Storie di immigrati marocchini in Europa

Italo- marocchina, un libro politicamente scorretto per “pensare” il melting pot mediterraneo. Un viaggio estivo in Marocco – la terra della madre, della nonna materna e di molti altri parenti – è il pretesto che dà l'avvio al racconto autobiografico di Anna Mahjar-Barducci. L'autrice - scrittrice e giornalista italomarocchina - ricostruisce le vicende della propria famiglia attraverso il doppio filtro della sua identità culturale, araba ed europea, italiana e marocchina, alla luce di ciò che accade durante il suo soggiorno. Amori, tradimenti, disgrazie, rovine economiche e umane sono lo sfondo di questo breve romanzo sulle radici culturali: radici che si perdono e troppo tardi si riscoprono (la "nonna" che muore portandosi via un pezzo di storia sconosciuto) o che si ricercano nel posto sbagliato (lo zio Karim che simpatizza con i fondamentalisti). Con uno stile fresco e lineare Anna Mahjar-Barducci , sposata con un israeliano, fornisce ai lettori una testimonianza importante del melting pot mediterraneo contribuendo a comprendere i motivi e le difficoltà dell'immigrazione.

Anna Mahjar-Barducci ha studiato in Pakistan ed è cresciuta tra la Versilia, il Marocco e la Tunisia. Ha anche vissuto parte della sua infanzia in Zimbabwe e Senegal. Ha lavorato per il redattore capo del quotidiano panarabo «Asharq Al-Awsat» negli Stati Uniti, e i suoi articoli sono apparsi su vari media mediorientali tra cui il «Daily Star» (Libano) e «Al-Arabiya» (Dubai). Ha intervistato leader politici internazionali, incluso l'ex premier pakistana Benazir Bhutto poco prima del suo assassinio. I suoi quadri secondo la tradizione dell'arte islamica sono stati esposti in vari paesi africani. Nel 2007, ha fondato l'Associazione Arabi Democratici Liberali, con sede a Roma. È sposata con un israeliano, ex consigliere per il premier Yitzhak Rabin. Questo è il suo primo romanzo.

lunedì 3 agosto 2009

Racconti di viaggio dal nord del Brasile

Nuove notizie dai giovani piacentini partiti per il Brasile con la nostra ex cooperante Daniela Pancotti. Dopo aver lasciato Rio de Janeiro, il gruppo si trova ora a Olinda, a pochi chilometri da Recife. A raccontarci come prosegue il viaggio è ancora una volta Filippo Mancini, che scrive:

“Qui a Olinda la vita è molto diversa dal sud del Brasile, e con essa anche la situazione dei progetti cambia. I due volontari di ProgettoMondo Mlal che lavorano qui, Silvia e Giorgio, si trovano in una struttura per l'educazione superiore (Casa Melotto) che aiuta gli studenti a prepararsi per il vestibular, il test d'íngresso all'Università pubblica: test molto più difficile che in Italia.
Sempre a Olinda abbiamo visitato anche alcune favelas. L'impatto più forte è stata sicuramente quello con un accampamento di senza terra, nei pressi del comune di Paulista, nell'hinterland di Recife. Qui la gente senza casa vive in baracche con tutti i materiali di recupero possibile, legno, pannelli di plastica etc.
Il nostro viaggio itinerante ci ha messo anche di fronte alla dura lotta per il diritto allo studio, con una vista alle scuole pubbliche di Olinda, che per qualsiasi italiano sembrerebbero carceri.
Il nordest brasiliano è molto povero e anche tutto l'apparato governativo dello stato del Pernambuco ne risente, e i poveri - lontano anni luce dai grandi centri urbani - sono lasciati a loro stessi. Anche qui la cosa che più impressiona sono i giovani, la loro forza, la loro voglia di cambiare questo grande paese pieno di contraddizioni e disparità sociali.
In tutti i ragazzi che ho conosciuto e che hanno partecipato ai vari progetti - in particolare a “Per una regione di nuovi cittadini” (Derechos Direitos) - ho visto una luce, una voglia di cambiare ciò che non va, che è senz'altro fondamentale e di grande speranza per tutti.

Il gruppo sta bene. Nonostante una certa stanchezza che avanza, io, Sara, Elena,Luca e Danila ce la stiamo mettendo tutta per essere protagonisti di questa stagione brasiliana piena di speranze e buone intenzioni. Lo scontro con la realtà brasiliana è ormai passato, il cibo sembra ormai buono come quello italiano, e la combinazione monotona riso-fagioli-pollo è entrata nel quotidiano e alle volte manca.
Siamo in uno stato grande come un continente, ma con un grande cuore, che ti prende e non ti lascia più".

(Nella foto, in viaggio con Filippo, Sara Alberici, Luca Edoardo Moncaleano ed Elena Zagnoni).